Ho tenuto la sua mano mentre entravamo in chiesa

Ho tenuto la sua mano mentre entravamo in chiesa e lei ha tenuto la mia, stretta, per tutta la sua vita, fino al momento in cui la sua luce si è spenta.

«Ma perché la chiesa non è sempre così illuminata anche le altre volte che ci veniamo?»

«Sshhh!» cerca di zittirmi mia nonna.

«Ma perché il prete è vestito così bene oggi? E perché è buio fuori adesso?»

«Smettila» sussurra lei.

«Non veniamo mai qui col buio, di solito ci veniamo… ci veniamo…sì, di mattina!»

«Shhhh!»

«Cosa stanno dicendo?»

«Una preghiera, ripeti  anche tu: “ora pro nobis” almeno la smetti di disturbare.»

Ma l’attenzione di Malù era già da un’altra parte, i suoi occhi si perdevano sui candelabri d’argento che brillavano della luce riflessa dalle candele, le fiammelle che traballavano, la cera che sciogliendosi creava disegni, il rumore di banchi di legno che cigolavano ad ogni spostamento dei fedeli.

Tutti prima si alzavano, poi si sedevano, si rialzavano, facevano strani segni con le mani e borbottavano. La chiesa era grande e fredda e la nonna la stringeva forte per scaldarla, le manine infilate nella tasca del cappotto. Malù aveva sonno ma la promessa che alla fine di tutto il parroco avrebbe posato Gesù Bambino nel presepe la teneva sveglia. «Ma quando finisce?»

E poi la sorpresa più bella! Quando era uscita aveva iniziato a cadere la neve.

È un’altra Malù quella che entra adesso nella stessa chiesa, non c’è più curiosità nel suo sguardo, solo la rabbia di una ragazzina che si sente defraudata. Neppure una lacrima, gli occhi asciutti fissano con sfida il grande crocifisso sull’altare. È luglio, il sudore appiccica i vestiti leggeri alla pelle. L’aria fresca che arriva dalle navate laterali è un balsamo per chi, con gli occhi bassi, assiste alla funzione. Davanti a lei una bara, è coperta di garofani rossi, il loro tenue profumo mischiato a quello dell’incenso le dà un senso di nausea, sembra che i santi nelle nicchie la guardino con rimprovero, la statua della Madonna Dolente, intenta a schiacciare la testa del serpente, ha sempre la stessa espressione ingessata. Tutto lì dentro sembra ostile, finto. Finte le parole del sacerdote, finte le espressioni di circostanza, sente che solo il suo dolore è vero, solo il vuoto che prova è reale.

È il momento di uscire, la testa incassata nelle spalle, Malù si avvia a piccoli passi verso la luce accecate che entra dal portone spalancato. Si trova accanto suo padre che le prende la mano e gliela stringe forte. Ha tenuto la sua mano mentre uscivano dalla chiesa e lei ha odiato quel momento.