Diario Natalizio

Smangiucchio il cappuccio della penna pensando al Natale, argomento difficile.

La narrazione vuole che ci siano tanti modi per festeggiare ma io ne conosco solo uno, quello che si fa a casa mia dove mamma comincia ad andare in panico venti giorni prima e continua a telefonare alla nonna per ogni cosa le salti in testa. Santa Nonna Pazienza, ma mi sa che pure si diverte. Papà no, lui scappa. Di solito organizza un viaggio di lavoro e torna giusto alla vigila quando oramai è tutto deciso.

A Natale ci si scambiano i regali… vogliamo parlare dei regali? Alla nonna, non si capisce perché, ogni anno arrivano grembiuli ricamati, pentole nuove, tritatutto di ultima generazione, come se la sua vita si dovesse consumare in cucina. Eppure è una bella signora, piena di verve, pure con qualche spasimante al Circolo di ballo del Venerdì. Per darle una spintarella verso quella direzione, lo scorso anno ho spiazzato tutti regalandole un profumo costosissimo. Non credeva ai suoi occhi, mi ha guardato con tanta riconoscenza che mi sono sentita la nipote migliore del mondo.

“Finalmente qualcuno si è accorto che sono anch’io una donna e non solo la cuoca di casa”. Ha riso per mezz’ora inondando l’aria di “rosa e gelsomino di Grasse esaltati dall’avvolgente eco del sandalo vanigliato”.

La fantasia non è la migliore alleata del papà e della nonna per cui a me di solito arrivano buste colorate con tanto di fiocchetti, ripiene di banconote da 50 Euro, una in più ogni anno. Si sa, la ragazza cresce e ha sempre maggiori esigenze.

Quella che invece si oppone strenuamente al passare del tempo è la mamma. Ogni anno mi guarda con occhi adoranti ed esordisce: “Guarda Marta che pigiama buffo ti ha portato Babbo Natale, ci sono anche le ciabatte abbinate. Ti piace, amore?”

Ecco, il pigiama buffo. Tenendo presente che ho 23 anni, che abito in un appartamento super-stra-riscaldato, cosa me ne posso fare di una tuta di pile rosso Ferrari che potrei mettere solo in Siberia a meno 30°?

Ma a lei piace così, non c’è stato Natale che non mi abbia regalato un pigiama. Ad onor del vero, quand’ero piccola arrivavano anche tutti i giochi della mia lunga letterina a Babbo Natale ma il pigiama è un must.

Miei cari, ma per una volta, volete dare spazio all’immaginazione?  Per ripicca sarei tentata di comperare una cravatta per il papà e un paio di guanti da forno con la faccia da renna per la mamma, vediamo poi come ci restano. No, in fondo è Natale, sarò buona.

Per stare dalla parte dei bottoni, al mio papy Big-Manager rifilo l’abbonamento al Sole 24 ore e alla mamma Peter Pan un bel cofanetto di prodotti anti-age, vediamo se la capisce.

Però dai, è bella tutta quella confusione la mattina del venticinque quando arrivano i parenti più improbabili che sono stati invitati all’ultimo perché: “povero zio Arturo, è da solo, gli è appena morta la moglie, vuoi lasciarlo a casa?”

E va bene, becchiamoci anche quel trombone dello zio Arturo che non fa che parlare della cara estinta, di quanto le volesse bene, di quanto le manchi, etc. etc anche se tutti sanno che era la donna più cornificata del globo terraqueo.

Però… c’è un però. L’anno scorso quell’improbabile accozzaglia di menti di mia madre e di mia nonna hanno organizzato una sorpresa. Oltre allo zio trombone, alla Marietta portinaia che si auto-invita non si sa perché, ma oramai c’è, si è presentato, spinto in casa dalla nonna tornata dalla messa, un signore con un vecchio cappotto sdrucito, il cappello in mano e lo sguardo basso.

L’ho riconosciuto subito e mi è crollata la mascella. È un senza tetto che staziona davanti al supermercato. Un uomo mite che quando gli passi davanti ti guarda, ti saluta ma non allunga neppure la mano. Non chiede.

Lui e il suo cane anzianotto stanno seduti sopra a una coperta sporca. Sembrano un’isola di rassegnazione in mezzo alla frenesia dei passanti che spingono carrelli pieni di ogni ben di Dio.

Quando arriva da noi non ha neppure il coraggio di fare un passo e guarda in continuazione dietro di sé anche se dall’altra parte della porta ci sono due donne bercianti tutte sorrisi che lo invitano ad entrare.

“Venga, venga, si accomodi, la stavamo aspettando, ma che bello averla qui, etc. etc. etc”

Infine la folgorazione: “Ma sììììì, certo, anche il cucciolotto ci mancherebbe altro!”  La mamma spinge dentro il malcapitato e si lancia sul pianerottolo a recuperare il cane che la guarda con aria dubbiosa. Adoro l’irruenza gioiosa di mia madre, lo sguardo tenero come un abbraccio di mia nonna.

Se dovessi raccontare le facce di mio padre, dello zio Arturo e della Marietta non andrei più a casa. Direi stupiti, increduli e forse anche un po’ schifati.

Io me ne sto accoccolata in un angolo ad accarezzare il cagnone e guardo con gli occhi umidi le mie splendide donne e il mio vero regalo di Natale. Un uomo che riacquista dignità seduto ad una tavola splendente di piatti e bicchieri della festa nel giorno in cui nessuno dovrebbe essere solo.