La nonnitudine

Perché sono tutte così soddisfatte quelle signore, tra i 50 e i 60 anni, che diventano Nonne?

Megalomani.

Tornare sulla scena, se non da protagoniste almeno da comprimarie.

Non fa per me.

La “nonnitudine” è senz’altro una tappa, un ciclo, un’era della vita. È un segnale di curva discendente del ciclo vitale.

Non il mio però.

Vogliamo essere onesti, meriti personali nell’evento in questione ce ne sono proprio pochini, ma chissà, forse scatta qualche meccanismo tipo: se non ci fossi stata io… 

Ridicolo.

Tutto questo per annunciarvi che ieri sono diventata nonna (per la prima volta).

Chiara era attesa dal tempo regolamentare per questo tipo di eventi, ma particolarmente aspettata durante l’ultima settimana, forse di “chi me lo fa fare di precipitare le cose, qui so come sto, poi non so che sorte mi toccherà”.

Ho aspettato sferruzzando golfini, copertine, babbucce, trascurando completamente l’attesa della madre, del padre (ìl mio Albertone), del fratello, dei nonni, zii, amici e conoscenti.

Capisco la madre, ma cosa c’entrano gli altri? Non è vero. Parte delle mie preoccupazioni erano per Alberto: come avrebbe affrontato il parto?

È ridicolo, lo so, ma la sua presenza in sala parto mi preoccupava parecchio. Avrebbe retto?

È uscito dalla sala parto dopo 5 o 6 ore, sereno, disteso, calmo. Un Tasca.

La bimba: incredibile testa a siluro, capelli neri ancora un po’ umidi e appiccicati, collarino di grasso al collo, bocca… beh la bocca a salvadanaio, naso niente, solo due narici molto distanziate tra loro, mento zero.

Gesù, quanto bene, quanta tenerezza, ma accipicchia, è una bimba, speriamo che il suo aspetto migliori.

Due ore dopo: testa ridimensionata, bocca anche, mento c’è, gambe lunghe (beata lei, senza ascendenti paterni o nonneschi) ed una grande vitalità.

Nel “nido” tutti i neonati sono immobili, dormienti, fermissimi; questa nostra Chiara (come mi piace scrivere il suo nome!) è sempre in movimento. “Macché dormire, voglio esplorare questo nuovo mondo”.

Vederla crescere senza essere direttamente responsabile di pappe, pannolini, vaccinazioni, apprendimenti vari, è molto più rilassante e gratificante di quanto succede ai diretti responsabili di questa nascita.

Ed ora, come resistere alla tentazione? Quando mi chiederanno formalmente e in modo discorsivo: 

Come sta tua nipote? Come resistere alla tentazione di dilungarmi sulle “prodezze” vere o presunte della piccolina?

Dovrò cercare di essere il più moderata, modesta e sintetica possibile.

Ci riuscirò?

Non credo, insieme alla Nonnitudine arriva anche una certa dose di noncuranza del pensiero altrui che va a braccetto con la felicità.

2 pensieri su “La nonnitudine

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