Beth She’an, una storia fatta di pietre

Una testa mozzata, conficcata su di un palo all’ingresso della città, non rappresenta un invito accattivante per visitarla. Non è il solo. Vi sono i corpi appesi di altri uomini.

Per fortuna non è accaduto ai nostri giorni , ma poco più di tremila anni fa. Quei corpi appartenevano a re Saul, suicida a causa della sconfitta subita dai Filistei e ai suoi figli uccisi in quella stessa battaglia nei pressi del monte Gilboa, poco lontano da lì. La Bibbia non dice in quale stagione dell’anno tutto ciò accadde. Mi piace pensare sia stato in primavera e che quei corpi caddero in mezzo alla fioritura dell’iris viola, tipico di quel monte. Siamo a Beth She’an , appena a sud del mar di Galilea ed è una delle più imponenti aree archeologiche d’Israele. La valle del fiume Harod, affluente del Giordano, si fonde qui con quella di Jezreel. È un’oasi in mezzo ad un territorio arido. La parte più antica del sito, contiene i resti sovrapposti di almeno diciotto differenti insediamenti, databili dall’età del Bronzo a quella del Ferro.
Qualcuno la chiama la Pompei di Israele; come Pompei, anche questa città, pur già così molto vasta, non è ancora stata completamente riportata alla luce. Eppure, vi è una grande differenza tra i due siti: Pompei è una città romana, distrutta in poche ore. Il suo tempo si è fermato in un giorno del 79 d.C. Beth She’an racchiude ed è sintesi della storia umana di tutto quel territorio, una sorta di libro di storia fatto di pietre; una storia lunga almeno cinque millenni. Certo, la parte del leone, ciò che il visitatore ha modo di vedere in maggior quantità e pregio, la fanno gli antichi greci e Roma. Tuttavia, c’è molto d’altro, meno evidente e meno appariscente, ma di non minore importanza.

Beth She’an – Stele di Seti XIII sec. a.C.

La Stele di Seti, del XIII secolo a.C. , lì ritrovata, e un edificio del periodo egizio risalente al XII secolo a.C . smentiscono la datazione del racconto biblico dell’Esodo. Non è difficile riflettere su una discrepanza di date: se, secondo la narrazione biblica l’uscita dall’Egitto degli israeliti guidati da Mosè è avvenuta attorno al XIII secolo a.C., o anche prima, allora, una volta attraversato il mar Rosso essi si sarebbero trovati…. ancora in Egitto, braccati e tutt’altro che liberi dalla schiavitù! Ciò si può facilmente affermare, poichè l’Egitto controllava quasi tutta la terra di Canaan, ovvero dal Sinai all’attuale Libano, almeno fino a ridosso dell’XI sec. a.C.
Attorno al 3000 a.C. su quel sito prese vita il primo villaggio organizzato. La città fece la sua apparizione, storicamente ben documentata, già nel XIII secolo a.C. sotto il Nuovo regno d’Egitto (XVIII-XIX dinastia). In essa si trovava la sede del principale centro di potere dei faraoni in Canaan. Dopo l’arrivo, più tardi, degli israeliti, vennero i Filistei.

Beth she’an – mosaico raffigurante Tyche, dea della città VI sec. d.C.

Tornata sotto controllo israelita con Salomone, della città si persero le tracce storiche fino all’età ellenistica, nel II secolo a.C. quando veniva conosciuta con il nome di Scitopolis . Presa da Roma nel 64 a.C. fu capitale della Decapoli, le “dieci città” della Samaria, centri della cultura greco-romana. A Beth She’an/Scitopolis, il viaggio non è dentro un unico tempo, come quello romano di Pompei. A Scitopolis si attraversano diverse epoche e, salendo sul tell, la collina artificiale che si staglia sullo sfondo della città, si torna indietro di millenni. Come per Pompei, camminare lungo il Cardo romano di Beth She’an, visitare l’agorà ellenistica, i templi e le eleganti fontane, può fare l’effetto di riandare indietro nel tempo, respirare quell’aria antica. Si possono immaginare i suoi abitanti di diverse epoche, i loro diversi modi di vivere. Occorre però muoversi adagio, osservare, annusare l’aria, potersi prendere il tempo che ci serve, senza la fretta del turista una-foto-e-via.

Beth Shean, stele cananaica XIV sec. a. C.

Quando porto qualcuno a visitare Beth She’an, noto sempre un’espressione di sorpresa, poiché quasi da nessuno la sua esistenza, le sue dimensioni e la sua profondità temporale, fuori da quel piccolo mondo che è Israele, è conosciuta. La maggior parte dei visitatori che ho potuto incontrare sono, appunto, israeliani in gita, o, più di rado, qualche comitiva nordamericana, Di europei, invece, davvero pochi; di italiani non ne ho mai visti. Ed è davvero un peccato che un sito di tale interesse storico sia così poco visitato dai turisti occidentali, tanto spesso concentrati soprattutto sulla visita dei luoghi delle vicende della vita di Gesù. Anche qui il primo Cristianesimo era presente. Poi si rilevano testimonianze del periodo bizantino, della presenza araba, dei Crociati, che, con Tancredi, la occuparono. Passò poi sotto il controllo del feudo di Belvoir, la cui fortezza, chiamata in ebraico Kochav haYarden, “stella del Giordano” si trova poco lontano. Del periodo mamelucco e di quello ottomano non restano tracce significative. Nel 1934 Lawrence d’Arabia fece giusto un accenno a quella città che, nel 1948, fu adibita a campo di accoglienza per i profughi ebrei in fuga dal Nordafrica, prima di diventare la cittadina sonnacchiosa che è ora, sorta attorno al sito archeologico.

Beth She’an – teatro romano: particolare

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