Il cane di Goya: l’ultimo enigma eterno

1819-1823ca - Il Cane
Pitture nere: il cane (1812-1823 circa)
Museo del Prado, Madrid

Credo sia doveroso dedicare un’attenzione speciale a quest’opera realizzata da uno dei più importanti artisti del panorama europeo.

Osservando questo dipinto a cui è stato attribuito il semplice titolo de Il cane, ci rendiamo facilmente conto di essere alla presenza di un’opera unica e inaccessibile. Penso che possa essere inteso come il suo testamento prima di lasciarci, anche se non è l’ultima opera realizzata dal maestro spagnolo.

Le interpretazioni sono molteplici e non aiutano molto nel decodificare il messaggio nascosto. Per qualcuno rappresenta un cane in una fossa, che sta facendo di tutto per uscire e mettersi in salvo, mentre per altri è un cane che osserva un punto verso l’infinito. Credo che non abbia di per sé un valore di rappresentazione oggettiva ma sia un’opera altamente simbolica, che dovrebbe trasmetterci un pensiero o una visione di Francisco Goya.

Il formato scelto è decisamente insolito. Un taglio verticale molto lungo, quasi interamente occupato da un color sabbia e solo nella parte più bassa è presente la testa del protagonista. Il cane lo riusciamo vedere solo dopo un’attenta osservazione e se ne vede solo il muso, di profilo.

La sensazione è quella che il cane si stia sforzando di guardare verso una direzione ignota, coperta alla sua vista da un muro o un rialzo del terreno e a fatica tenta di guardare oltre. Si potrebbe anche avere la sensazione che il cane sia bloccato in una fossa nella sabbia, dalla quale non riesce ad uscire, nonostante si sforzi di farlo.

L’oltre che il cane sta fissando, è tutto quello spazio che va al di là del dipinto stesso, quasi a voler rappresentare che il protagonista del quadro stesse guardando oltre la pittura stessa.

Alcuni studiosi interpretano questa pittura come la metafora di una grande domanda che Goya si sarebbe posto: esiste la trascendenza? Domanda che potrebbe essere anche lecita dopo il suo percorso artistico indirizzato alla scoperta di ciò che sta dietro ad un volto o ad una situazione. Se si dà valore a questa possibile interpretazione, il cane sarebbe da intendersi come un simbolo che voglia rappresentare lo stesso pittore. Come se Goya avesse usato il cane come sua allegoria, una sorta di autoritratto attraverso un simbolo.

Questa interpretazione è decisamente interessante. Potrebbe essere una rappresentazione simbolica del pittore che insabbiato all’interno del sistema pittura si sta sforzando, o anche solo desidera, di uscire e andare oltre la Pittura che già conosce per spingersi oltre.

Dopo la morte di Francisco Goya, un banchiere acquisterà la proprietà della Quinta del sordo e farà staccare le pitture nere dalle pareti, per donarle poi nel 1881 al Museo del Prado. Si tratterà di uno dei lasciti più importanti mai ricevuti dal museo di Madrid.

Con le sue opere sulle pareti, Goya supera definitivamente il suo tempo, arrivando ad anticipare il fenomeno artistico dell’Espressionismo. La sua ricerca lo porta ad anticipare lo Spirituale nell’Arte, arrivando anche ad anticipare l’Astrattismo. Quest’ultimo importante traguardo è racchiuso soprattutto in questo grande capolavoro senza fine che rimarrà uno dei più grandi enigmi della Storia dell’Arte e che continuerà a bisbigliarci la sua verità, anche se faremo fatica a sentirla.

1819-1823ca - Il Cane
Pitture nere: il cane (1812-1823 circa)
Museo del Prado, Madrid

Articolo tratto dalla serie pubblicata su Latelier 91 il 13 aprile 2020 (https://latelier91.wordpress.com/2020/04/13/goya-capitolo-11-lenigma-eterno/)

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