A cosa si riferisce la Meccanica

La meccanica a cosa si riferisce? Ci si riferisce soltanto ad oggetti puntiformi, oppure a corpi perfettamente rigidi: ebbene, la realtà è ben diversa!


Facciamo un rapidissimo passo indietro: cosa ne pensavano gli antichi? Il massimo filosofo dell’antichità, Aristotele, nel 350 a.C. circa, pensava che esistessero quattro elementi: terra, acqua, aria e fuoco, che potevano essere suddivisi all’infinito. Un altro grande filosofo, Democrito, proponeva invece che ci fosse un limite alla suddivisione, e che si sarebbe arrivati a piccole particelle indivisibili: gli atomi. Da allora, per secoli, tutti gli studiosi seguirono Aristotele, che dava spiegazioni alla portata dell’esperienza comune.

Di altra opinione è stato Richard Feynman, grande fisico atomico, che ha creato la Elettrodinamica Quantistica (QED). Nel suo corso per gli studenti universitari, al primo capitolo, dice quanto segue.

Se, in seguito ad un cataclisma, tutta la conoscenza scientifica fosse distrutta, e se solo una conoscenza potesse essere trasmessa ai posteri, quale frase conterrebbe il massimo di informazione col minimo di parole? Io credo che l’ipotesi atomica, cioè il fatto che tutte le cose sono fatte di atomi, cioè particelle che si muovono di continuo, e che si attraggono quando sono vicine, ma che si respingono se sono schiacciate una contro l’altra.

Quindi, eccoci qui: la materia è fatta di atomi! Per vostra informazione, questa nozione fondamentale era in discussione ancora alla fine del 1800: quindi, solo da poco più di un secolo è diventata nozione comune, universalmente accettata.

Che dovesse essere così lo facevano presagire i risultati degli esperimenti condotti dai chimici; però, il fondatore della chimica, Antoine-Laurent de Lavoisier, è vissuto solo nel 1700; diciamo, 300 anni fa. Nota triste: quel “de” nel cognome è stato la causa della sua morte: i rivoluzionari francesi lo hanno ghigliottinato perché nobile!

Dunque, i chimici hanno notato che, nelle reazioni chimiche, le quantità di materia che si combinano tra di loro sono nel rapporto di numeri interi. La spiegazione, ovvia, era quella atomica, ma il verbo di Aristotele dominava ancora!

Ma allora, cosa ha convinto gli scienziati che l’ipotesi atomica era corretta? All’inizio dell’ottocento un botanico, Robert Brown, voleva osservare al microscopio dei pollini molto piccoli. Allora pensò di osservarli mentre galleggiavano su dell’acqua; ebbene, con sua grande sorpresa, osservò che i grani di polline non stavano fermi: si muovevano di continuo, a scatti, in tutte le direzioni possibili. Il fenomeno era inspiegabile: cosa causava questo movimento continuo?

La questione restò irrisolta sino a quando un certo Albert Einstein, nel 1905 (lo stesso annus mirabilis della relatività ristretta, dell’effetto fotovoltaico, della formula E = mc2), pubblicò un articolo in cui spiegava che il polline si muoveva a quel modo perché era urtato di continuo dalle molecole dell’acqua. A questo riguardo, avrete tutti osservato che, se guardate un raggio di luce che entra in una stanza buia da una fenditura, si vedono tante particelle di polvere che fluttuano nell’aria, e si muovono di continuo. Ebbene, 2000 anni fa, Tito Lucrezio Caro, osservando il fenomeno, ipotizzò appunto che le particelle fossero urtate dagli atomi dell’aria! In effetti sbagliava, perché quelle particelle sono toppo grosse e le molecole d’aria troppo piccole e poco numerose; però, era quasi sulla strada giusta!

Ecco la rappresentazione di cosa si vede: la particella, urtata dalle molecole dell’acqua, sempre in agitazione termica, continua a muoversi a salti. Se pensate al fenomeno, potreste chiedervi: se il polline è soggetto ad urti casuali, poiché gli urti avvengono in tutte le direzioni, la loro media dovrebbe essere zero; ma allora, perché vedo la particella di polline allontanarsi? La risposta è: è vero che la media di tanti urti è zero, ma questo è vero per la media degli urti su tante particelle. Voglio dire che ogni singola particella tenderà a spostarsi; però, l’insieme delle particelle in media non si sposta.

Ciò premesso, saltiamo tutti gli sviluppi successivi e discutiamo degli atomi e delle molecole, così come li conosciamo oggi.

Anzitutto, gli atomi: sono i costituenti più piccoli degli elementi, che sono 92 in natura: sono stati isolati dai chimici, che li hanno elencati nella tabella periodica di Mendeleev. Le molecole invece sono i costituenti più piccoli delle sostanze composte, come, ad esempio, l’acqua, il cloruro di sodio, alias sale da cucina, eccetera.

Ma quanto sono grossi questi atomi? Hanno un raggio di 1 – 2 x 10-10 m, cioè 0,1 – 0,2 nm. Nota: a questa unità di lunghezza, 10-10 m, è stato dato il nome di Angstrom, in onore del fisico svedese Anders Angstrom. Il simbolo è Å; è una unità del SI. Come vedete, gli atomi sono piccolissimi: Aristotele, che credeva che la materia si potesse dividere all’infinito, è scusabile!

E come sono fatti gli atomi? A loro volta, in prima approssimazione, sono composti di un nucleo, positivo, e di una nube di elettroni, negativi, che gli gira attorno. Il modo più semplice di rappresentare un atomo è riferirsi al sistema solare: il nucleo, al centro, ha praticamente tutta la massa dell’atomo, ed ha carica positiva; gli elettroni, che hanno carica negativa e quindi sono attratti dal nucleo, non vi cadono sopra perché gli girano attorno. Ecco l’immagine classica dell’atomo: cosa c’è di falso?

Anzitutto, le proporzioni: in realtà, il nucleo ha il diametro di un decimillesimo rispetto all’atomo: siamo fatti di vuoto!

Secondo, gli elettroni, in effetti, non girano attorno al nucleo: se lo facessero, irradierebbero energia e cadrebbero sul nucleo. E allora? Allora, in effetti, gli elettroni, così come tutti i corpuscoli atomici, sono contemporaneamente particelle ed onde: come onde, non hanno un posto preciso attorno al nucleo.

Un’altra cosa che i chimici avevano osservato: nella tavola periodica, il “numero atomico” degli elementi cresce di una unità da un elemento all’altro; il “peso atomico”, cioè il peso dell’atomo, passa da 1 (idrogeno, numero atomico 1) a 4 (elio, numero atomico 2) sino ad arrivare a 92 (uranio, peso atomico 238). Come si spiega?

La spiegazione è che il numero atomico è determinato dal numero di cariche positive presenti nel nucleo, che coincide con il numero di elettroni attorno al nucleo: sono i protoni. Quindi, nel nucleo esistono delle altre particelle, i neutroni, che hanno quasi la stessa massa dei protoni. Però, a questo punto, tre domande.

  1. Quale forza stabilisce qual è la giusta proporzione dei neutroni rispetto ai protoni del nucleo? Risposta: è una forza, chiamata forza debole, che agisce solo dentro ai nuclei; è stata scoperta da Enrico Fermi nel 1933.
  2. Nel nucleo, cosa tiene assieme i protoni (ed i neutroni)? I protoni sono carichi positivamente e si respingono con una forza enorme! Risposta: è la forza forte; è 1000 volte superiore a quella elettromagnetica; agisce solo dentro ai nuclei, è stata scoperta negli anni sessanta.
  3. Come interagiscono gli atomi tra di loro? L’interazione è dominata dagli elettroni più esterni, che interagiscono con gli elettroni delle sostanze a cui si avvicinano: ecco perché non sprofondiamo nella sedia su cui siamo seduti!

Bene: parleremo molto più diffusamente degli atomi quando parleremo di fisica quantistica. Ora, per concludere, parliamo di come la materia si presenta a noi.

Globalmente, la materia non ha carica elettrica: si dice che è elettricamente neutra. La sola forza che agisce sulla materia è la forza di gravità: se non fosse così, sappiate che l’attrazione (repulsione) elettrica è 1034 volte (un miliardo di miliardi di miliardi di miliardi) superiore a quella gravitazionale. Se non fosse perfettamente azzerata, la forza elettromagnetica sarebbe la forza dominante dell’Universo!

Quindi, le deboli forze residue degli elettroni esterni sono responsabili dei modi in cui la materia si presenta a noi. Questi modi si chiamano “stati di aggregazione”, e sono:

  1. Stato solido: gli atomi sono trattenuti in posizioni fisse rispetto agli atomi che li circondano, e mantengono la loro forma.
  2. Stato liquido: le posizioni degli atomi non sono fisse; la materia ha un volume definito, ma assume la forma del recipiente che la contiene.
  3. Stato gassoso: gli atomi non hanno un volume definito, ed occupano tutto lo spazio disponibile.

In realtà, Questi non sono gli unici stati di aggregazione esistenti: pensate alla materia che costituisce il Sole, ed a quella delle stelle di neutroni! Però, questi sono gli stati che conosciamo: se ritorniamo un attimo ad Aristotele, aveva confuso questi stati con la materia.

Prima di concludere, vediamo gli stati di aggregazione dell’acqua. Anzitutto, la formula chimica dell’acqua è H2O: in una molecola, due atomi di idrogeno si legano ad un atomo di ossigeno. Ecco la raffigurazione bidimensionale della molecola: notate la strana disposizione spaziale, con un angolo di circa 105° tra gli atomi di idrogeno. Per inciso, questa strana forma è fondamentale per rendere l’acqua un ottimo solvente.

Ebbene, Come si dispongono queste molecole nel ghiaccio? Ecco: assumono questa bellissima forma esagonale, che, proseguendo ed allargandosi, crea le infinite forme dei fiocchi di neve.

E quando scaldiamo il ghiaccio, e l’acqua diventa liquida? Ecco qui: tante molecole ammucchiate disordinatamente, che rimangono a contatto, ma si muovono tra di loro.

E perché il ghiaccio aumenta di volume rispetto all’acqua? Se confrontate i due disegni, potete apprezzare che gli esagoni di acqua ghiacciata occupano un volume superiore a quello occupato dalle molecole di acqua liquida!

Infine, cosa succede quando, scaldando ancora l’acqua, questa evapora? Ebbene, l’agitazione termica delle molecole supera la forza di coesione residua delle molecole, che si allontanano liberamente. Nel disegno vediamo il fenomeno: di sotto acqua liquida; di sopra molecole che si allontanano.

In effetti, questa è una situazione dinamica: se l’acqua si trova in una bottiglia chiusa, in media il numero di molecole che abbandonano la fase liquida è uguale al numero di molecole che rientrano nell’acqua: in questa situazione di equilibrio, il volume dell’acqua rimane lo stesso. Se, però, stappiamo la bottiglia, l’equilibrio si spezza, e l’acqua, pian piano, evapora completamente, anche a temperatura ambiente.