Maledetta primavera – Terza parte

PRIMO ROUND ALLA PANCHINA

Dopo la palestra del lunedì, in compagnia della Carla facciamo due passi sul lungo lago. Nonostante l’inverno sia alle porte, approfittiamo degli ultimi tiepidi raggi di sole; sediamo su una panchina in riva al lago di Monate dopo esserci rifornite di brioche e cappuccino in un bicchiere d’ asporto.

Un signore interrompe la nostra conversazione chiedendomi una certa via. Carla mi si avvicina all’orecchio: «Solita scusa per attaccar bottone».

A seguito della mia risposta negativa: «Signora, si ricorda di me?»

«Lei chi è?»

«Sono il musicista, ricorda? Ci siamo visti al Centro incontro.»

«Ah… sì… beh, buona giornata.», lo liquido cortesemente rimanendo seduta a gambe accavallate.

«Ma lo conosci o no?», mi domanda la Carla.

«Forse, vagamente, ma non mi va di dare troppa confidenza.»

Lo osserviamo mentre si allontana, jeans color coccio, polo a righe in tinta, scarpe chiare della Nike; tiene il braccio sinistro in conserte poggiandoci il gomito destro; il dito indice di traverso tra il naso e la bocca mentre, a testa reclinata, guarda all’indietro perplesso con sorriso sornione.

La domenica successiva, ci ripresentiamo in sala da ballo.

«Ciao, ciao, ciao, baci e abbracci»

«Giulia, ma cos’è tutta questa confidenza?»

«Non fare la sofistica, si usa così, ad una certa età si diventa come bambini. Certo che tu non lo sai non partecipi a niente. Non sei cambiata con la vecchiaia.»

Stavolta sul portone un manifesto con la foto di un brizzolato “LORY DEI BLAK BOY”.

Con bella voce  modula“Una rotonda sul mare”. Ci informano che tutte le domeniche  il complesso cambia. Sediamo allo stesso posto della domenica prima. La musica prosegue con i balli di gruppo che vanno tanto in voga. La mia amica si avventura, io rimango seduta a lungo perché non mi piace il genere.

«Scusi, è libero?», domanda un signore in principe di Galles sfiorandomi la spalla.

Alzo di poco gli occhi.

«Sì, prego.»

Siede e mi tende la mano.

«Alessandro, piacere.»

«Lucrezia, buongiorno.», gli sorrido mentre si accomoda.

Terminati i vari “cico-cico”, i balli riprendono con un lento.

«Balliamo?», sussurra all’orecchio il mio vicino. Mi aspettavo un “signora, permette questo ballo?” ma forse non si usa più. Ballando non fa domande banali tipo che bella giornata, ieri faceva più freddo, domani pioverà, l’anno scorso si stava peggio, come fanno un po’ tutti. Figurarsi, io non ricordo il tempo dall’oggi al domani. L’alito sa di mentine. Si limita a canticchiare sottovoce  sulla musica di“come prima, più di prima”. Tornati a posto parliamo un po’ delle canzoni dei nostri tempi coinvolgendo anche Giulia.

È giunta l’ora della “merenda”. Tutti seduti, la sala si svuota.

«Mi scusi, vado a salutare i colleghi.», si allontana seguito dagli sguardi di parecchie signore. Lo osservo anch’io: che strano, ho sempre ritenuto mi piacessero gli uomini longilinei, dinoccolati, guarda invece questo che fisico massiccio, non grosso, non basso, passo deciso sicuro di se. Camicia azzurra, cravatta regimental bianca e blu;  anche Giulia lo guarda con interesse.

«Sì è carino, sorridente ma non saresti né la prima né l’ultima.», lei ha già capito tutto.

«Perché lo conosci?»

«No, ma si vede.»

Mi chiedo da che cosa si vede. Non trovo  risposta.

Riprende la musica e Alessandro mi invita ad un altro ballo. Parliamo volentieri di musica, di vacanze al mare, in  montagna; la conversazione è piacevole. Abbiamo gusti molto simili. Prima di accomiatarsi mi chiede un appuntamento “per un caffè” che rifiuto. Mi porge un biglietto da visita. Mentre si allontana lo seguo con lo sguardo noto lo strano gesto che mi aveva incuriosita quel giorno sulla panchina con Carla. Guardo il cartoncino. Altro non è che il poster in formato piccolo: Alex e il suo complesso. “Alessandro alias Alex”. È vero, non sono fisionomista.

La domenica successiva ci si ritrova tutti al centro, ormai sta diventando un appuntamento fisso.  Alessandro si siede accanto.

«Speravo mi telefonassi uno di questi giorni, il mio numero è sul biglietto che ti ho lasciato.»

Un venerdì, dopo la palestra, con Liliana, Carla, Simona e Laura ci concediamo una sosta al bar K2 di Luino per fare colazione. Davanti ad un insipido tè verde, al di là della vetrata mi distrae una mamma con espressione stanca  che strattona un bambino recalcitrante. Non si accorge che il piccolo ha perso una scarpina. Ragazzi che sfrecciano su rumorosi motorini fanno pericolose evoluzioni. Assaporo le mie giornate senza più patemi, impegni, vincoli, orari da rispettare; ora ho tutto il tempo che voglio per pensare solo a me stessa.  Sul tavolino,  sotto la zuccheriera c’è un volantino. Liliana lo prende e legge ad alta voce:

MAGIA DEL TANGO A BESOZZO
-Siete tutti invitati, ingresso gratuito-

«Ci andiamo?», chiede ricevendo pieno assenso di tutte.

Con il cellulare scatto la foto al volantino e la invio WhatsApp a Giulia con un laconico “ci vieni?” che, stupefatta dalla mia iniziativa, conferma la sua presenza.

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