Avrete sicuramente sentito parlare dell’energia idroelettrica e che sia una forma di energia rinnovabile ed ecosostenibile. Ma di cosa si tratta?
Abbiamo visto che un oggetto di massa m posto ad altezza H dal suolo, per effetto dell’attrazione gravitazionale, ha la capacità, cadendo, di produrre un lavoro. In altre parole, abbiamo detto che l’oggetto, di massa m, ha una “energia potenziale” pari a:
Ep = m∙g∙H
dove g è l’accelerazione gravitazionale, pari a 9,81 m/s2 (nei calcoli successivi, per maggiore comodità, la arrotondo a 10).
Abbiamo anche visto che, lasciando cadere il corpo, questi acquista una velocità v, a cui corrisponde una “energia cinetica” pari a:
Ec = ½∙m∙v2
Infine, abbiamo visto che le due energie coincidono; quindi, dopo una caduta h (< H) il corpo avrà acquistato una velocità v tale per cui:
m∙g∙h = ½∙m∙v2
e che, se H è tutta la caduta disponibile, l’energia totale Et rimane costante:
Et = m∙g∙(H – h) + ½ m v2 = mgH
Come vi dicevo parlandovi del lavoro, il primo generatore di potenza usato dall’uomo è stato l’uomo stesso; successivamente sono stati usati gli animali. La potenza degli animali non è comunque sufficiente per fare certi lavori; ed allora, dove trovare una potenza superiore?
Consideriamo ora una scena bucolica: un laghetto di montagna, da cui esce un emissario. L’acqua dell’emissario acquista velocità man mano che corre verso la pianura. Ed ecco l’idea: se, lungo il percorso di discesa, interpongo la ruota di un mulino, cosa succede? Succede che l’acqua, incanalata, spinge sulle pale della ruota, e la fa girare! Ebbene, perché non collegare all’asse della ruota un meccanismo che faccia girare le pesanti ruote di una macina, ad esempio per il grano?

Ecco la foto di un mulino, abbastanza recente. Un piccolo sbarramento (1) definisce l’altezza della caduta d’acqua: come si vede, solo una parte dell’acqua è deviata nel canale (2) dove incontra la ruota (3). Per avviare o fermare il mulino si si apre o si chiude l’ingresso dell’acqua al canale.
All’interno del mulino, la rotazione orizzontale della ruota è trasformata in una rotazione verticale tramite degli ingranaggi: all’asse verticale sono collegate le ruote della macina.
Ottimo sistema, con un grosso svantaggio: occorreva anzitutto trovare un fiume o canale con una portata d’acqua disponibile tutto l’anno; poi, occorreva costruire il mulino accanto al canale. Capirete bene che quando l’elettrotecnica ha inventato il generatore di tensione ed il motore elettrico, la possibilità di portare l’energia elettrica dove si desiderava ha decretato la fine dei mulini, e la nascita delle centrali idroelettriche. Che cosa sono? Su che principio funzionano? Eccovi uno schema del funzionamento.

Iniziamo, a sinistra, con un lago, formato dalle acque trattenute da una diga: l’acqua ha una energia potenziale, che dipende dal dislivello H rispetto alla turbina. L’acqua del lago esce attraverso una tubazione molto robusta, che si chiama “condotta forzata”. L’acqua segue la condotta sino a quando arriva ad una turbina: un dispositivo che, molto meglio della ruota del mulino, trasforma l’energia cinetica dell’acqua nella rotazione di un asse. Questo asse è collegato rigidamente a quello di un dispositivo elettrico, l’alternatore, che trasforma l’energia meccanica in energia elettrica. La tensione generata dall’alternatore è opportunamente cambiata di valore dal trasformatore, e poi portata alla linea di distribuzione. Vedremo in futuro come si genera l’energia elettrica; per ora fermiamoci alla meccanica.
Anzitutto, pensiamo: come si può calcolare la potenza teorica che si può ottenere da un impianto? Se parliamo di energia, noi sappiamo che Ep = m∙g∙H; però, quale massa m dobbiamo considerare? È evidente che dobbiamo considerare la massa d’acqua che scorre in un secondo; ergo per cui dobbiamo parlare di potenza invece di energia. Quindi, indicando con Q la massa d’acqua che arriva alla turbina in un secondo e con P la potenza generata, avremo: P = Q∙g∙H.
Prima di procedere, il vecchio istinto di fisico (o l’istinto di vecchio fisico) mi dice di controllare che la formula non contenga errori, verificando le unità di misura. Quindi: P = lavoro/s = forza x spostamento / s; quindi: W = N∙m/s; ma N = m(massa)∙a = kg∙m/s2; in totale: W = kg∙m2/s3. A destra abbiamo: Q = kg/s; a = m/s2; H = m; in totale: kg∙m∙m/s2∙s = kg∙m2/s3. Tutto giusto; procediamo.
Nella formula P = Q∙g∙H conosciamo g (9,81 m/s2) ed H: quindi, dobbiamo solo calcolare la portata Q: come si fa?
In effetti, noi conosciamo la portata Q del fiume che alimenta la diga; per essere più precisi, conosciamo il profilo della portata del fiume, con la sua variabilità nell’anno. È chiaro che se dimensioniamo l’impianto sulla portata massima avremo disponibile la potenza massima solo alcuni giorni all’anno: e gli altri giorni? Ecco, ad esempio, la curva della portata di un fiume e dei giorni in cui è disponibile quella portata.

A colpo d’occhio, si vede che la portata media è di circa 5 m3/s, cioè 5000 kg/s: come fare per potere contare su questa portata tutto l’anno? Ecco il perché della diga: fa da volano; accumula acqua quando ne arriva tanta, e la eroga quando ne arriva poca.
Quindi, anche la portata Q è un dato di progetto assieme alla caduta. Concludendo, se, nel nostro caso, Q = 5000 kg/s, H = 500 m, di che potenza potremo disporre? Semplice: P = 5000∙9,81∙500 = 25.000.000 W; cioè, 25 MW.

Prima di concludere, solo una occhiata alla turbina. Ci sono diversi tipi di turbine; su un salto di 500 m, si usa una turbina Pelton. Eccone due coassiali.
L’acqua arriva da sotto a sinistra, e trova un ugello di diametro regolabile. L’acqua esce dall’ugello, e incontra la girante della turbina, che ha la forma di due cucchiai appaiati. La sezione della condotta forzata è molto superiore a quella dell’ugello della turbina; quindi, si può regolare la portata al valore desiderato.
Di sotto, ecco lo schema dei cucchiai: l’acqua arriva con velocità vi, urta la rotante, e cede quasi completamente la sua energia: la velocità di uscita vu è quasi eguale ed opposta a vi, tranne la piccola componente laterale, indispensabile per allontanare l’acqua dalla turbina. Chiaro?

Ultima domanda: quando arriva alla turbina, a che velocità esce l’acqua? In prima approssimazione, alla velocità v = √(2∙g∙H). Nel nostro caso, con H = 500 m, risulta v = 100 m/s.
Naturalmente, questa è una situazione ideale: nella realtà, occorre considerare che:
- Circa il 10% dell’acqua è lasciata libera di seguire il percorso naturale;
- Le condotte forzate hanno delle perdite, anche se piccole: diciamo il 5%;
- Anche la turbina + alternatore + trasformatore hanno delle perdite, diciamo il 10% totale.
A conti fatti, la potenza in uscita dal trasformatore, iniettata in rete, è 0,75∙25 = 18,75 MW: non male! Per confronto, sul tetto di casa vostra si possono installare impianti solari da 3 kW: ne occorrono seimila per avere questa potenza!
In conclusione, solo due commenti. Primo: si dice che l’energia idroelettrica non ha impatto ambientale. In effetti, il 10% di acqua che scorre nel fiume dopo la diga è ben poca cosa rispetto alla portata naturale: le trote (ed i pescatori) non sono contente. Inoltre, anche se minimo, il rischio associato alla presenza della diga non è nullo. Conclusione: non c’è nulla che noi facciamo che sia a zero impatto ambientale!
Secondo: una volta si costruivano centrali con potenze anche inferiori ad 1 MW, con operai che le sorvegliavano giorno e notte; sostanzialmente, senza niente da fare. Quando il costo della mano d’opera è aumentato, gli operai non sono stati sostituiti, e le centrali sono state chiuse: parecchie sono state messe in vendita. Successivamente, l’aumento del costo dell’energia e la disponibilità di controlli a distanza hanno fatto riaprire le centrali, senza nessuna presenza. Se qualcosa non va, la centrale si blocca automaticamente; l’intervento viene programmato con comodo.
Conclusione: se avete una casetta in montagna con un ruscelletto a fianco, impiantate una centralina! Oggi si trovano online! Rendimento garantito!