Festeggiamenti di fine anno alla corte di Gustav IV Adolf: 1799-1800

La Corte del giovane re Gustav IV Adolf (1778-1837) risente pesantemente del triste periodo di reggenza, fra la morte di re Gustav III e la maggiore età del figlio. All’atmosfera diffidente di Corte, conseguenza dell’attitudine del cancelliere Reuterholm a dare ascolto alle spie, alla natura malinconica ed introversa del giovane re, si aggiunge lo stato disastroso delle finanze statali. Ecco un resoconto delle festività di fine anno in tale clima, lasciatoci dal Conte Hans Axel von Fersen.

Palazzo Reale

24 dicembre 1799, martedì– Avevo pensato di trascorrere questa vigilia di Natale nella tranquillità della mia casa, invece la figlia del conte Horn si è presa il morbillo, e il padre, per paura di contagiare il principe ereditario, non ha osato recarsi a corte. Perciò io sono stato obbligato a prendere servizio al suo posto, una grossa seccatura per me. Ho cenato con il re, c’era una lotteria per tutti e strenne natalizie per le persone con un servizio fisso a corte. Non c’era nulla di grandioso, nient’altro che oggetti d’argento e pezzi d’arredo. Qui da noi non si trovano ninnoli preziosi, i commercianti locali non sono molto abili nel procurarsene, e l’importazione dall’estero è proibita. 

Prima di cenare si fece un po’ di conversazione, il che significa che noi ci sedemmo per chiacchierare, mentre invece la regina si occupò del suo lavoro a maglia e non disse nemmeno una parola. Il re, da parte sua, parlò se possibile ancora meno. I signori che erano lì a quel punto non erano in vena di tener viva la conversazione, che perciò divenne alquanto penosa; si parlò per lo più fra di noi, il re prese ben poca parte agli argomenti discussi. Mi è stato detto che è sempre così, una noia infinita. Fa molta meraviglia che la regina, che peraltro è amabile e bella, non usi in nessun modo della sua bellezza ed intelligenza. A vederla sembra infelice, e io credo che lo sia veramente; il re ne schiaccia la personalità e la importuna, e non credo che provi simpatia per lui.  Ha un’aria indolente e indifferente. Fa male guardarla, perché è evidente che vorrebbe essere felice, e invece si impone delle costrizioni. La Signora Piper dice che spesso la regina la sorprende scoppiando in lacrime e sostiene che il re la maltratta, e che non è mai soddisfatto, qualunque cosa ella faccia.

25 dicembre, mercoledì– Pranzo e cena a corte, è stato terribilmente triste. C’erano l’ambasciatore russo e il signor Räbinin, non si è giocato, eravamo seduti in cerchio a conversare. La regina si dedicava a lavori manuali su un tavolo a parte, con le altre dame, e non aprì bocca. Gli uomini si erano seduti in circolo, ma una conversazione è improbabile fra persone che non hanno o non ne hanno voglia di trovare gli argomenti. Il re, è vero, era sdraiato sul suo sofà, ma quando è là si addormenta come un pezzo di legno, e anche la conversazione si assopisce con lui. Questo genere di serate diventano spaventosamente noiose e non passano mai. Il re mi ha detto che il giorno dopo sarebbe andato a Haga. Mi sono sentito disperato e preoccupato per la mia salute, o forse per le comodità che mi sono care. Egli fu abbastanza amabile da promettermi un alloggio migliore di quello che è destinato ai capitani della guardia reale.

26 dicembre, giovedì– Pranzo e cena alle 9 a corte; alle 10 ci recammo a Haga, lì il gelo era terribile. Tuttavia il re sostiene che si trova meglio lì che a Stoccolma; è una grande sventura che egli non apprezzi la propria residenza, se non cambia opinione, la situazione diventerà scomoda per tutti quelli che servono a palazzo o che hanno a che fare con lui. La regina soffriva di mal di denti, aveva un terribile raffreddore e soffriva di torcicollo. Queste uscite non le fanno affatto bene, è possibile che sia incinta. Alle 4 arrivò il podestà Ullner, il più vecchio dei 50 “anziani”, Arvidson e un membro della borghesia, il birraio Wier, per invitare il re e la regina al ballo che la borghesia il sabato organizza per loro in Borsa. Il re li ricevette nel suo studio.

27, venerdì– Ordine del giorno a Haga – ore 10: colazione per tutti a base di te, cioccolata, cotolette, frittata o verdure; il re e la regina non partecipano quasi mai. Quando escono a camminare si può accompagnarli oppure no, come si preferisce, e tutta la mattinata è libera. Se il re decide di recarsi in città, avvisa. Mi ha anche fatto dire che, se vuole avere un rapporto deve essere sempre dopo le 10. Il pranzo si serve alle 14.30, e, a meno che non si vada in città o da qualche altra parte, ci si riunisce per la cena nel salone, che viene servita fra le 20,30 e le 21.30. Alle 22.30 ci si ritira, il riposino del re dura una mezz’ora. Tutti i giorni la stessa routine. La tavola regale è mantenuta con la medesima frugalità sia qui, sia a Stoccolma: 8 portate con zuppa e carne bollita, 4 vassoi con il dessert, tutto portato in tavola insieme. La sera le portate sono solo 6, senza dessert. La regina continua ad essere chiusa nel suo silenzio: durante i pasti non dice una parola, e quando si alza da tavola si siede sempre allo stesso angolo, dove rimane immota, finchè il re non le ordina di accostarsi, si prendono per mano, o in qualche altro modo del genere, e insieme si siedono al tavolo. Il tutto è tremendamente triste. Alle 17 siamo andati tutti quanti in città, dal principe ereditario, ritornando alle 21 per cenare e poi coricarci. Il freddo nelle stanze era terribile, si finiva per essere letteralmente congelati. Del resto, quel palazzetto, con le sue grandi finestre, era stato costruito dal defunto re (Gustav III, padre del re attuale, Gustav IV Adolf) solo per l’estate, e anche perché lì egli voleva restarsene in pace. Tutto quello che i re ha sotto mano è mal organizzato. L’ingresso è un locale piccolo e basso, senza nessuna comodità e persino privo di camere per i domestici. Questi dormono tutti insieme nelle stalle, stretti in due stanze, e ci stanno proprio scomodi. Il mio appartamento è il migliore, consiste di una sala per ricevere e due camere, ma io posso a malapena stare eretto, lì dentro (il Conte Fersen era particolarmente alto di statura, e le stanze di Haga alquanto basse).

28 dicembre, sabato– Ha nevicato parecchio. Alle 10.30 sono uscito in slitta con il re per salutare il principe ereditario, siamo ritornati all’una. Il re ha guidato da sé la slitta e non ascolta i consigli migliori: aveva quattro cavalli e un cocchiere, io ero seduto al suo fianco e il cocchiere dietro. Passato mezzogiorno, arrivò la regina a salutare suo figlio. Ho trascorso l’intero pomeriggio, fino alle 20, nella mia stanza, occupato a riordinare le lettere scritte dal defunto re (Gustav III) al barone Taube. Fui avvisato che il re era nel salone, e mi recai lì. C’erano tutti quelli che abitano qui, e cioè il barone Bonde, il maestro di cerimonia Coyet, il maggiordomo, il responsabile delle stalle conte Frölich, il conte Rosen, maggiordomo della regina. L’unico con il quale si può scambiare qualche parola è il barone Bonde, gli altri non hanno nulla da dire. 

29 dicembre, domenica– C’è stata la predica. Alle 17 siamo andati in città e rimanemmo lì. Alle 19 andammo al ballo alla Borsa, offerto dalla borghesia per festeggiare l’ammissione della regina nella comunità pastorale. La cena durò dalle 22 fino a mezzanotte, il re arrivò all’una. Il re fu accolto sulla porta dai tre personaggi che erano venuti ad invitarlo, e che erano di guardia all’ingresso. La rappresentanza della borghesia, e cioè i 130 che avevano sottoscritto il ballo, fecero ala sullo scalone. L’illuminazione della sala era eccezionale, le poltrone per la famiglia reale erano poste sulla tribuna, di fronte alla porta. Il principe (Carl, reggente e tutore durante il periodo di minore età dell’attuale re) e la principessa erano presenti, invece la regina vedova era malata. Al nostro ingresso nella sala risuonarono le note di una marcia, seguite da un minuetto; però né il re, né la regina si degnarono di danzare. Quando la contraddanza iniziò, essi si sedettero nelle loro poltrone. Più tardi si alzarono e fecero un giro nella sala, il re parlò con tutti i rappresentanti della borghesia e con le loro mogli, che venivano presentate dal maestro di cerimonia man mano che il re procedeva. La regina con alcune parlò persino in svedese (il francese era in quel periodo la lingua dei nobili e dei regali, anche in privato), e nel corso della serata il re si alzò più volte per parlare alla gente. Data l’assenza della regina vedova, c’era un posto libero a tavola, c’erano 18 coperti, giusto quanti ne servivano per i membri della famiglia reale e per i loro invitati. A quel punto ci si chiese se era il caso di invitare tre che non avevano ricevuto l’invito, il re si rivolse a me per avere un consiglio. Io, come anche il maestro di cerimonia, eravamo del parere che fosse bene fare così. E così si fece, la cosa fu molto ben accolta dall’assemblea, ma ciò che colpì più di tutto fu che il re e la regina permisero a tutti gli invitati di baciar loro la mano. Erano tutti d’accordo nell’essere incantati dalle maniere del re, dalla sua bontà, e infatti era compiacente in modo del tutto speciale. Indossava il costume di alta cerimonia con tutte le onorificenze che gli competevano. Mia sorella ha ricevuto, in risposta alla sua, una lettera molto sfacciata da von Egenström; io l’ho mostrata al re, che l’ha ritenuta davvero un po’ forte. Mia sorella non rispose alla missiva, e io la bruciai. Da ogni parte venivano da me persone che volevano che le raccomandassi al re, dato che credono che io sia molto in alto nella considerazione di sua Maestà. Sono solo io che non vedo proprio come arrivare a lui: mi tratta sempre, è vero, con amicizia e considerazione, ma senza confidenza. Durante la scorsa primavera, trascorsa interamente a Haga, non ha parlato con me una sola volta.

30 dicembre, lunedì– hHo lasciato il rapporto alle 10. Il re si era appena alzato, era ancora nella camera della regina, dove si corica sempre. Non ci fu nessun avvenimento per tutto il giorno. Sono stato a pranzo dal conte Brahe, c’erano molti tipi diversi, ma nessuno disse nulla di interessante.

31 dicembre, martedì– A corte non era programmato nulla fino a sera, quando, come sempre, era allestita una cena imponente, con 240 persone. Ci alzammo in piedi allo scoccare delle 12 per gli auguri di buon anno, la famiglia del re ricevette gli auguri nella camera della regina, senza nessun ordine d’ingresso. Prima della cena si era giocato a carte, sia lì, sia nella galleria maggiore, la cena fu servita nel salone e nella sala degli ospiti casuali. Al mattino il re aveva assistito alla parata, e mi usò la gentilezza di avvertirmi, che sarebbe stato là. Inoltre, si scusò amabilmente con me di non potermi sollevare dal turno di guardia il giorno seguente. Mi mostra sempre, in ogni occasione, gentilezza e considerazione, ma che differenza nel modo di fare del suo defunto padre!

1 gennaio 1800, mercoledì– Tempo nuvoloso. Ho pranzato a corte. Sono stato un attimo all’assemblea in Borsa, e dopo la cena, alle 22, siamo partiti per Haga.

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