La Legge di Hubble

Il Telescopio Spaziale Hubble ci regala immagini dalla spazio infinito di grande Bellezza. Come fa il telescopio ad inviarci immagini che arrivano da miliardi di anni luce di distanza dalla nostra Terra?


Molti fra i miei affezionati lettori si saranno già imbattuti, navigando su internet, nell’immagine della figura 1. Si tratta di una foto spettacolare dell’ammasso di galassie Abell 1689, ripreso dal telescopio spaziale Hubble in luce visibile (camera WFC). Secondo le stime degli astronomi l’ammasso dista ben 2,2 miliardi di anni luce dalla Terra. Ma come fanno gli scienziati a determinare le distanze di oggetti così lontani? Per scoprirlo dobbiamo partire dall’effetto Doppler.

L’effetto Doppler 

Consideriamo una sorgente che emette onde sonore, come la sirena di un’ambulanza e un osservatore fermo al bordo della strada (figura 2). Quando l’ambulanza è ferma l’osservatore percepisce un suono di lunghezza d’onda l0, ma quando l’ambulanza si avvicina il suono diventa più acuto (l diminuisce), mentre quando si allontana diventa più grave (l aumenta). Infatti, la lunghezza d’onda apparente la percepita dall’osservatore cambia quando la velocità relativa sorgente-osservatore vrel è diversa da zero. Il fenomeno è detto “effetto Doppler” e prende il nome dal matematico e fisico austriaco Christian Andreas Doppler che lo descrisse per primo nel 1845.

La variazione Δl = l0la della lunghezza d’onda può essere espressa mediante la semplice formula:

dove v0 è la velocità di propagazione dell’onda nel mezzo considerato; in questo caso vrel è considerata positiva quando la sorgente si avvicina all’osservatore.

L’effetto Doppler riguarda sia le onde elastiche (come le onde sonore) sia le onde elettromagnetiche, con una differenza: le onde elastiche richiedono per la propagazione la presenza di un mezzo materiale, mentre alle onde elettromagnetiche tale mezzo non è necessario.

Poiché la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche è pari alla velocità della luce c, la variazione della lunghezza d’onda sarà in questo caso Δl = l0 vrel/c. Questa è una formula approssimata: se la velocità vrel fosse confrontabile con quella della luce bisognerebbe considerare gli effetti relativistici del fenomeno.

Il “redshift”

Abbiamo visto negli articoli precedenti come si possano riconoscere i componenti che formano le atmosfere delle stelle mediante le righe di assorbimento degli spettri della loro radiazione. Ogni riga caratterizza in modo univoco un elemento chimico, come un codice a barre individua il tipo di mercanzia al supermercato.

Ebbene, gli astronomi, conoscendo le lunghezze d’onda delle righe di assorbimento (o di emissione) degli elementi più diffusi nello spazio hanno notato che per gli oggetti lontani tali righe risultano spostate rispetto a quelle note, ricavate ad esempio dallo spettro del Sole.

Infatti l’effetto Doppler modifica le lunghezze d’onda delle righe spettrali quando l’oggetto celeste si muove rispetto alla Terra, secondo la formula descritta qui sopra. La stessa formula permette anche di misurare le velocità di allontanamento o di avvicinamento delle sorgenti celesti conoscendo la variazione Δl della lunghezza d’onda delle righe di assorbimento.

Se l’oggetto si allontana dalla Terra la lunghezza d’onda sarà maggiore rispetto a quella osservata per il Sole, ovvero la riga di assorbimento si sarà spostata verso il rosso. Il fenomeno viene per questo chiamato redshift, cioè spostamento verso il rosso.

La figura 3 mostra in alto lo spettro nel visibile della luce del Sole: le righe nere sono le righe di assorbimento dell’idrogeno, uno degli elementi più diffusi nell’universo. In basso viene riportato lo spettro di una sorgente lontana nello stesso intervallo di frequenze. Si nota come le righe di assorbimento sono disposte in maniera simile, ma risultano spostate verso il rosso. 

In astronomia, per esprimere il redshift si utilizza una grandezza adimensionale, indicata con la lettera z e definita dall’equazione:

dove l0 è la lunghezza d’onda della riga di assorbimento osservata per il Sole, mentre lm è la lunghezza d’onda della stessa riga osservata per l’oggetto celeste. A questo punto dobbiamo parlare di Edwin Hubble.

Edwin Powell Hubble 

Edwin Hubble (1889 – 1953) è stato un astronomo americano che ha fatto delle scoperte fondamentali: per questo motivo, quando si è progettato un telescopio spaziale, si è deciso di dargli il suo nome: da allora, abbiamo lo Hubble Space Telescope (HST).

A partire dal 1917 Hubble lavorò all’Osservatorio di Monte Wilson, dotato del telescopio Hooker da 2,5 m, che era allora il più potente del modo. Grazie alle osservazioni condotte tra il 1923 e il 1924 Hubble stabilì che la maggior parte di quelle che erano considerate “nebulose” erano in realtà galassie poste al di fuori della Via Lattea; tra queste c’era anche la ben nota galassia di Andromeda, visibile ad occhio nudo.

In quegli anni Hubble effettuò anche una grande mole di osservazioni spettroscopiche sulle galassie, osservando e misurando lo spostamento delle lunghezze d’onda delle righe di assorbimento verso valori più alti di quelli misurati in laboratorio, come previsto dall’effetto Doppler quando le sorgenti luminose si allontanano rispetto all’osservatore.

Poiché di molte galassie conosceva anche la distanza dalla Terra, Hubble scoprì che esiste una relazione lineare tra lo spostamento verso il rosso della luce emessa dalle galassie e la loro distanza. Tale relazione, detta legge di Hubble, viene espressa mediante la formula:

z = H0 D/c, da cui si ricava D=zc/H0

dove: z è lo spostamento verso il rosso delle righe di assorbimento, misurato confrontando lo spettro della galassia lontana con quello del Sole; D è la distanza; c è la velocità della luce e H0 è la costante di Hubble, il cui valore attualmente stimato è pari a 2,176×10−18 Hz (anche indicata con 67,15 km/s/Mpc: Mpc sono Megaparsec, milioni di parsec).

Le prime stime del redshift della galassia A1689-zD1 sono state z=7,6: un valore enorme! In effetti, con questi valori del redshift, la legge di Hubble non funziona, perché presuppone che la velocità di espansione dell’Universo sia costante, mentre l’ipotesi che oggi è comunemente accettata assume che quando l’Universo era più giovane la velocità di espansione (e quindi la “costante” di Hubble) fosse maggiore. La legge di Hubble è applicabile dunque solo per oggetti la cui distanza sia inferiore a qualche migliaio di Mpc.

La scoperta di Hubble ha avuto importanti implicazioni cosmologiche. Dall’esame dei redshift risulta infatti che le galassie che non hanno interazioni gravitazionale con la Via Lattea si allontanano dalla Terra con una velocità proporzionale alla loro distanza e che quindi l’universo risulta in espansione.

Per capire il fenomeno ci si riferisce ad un palloncino: quando lo si gonfia, come nella figura, un punto qualsiasi della sua superficie si allontana da ogni altro. L’espansione dell’universo era stata predetta dal russo A.A. Friedmann, che era riuscito a risolvere le equazioni della relatività generale di A. Einstein nell’ipotesi di un universo isotropo. La scoperta ha dato un contribuito fondamentale alla formulazione della teoria del Big Bang.

Esempi di calcolo delle distanze

Ritorniamo allora sul quesito che ci eravamo posti all’inizio di questo articolo. Come hanno fatto gli astronomi a calcolare la distanza di Abel l689? Utilizzando il valore del redshift.

L’ammasso di galassie ha un redshift z = 0,185, quindi D= 0,185∙300000/67,15 Mpc  = 826 Mpc.

Poiché 1 pc ≈ 3,26 anni luce, avremo D = 2600 Mal (milioni di anni luce), un po’ più di quanto stimato dagli astronomi (2200 Mal). In questo caso l’errore è dovuto alla notevole distanza di Abell 1689: siamo al limite di applicabilità della legge di Hubble.

Proviamo ora a calcolare la distanza di un altro ammasso di galassie: Abell 478. In questo caso il redshift vale z = 0,0881 e quindi D=367 Mpc, = 1280 Mal, in buon accordo con i valori forniti dagli astronomi.

Infine consideriamo una galassia molto più vicina, la ben nota Galassia Vortice M51. Con un redshift z= 0,00155 si ricava D=6,92 Mpc = 22,6 Mal, in buon accordo col valore di 23 Mal fornito da Stellarium.