Per parlare dei fenomeni della Termodinamica, prendiamo dei pneumatici della bici e iniziamo a gonfiarli. Cosa c’entrano gli pneumatici della bici? C’entrano, sono uno dei migliori esempi per illustrare le leggi dei gas.
Prima di procedere, una precisazione: mi trovo davanti ad un bivio. Per spiegare i fenomeni della termodinamica, potrei partire dall’inizio, cioè seguire lo sviluppo storico della Fisica, e spiegare le leggi che sono state scoperte. In alternativa, potrei partire dalla fine, e cioè parlare della teoria cinetica dei gas, che parte dalla costituzione della materia per spiegare tutto ciò che si è scoperto. La seconda via è completa ma è molto staccata dall’esperienza quotidiana. Seguendo lo stile che ho usato sinora, preferisco spiegare i fenomeni poco alla volta, e parlare in seguito della teoria cinetica dei gas.
Quando vogliamo usare la bici dopo un periodo di inattività, è buona norma verificare che gli pneumatici siano gonfi al punto giusto: evitiamo forature, ed anche fatica inutile. Infatti, più la ruota è sgonfia e maggiore è l’attrito del terreno. Quindi, afferriamo la pompa a mano, e diamoci da fare. Avete mai notato che, alla fine della operazione la pompa è parecchio più calda? Se avete pompato molto, può persino scottare! Perché si scalda? Cosa sta succedendo?
Mettiamoci gli occhiali del fisico, entriamo nel nostro laboratorio (sempre il nostro cervello), e pensiamo. Prima dell’operazione avevamo: una pompa a temperatura ambiente, uno pneumatico sgonfio, magari completamente floscio, e la pressione dell’aria nello pneumatico a zero (attenti: non la pressione assoluta; la differenza di pressione rispetto all’atmosfera!).
Dopo l’operazione abbiamo: pompa calda (meglio: con una temperatura superiore a quella iniziale); pneumatico gonfio (quindi, il suo volume è aumentato, anche se leggermente); pressione dello pneumatico aumentata (sempre differenza di pressione rispetto all’ambiente). Benissimo: abbiamo cominciato a stabilire una cosa fondamentale; e cioè che i fenomeni della termodinamica sono caratterizzati da tre parametri: temperatura, pressione, volume.
Ferma tutto: cos’è la temperatura? Come si misura? Sinora non ne abbiamo parlato!
Ricordate quello che abbiamo discusso in meccanica? L’energia potenziale di un corpo posto in alto si trasforma in energia cinetica; in un sistema isolato, la somma delle due energie è costante. Per pompare, abbiamo speso del lavoro: forse questa energia è sparita? No! In sintesi estrema, il calore è una forma di energia: il lavoro meccanico che avete fatto si è convertito in aumento di calore dell’aria che avete soffiato. E allora, cosa c’entra la temperatura? Ecco: la temperatura è la misura del calore di un corpo.
Notate bene che queste sono anticipazioni, che capiremo meglio studiando la teoria cinetica dei gas. Perciò, non rispondiamo a fondo, per ora, alla domanda su cosa sono calore e temperatura; parliamo però di come si misura la temperatura.
Voi tutti conoscete i termometri: abbiamo tutti avuto in casa i termometri a mercurio, oggi sostituiti da aggeggi elettronici. I termometri a mercurio sono basati su una caratteristica dei liquidi: un liquido, scaldato, si dilata; l’aumento di volume, entro certi limiti, è proporzionale all’aumento di temperatura. Bene: usando questo fenomeno, non è troppo difficile costruire un termometro! Come si fa?
Partiamo da un altro fenomeno; o meglio, altri due. Primo fenomeno: l’acqua liquida diventa ghiaccio ad una temperatura che è indipendente dalla pressione atmosferica: dipende solo dalla purezza dell’acqua. Secondo fenomeno: l’acqua liquida diventa tumultuosamente vapore (leggi: bolle) ad una temperatura che, invece, dipende dalla pressione: quindi, prendiamo come temperatura di riferimento quella dell’acqua che bolle alla pressione atmosferica.

E allora? Allora, costruiamo un termometro, che è fatto da un bulbo che contiene il liquido che si dilata, sovrastato da un tubicino che amplifica la dilatazione del liquido. Mettiamo il bulbo nell’acqua con ghiaccio, ed aggiungiamo il liquido che ci serve a misurare sino a quando sale nel tubicino e raggiunge un certo livello. Segniamo questo livello, e lo chiamiamo zero gradi.
Ora mettiamo il bulbo nell’acqua che sta bollendo: a causa della sua dilatazione, il liquido sale nel tubicino. Segniamo il punto in cui arriva, e lo chiamiamo cento gradi. Infine, dividiamo in cento parti lo spazio tra le tacche zero e cento: il termometro è fatto!
Naturalmente, non tutti sono stati d’accordo nell’usare questo termometro. Ecco qui a fianco tre termometri, con gradazioni diverse. Vediamo un po’.
Quello centrale è quello che usiamo in Europa (ma non negli USA): è stato realizzato nel 1742 dal fisico svedese Anders Celsius, seguendo il metodo che vi ho descritto; i gradi Celsius (o centigradi) hanno il simbolo °C.
Il termometro centigrado ha la tacca più in basso al valore di -273,15 °C. Questa è la minima temperatura raggiungibile nel nostro Universo: il posto più freddo dell’Universo è in qualche laboratorio sulla Terra, mentre nello spazio interstellare ci sono ben – 270 °C (esattamente 2,3 °C più in alto del minimo)!
Guardate il termometro a sinistra: è identico al centigrado, salvo il fatto che parte da 0 e misura 273,15 dove il nostro termometro misura 0 °C, e 373,15 dove il nostro termometro misura 100. Questa scala è stata chiamata “scala Kelvin”: il nome è quello del grande fisico inglese Lord William Thomson, lord Kelvin per i suoi meriti scientifici, vissuto nel 1800. Il simbolo di questa misura è K (senza ° davanti), ed è la misura della temperatura inclusa nel Sistema Internazionale delle misure: è una unità base, e si aggiunge a metro, chilogrammo, secondo, che già conosciamo.
Ed il termometro a destra? Pensate un po’: gli inglesi, e gli americani, non usano la nostra scala! Che novità! In effetti, la scala, proposta dal fisico tedesco Daniel Fahrenheit nel 1724, ha preceduto la scala Celsius; però è più scomoda! Difatti, lo zero Fahrenheit è quello in cui fonde una miscela di acqua e sale, più scomoda da realizzare del ghiaccio! E per il valore massimo? Dopo aver preso come rifermento la temperatura del sangue del cavallo (!!!), Fahrenheit decise di misurare le temperature del ghiaccio e dell’acqua bollente; le fissò rispettivamente a 32 °F e 212 °F, ed ecco fatto! Quindi, regole di conversione:
- Da centigradi (T °C) a Kelvin (θ K): θ = T + 273,15; T = θ – 273,15
- Da Centigradi (T °C) a Fahrenheit (Φ °F): Φ = T x 1,8 + 32; T = (Φ – 32)/1,8
Ecco: ora siamo in grado di misurare la temperatura, parametro fondamentale nello studio dei gas; finalmente, ritorniamo alla nostra pompa ed alla nostra bici.
Prima di procedere, due precisazioni. Anzitutto, poiché lo pneumatico è parecchio rigido, la variazione di volume è poco visibile; però, se pensate alla operazione di gonfiare un palloncino od un canotto, il cambio di volume è evidente.
Seconda precisazione: ci sono altri due parametri in gioco: la differenza di calore ed il lavoro svolto (cioè, la fatica che avete fatto per gonfiare). Ne parleremo dopo; ora concentriamoci su temperatura, pressione, volume: cerchiamo di studiare a quali leggi ubbidiscono. Quindi, dobbiamo inventare degli esperimenti, da condurre su un gas, che ci consentano di scoprire la relazione tra questi tre parametri.
Entriamo un attimo in laboratorio, e pensiamo: abbiamo tre parametri; cosa facciamo? Se organizziamo degli esperimenti in cui cambiano tutti e tre contemporaneamente, non capiamo nulla! E allora? Allora organizziamo degli esperimenti in cui facciamo variare due parametri per volta, mentre teniamo costante il terzo! Quindi, dobbiamo realizzare tre esperimenti:
- Facciamo variare pressione e volume del gas, a temperatura costante;
- Variamo volume e temperatura, a pressione costante;
- Variamo pressione e temperatura, a volume costante.
Bene: ora si tratta “solo” di definire dei metodi pratici con cui condurre gli esperimenti. Cominciamo con il primo: pressione e volume a temperatura costante.

Anzitutto, occorre contenere in un volume variabile l’aria (o il gas su cui facciamo l’esperimento). Ebbene, prendiamo un cilindro in cui scorra, senza attrito, un pistone con una tenuta perfetta. Supponiamo che il pistone sia leggerissimo (se non fosse così, sarebbe facile considerare anche il suo peso). Iniziamo mettendo sul pistone un peso che esercita la forza P1: a che pressione è sottoposto il gas? Lo abbiamo studiato a suo tempo: se S è la superficie del pistone, la pressione A1 è il rapporto tra P1 ed S: A1 = P1 / S. In questa situazione, misuriamo il volume V1 del gas: se il pistone è all’altezza h1 dalla base, avremo: V1 = h1 ∙ S.
NOTA: normalmente la pressione si indica con P; però, P è anche il peso. Ecco perché ho usato A come simbolo: non spaventatevi!
Ora, aggiungiamo un secondo peso: ad esempio, P2 = 2P1. Cosa succede?
L’aggiunta di un secondo peso fa raddoppiare la pressione: A2 = 2P1/S = 2A1. Di conseguenza, il pistone si abbassa, ed il gas aumenta (poco) la sua temperatura. Ahi ahi: vogliamo fare l’esperimento a temperatura costante: cosa facciamo? Facile: non facciamo niente; aspettiamo che il tutto ritorni alla temperatura originaria; dopo ciò, misuriamo l’altezza h2, e quindi V2: cosa troviamo?
Ebbene, troviamo che l’altezza h2 è metà di h1; di conseguenza, anche il volume V2 è metà di V1!
E se cambiamo ancora i pesi, ergo la pressione? Se non andiamo oltre larghissimi limiti, riscopriamo la legge di Boyle, che, nel 1662, ha detto quanto segue: “A temperatura costante, la pressione di un gas perfetto è inversamente proporzionale al suo volume”, In formule:
A ∙ V = costante (a T costante).
Questa costante dipende da volume, pressione e temperatura del gas: non è una costante vera e propria, da usare in tutti gli esperimenti! Però, abbiamo trovato la prima legge.
Una parola sul “gas perfetto”. Con il variare della pressione, le molecole del gas variano la loro distanza: per questo motivo ho detto prima che quella di Boyle è una legge valida entro margini non infiniti ma amplissimi.
Il diagramma della legge di Boyle ci dice proprio questo: se alla pressione A1 corrisponde il volume V1, alla pressione 2∙A1 corrisponde il volume 0,5∙V1.
Quando si trova una legge, è bene cogitare un poco sui suoi limiti. Vediamo un poco: come varia il volume con la pressione? Facile:
V = (costante)/A
Quindi, due limiti. Quando la pressione diventa zero, il volume diventa infinito: questo fisicamente è quasi vero, almeno come limite. Dall’altra parte, quando la pressione tende all’infinito, il volume tende a zero; e questo è impossibile, perché significherebbe che le molecole spariscono! Ciò che succede, invece, è che il gas cambia di fase: da gas diventa un liquido! Quindi, la legge di Boyle non è corretta quando la pressione aumenta. Per ora, rimaniamo in questa situazione non ben definita: dobbiamo solo accertarci che, con il nostro esperimento, non ci avviciniamo troppo alla pressione per cui il gas si liquefa.

2 pensieri su “I fenomeni della Termodinamica: le leggi dei gas”
I commenti sono chiusi.