La Trasformazione di Medea: interpretazione con qualche dubbio al Piccolo di Milano

Da persona semplice non è certo il fatto che sia un uomo ad interpretare Medea (cosa normale nel teatro greco), ma la trasformazione di una regina-maga in una donna banale da parte di Franco Branciaroli nella quale si può riconoscere con i suoi miseri difetti qualunque popolana. Questo lavoro non rende giustizia a una opera magistrale e non mi è piaciuta. Potrei citare tanti episodi per correlare il mio pensiero. Mi piacerebbe un dibattito sull’interpretazione di Euripide che per me esprime dei sentimenti e valori sempre attuali (lui non ha rughe, questo lavoro verrà dimenticato).


Nel panorama teatrale contemporaneo, il vizio di ridurre figure mitologiche a rappresentazioni banali è purtroppo una tendenza in crescita. È con questo spirito critico che ci si approccia al recente allestimento di “Medea” portata sulle scene da Franco Branciaroli, autentica icona della tragedia greca, interpretata da un uomo. Benché la scelta di un attore maschile nel ruolo di Medea possa sembrare una decisione artisticamente provocatoria, il risultato finale risulta, in effetti, discutibile.

La complessità di Medea, regina e maga, viene in questo caso appiattita, trasformando una figura di straordinaria potenza in una donna priva di spessore, la cui umanità viene ridotta a semplici miserie e difetti. In un’opera così magistrale come quella di Euripide, ci si aspetterebbe una reazione emotiva ben più profonda, capace di riflettere l’intensità dei sentimenti e dei valori che il drammaturgo riusciva a esprimere. Euripide, con la sua penna incisiva, ha saputo dar vita a personaggi complessi, ricchi di sfaccettature, in grado di attraversare il tempo senza invecchiare, e meritano di essere trattati con la dovuta reverenza.

In un primo momento, pare che il lavoro tenti di avvicinare Medea allo spettatore moderno ma il risultato è una semplificazione che non rende giustizia alle sue qualità intrinsecamente tragiche. Molti potrebbero citare episodi specifici che evidenziano questa riduzione, ma il dibattito su quest’interpretazione meriterebbe un’attenzione particolare. Qual è il messaggio che emerge da questa rappresentazione? Riusciamo a percepire la lotta interiore di una donna che, mossa da passioni ardenti, può rappresentare l’umanità stessa?

In conclusione, è fondamentale interrogarsi sul valore di tali reinterpretazioni di opere classiche. La grandezza di Euripide è immortale, e le sue creazioni meritano di essere celebrate nel loro massimo splendore, piuttosto che subire il rischio di essere dimenticate. Un’opera così profonda non dovrebbe mai essere ridotta alla dimensione di una persona comune; al contrario, il teatro deve sempre aspirare a dare voce all’eccezionale, all’unico.