La storia di Isolina è la storia di un omicidio avvenuto a Verona, una macchia nella Storia italiana. Un reato rimasto impunito per impunità di classe sociale.
Verona, martedì 16 gennaio 1900, l’alba. Due donne, Luigia e Maria, infagottate in gonne lunghe, calzettoni di lana e scialli pesanti, arrivano sulle rive del fiume con i cesti della biancheria da lavare. Le acque dell’Adige sono gelide e la corrente del fiume porta giù dalle montagne un’aria ancora più fredda, ma per loro non cambia nulla. Tutti i giorni, a quell’ora, sono lì, a lavare i panni dei signori per guadagnare quelle poche lire con cui la famiglia tira avanti. Lavorano tutti nelle famiglie povere, compresi i bambini appena ne sono in grado. Infatti, sulla riva del fiume, c’è anche un ragazzino; si chiama Paride, sta provando a pescare qualche pesce per il pranzo di mezzogiorno.
Le due donne si sono appena messe al lavoro quando vedono arrivare, portato dalla corrente, un pacco. Non è una cosa strana: da qualche tempo i contrabbandieri usano quel sistema per trasportare la carne senza incappare nel pagamento dei dazi. Le due donne si attivano subito: se riescono a recuperarlo, quel giorno a casa si mangia carne. Corre anche Paride e insieme i tre riescono a tirarlo a riva. È pesante, più di tredici chili, si scoprirà poi. Paride prende un coltellino dalla tasca e taglia i lacci che lo legano.
Quello che trovano li segnerà per il resto della vita, perché quel pacco contiene pezzi del corpo di una donna, ancora avvolti in quel che resta degli abiti che indossava. Un pezzo di gamba, un pezzo di torace con una mammella, parte del femore. Manca la testa e per ritrovarla ci vorrà più di un anno. Mancano le braccia e le anche, che verranno in superficie da lì a qualche mese. Le ritroveranno dei ragazzi perché nel frattempo molte, troppe persone si recano ogni giorno a scrutare le acque dell’Adige nella macabra speranza di trovare qualche altro pezzo.

È proprio il ritrovamento di un’anca a dare una svolta alle indagini: nel pezzo di gonna che la contiene c’è una tasca e nella tasca un biglietto che, in una grafia incerta, elenca le spese di una famiglia modesta. Qualche giorno prima, un operaio di una fabbrica veronese, Felice Canuti, ha denunciato la scomparsa della figlia diciannovenne Isolina. L’età combacia con quella che i medici hanno attribuito al cadavere e quindi mostrano all’uomo il biglietto, in cui riconosce la calligrafia della figlia.
L’interrogatorio non arriva a nulla: il pover’uomo lavora tutto il giorno, è vedovo da ben dieci anni ed è Isolina a occuparsi della casa e dei fratelli minori. Nulla sa della sua vita, delle sue conoscenze, di un eventuale fidanzato. Il fidanzato, però, esiste; perché, quando il fiume restituisce il bacino della ragazza, si scopre che era incinta. Un aborto finito in tragedia, seguito da un tentativo di occultamento del cadavere?
Verona pullula di giovani militari, figli di famiglie altolocate, bei ragazzi che si sentono i padroni della città e che si danno alla bella vita in locande e osterie. Uno di loro è il tenente Carlo Trivulzio, venticinquenne, che ha una stanza in affitto nello stabile in cui abitava la famiglia Canuti.
Un’amica di Isolina, una trentenne di nome Maria, conferma che è lui il padre del bambino, che ha imposto a Isolina di abortire ma che lei, innamorata e romantica, voleva tenere il bambino e sposare il suo bel tenente.

Una ragazza del ceto povero e un tenente di ottima famiglia: il caso assume rilevanza nazionale, il Paese si spacca, ricchi e poveri, conservatori e socialisti. Si spacca la politica: della vicenda si impadroniscono i giornali e il più agguerrito nella ricerca della verità è la “Verona del Popolo” diretto dal deputato socialista Mario Todeschini. Gli ambienti conservatori, che detengono anche il potere giudiziario, non condannano certo il giovane Carlo, colpevole solo di essere un maschio cacciatore e di essere finito nelle grinfie di una ragazza di facili costumi. “Una puttanella“, come lui stesso la definirà qualche tempo dopo. La povera Isolina diventa così quella che “se l’è cercata”. Persino la sua famiglia, padre e fratelli, per ignoranza, le gettano fango addosso.
Dell’aborto viene accusata un’ostetrica, che nega tutto ma non viene creduta. Il giovane Trivulzi, sotto il peso dell’opinione popolare, finisce in carcere, per istigazione all’aborto ma già il 7 febbraio lo rilasciano perché un medico certifica che la gravidanza di Isolina è precedente al suo rapporto con il tenente.
A nulla valgono le parole di un’altra ragazza, Emma Poli, presente all’omicidio. È lei a raccontare che Isolina è stata invitata a un festino proprio dal Trivulzio in una trattoria dove lui e i suoi amici erano di casa. A un certo punto, tra le abbondanti bevute, la fanno sdraiare su un tavolo, la immobilizzano, le infilano in bocca un tovagliolo per non farla urlare e un tenente medico inizia quello che di fatto è un tentativo di farla abortire. Isolina muore, soffocata o dissanguata, a questo punto i suoi assassini la fanno a pezzi sul ceppo che l’oste usa per tagliare la carne.
Di fronte alle voci che corrono, il giudice si decide a convocare Emma Poli per interrogarla.
La ragazza, il 24 febbraio, viene ricoverata in ospedale e muore improvvisamente per cause mai accertate. Lei, però, prima di spirare rivela al padre di essere stata avvelenata e fa anche due nomi, tra cui quello del medico che ha certificato il tempo della gravidanza di Isolina. L’anziano padre si batterà con tutte le sue forze per avere giustizia ma non arriverà mai a nulla; la classe sociale degli accusati è troppo elevata.
In questa vicenda, ci sarà un solo processo, quello contro Mario Todeschini querelato dal Trivulzi per diffamazione. Qui il racconto di Emma verrà confermato da un oste, a cui il proprietario della trattoria del delitto aveva confidato l’accaduto ma i giudici definiscono la testimonianza un “sentito dire” e non gli danno peso alcuno.
Alla fine, Todeschini viene condannato a 23 mesi di reclusione e una somma notevole di risarcimento. Il Trivulzi, dopo aver mantenuto per tutto il processo un atteggiamento arrogante, lascia l’aula da vincitore e con l’onore immacolato.
La gente non ci sta e seguono alcuni giorni di tumulti, corredati da arresti e commenti infuocati sui giornali.
Poi tutto si calma e Isolina scompare nell’oblio.
Di lei non si conosce neppure il luogo della sepoltura.

