In realtà le domande sottese sono due: la prima: perché si deve evolvere. La seconda: cos’è il gruppo di lettura?
La nascita è scontata e si genera dalla voglia e dalla curiosità di sapere cosa ne pensano gli altri del testo che ho letto. Le mie emozioni sono solo mie? I miei commenti sono approfonditi? Gli altri si sono divertiti quanto o più o meno di me? Quali immagini mi ha evocato la lettura che ho fatto? Cosa mi ha insegnato? Mi ha fatto riflettere?
Da questi presupposti nasce l’incontro. E qui iniziano i problemi. E sono di tripla natura: in primis la generale disabitudine al parlare in pubblico ed essere per qualche momento il centro dell’attenzione. In secundis la durata dell’intervento con la relativa capacità di sintesi. Tertium l’autocensura sulle cose da dire.
Queste tre componenti generano alcune conseguenze interessanti: in alcuni casi si riportano i giudizi di altri più esperti, magari estraendoli da internet e magari spacciandoli per propri, in altri casi si ricorre al riassunto della trama, in altri ancora ci si appiglia a frasi fatte del tipo “proprio un bel libro che ho letto tutto d’un fiato”.
Qual è il problema?
Nella normale dinamica di un gruppo di persone che si frequentano non spesso, la tendenza umana è quella di essere autocentrati: la mia immagine, il mio discorso, le mie considerazioni, la mia ansia nell’attesa che venga il mio turno per parlare. Da cui la necessità di una guida “spirituale” che indichi la strada dei commenti e che metta al riparo dalle brutte figure!
Cosa manca?
Manca l’ascolto!
Ed ecco che un gruppo maturo, e non solo un gruppo di lettura ovviamente, va incontro alla prima evoluzione o rivoluzione: si concentra sull’ascolto.
Il cosiddetto “ascolto attivo” produce benefici palpabili: coloro che ascoltano sono in grado di apprendere nuovi collegamenti mentali e coloro che parlano, sentendosi ascoltati, hanno più paura, ma contemporaneamente una gratificazione in grado di agire come endorfina nei confronti dello stress da discorso pubblico.
Fin qui tutto bene, ma adesso si pone il problema (o l’opportunità) successivo: cosa dire?
Il problema è falso!
Non è importante l’idea, il pensiero che si esprime. Importante è come si argomenta il pensiero. Anche la frase banale di prima, a puro titolo di esempio, può diventare interessante: sono frasi brevi e concise (e ne cito alcune), l’impaginazione è accattivante (e presento un brano), i colpi di scena (e cito), i valori etici o morali o religiosi (e riferisco)…
E di nuovo nasce un problema: si è in tanti, tutti hanno diritto di parlare se lo desiderano, ma il tempo è tiranno. Ciò che è stato detto e che mi ha punto sul vivo, non ho la possibilità materiale di ribatterlo, contestarlo, ampliarlo…
Ogni problema ha una soluzione.
Noi l’abbiamo trovata nella conviviale che segue ogni plenaria: davanti ad una pizza o ad una insalatona, tutti insieme allo stesso tavolo, si formano piccoli gruppi che discutono e si conoscono e si scoprono vicendevolmente.
Questo è il nostro gruppo di lettura di Sesto Calende: persone che imparano a conoscersi e a conoscere. Che si rispettano per quello che pensano. Che si divertono. Che fanno volare la fantasia immaginando collegamenti tra forme espressive diverse. Che approfondiscono e scavano nel proprio intimo. Che assimilano nuove esperienze in modo critico. Che non smettono mai di osservare, cercare, curiosare.
Quest’anno 2019/2020 facciamo “Il giro del mondo in 12 Nobel”: scegliamo una nazione per volta e proponiamo e leggiamo un’opera dell’autore premiato. Ascoltiamo i commenti nell’incontro successivo.
Ci riuniamo normalmente una volta al mese, di Martedì, nella Biblioteca di Sesto Calende alle 17,45. Terminiamo la plenaria intorno alle 19,00/19,30. Ci trasferiamo per la conviviale (chi non ha impegni particolari) in un ristorante dei dintorni (abbiamo tre o quattro indirizzi e decidiamo al momento). Le prime persone se ne vanno verso le 20,00/20,30 e gli altri quando ne hanno voglia! Ti aspettiamo e ti accogliamo sia che tu abbia letto il libro, sia che tu non lo abbia letto. Abbiamo poche regole chiare: una di queste è che tutti ci diamo il Tu inglese. Un’altra è che ci salutiamo sempre con una forte stretta di mano e, a volte, con un abbraccio.