I ritratti di Goya

La maggior parte dei critici e degli storici dell’Arte concordano nel considerare unica la capacità di Francisco Goya di penetrare la mentalità e la personalità delle persone che immortalava nei suoi ritratti.

I ritratti realizzati dal maestro spagnolo sono molti ed egli ha annoverato tra i suoi commettenti le personalità più importanti ed eminenti dell’alta società spagnola. Tra le tante opere, due spiccano per l’alta qualità raggiunta dal pittore e possono essere considerati tra i suoi migliori capolavori.

1787ca - Don Manuel Osorio Manrique de Zúñiga
Manuel Osorio Manrique de Zúñiga (1787 circa)
Metropolitan Museum of Art, New York

Uno dei più sorprendenti è senza dubbio il ritratto al piccolo don Manuel Osorio Manrique de Zúñiga conservato al Metropolitan di New York. Osservando con attenzione quest’opera, non sfugge l’alta maestria e tecnica con la quale è stata realizzata e, a ragion veduta, possiamo tranquillamente considerarla uno dei migliori ritratti infantili mai realizzati nella Storia dell’Arte.

Per conoscere dei dati biografici sul protagonista dei questo ritratto possiamo rivolgerci agli archivi, dove troveremo sicuramente dei documenti che ci forniranno tutti i dati possibili. Oppure, possiamo osservare attentamente questo ritratto; così facendo possiamo senza molti problemi venire a sapere che al momento della creazione di quest’opera d’arte, il piccolo don Manuel era già deceduto.

Va detto che la lettura di questo ritratto non è delle più facili; per essere compreso è necessario decodificare l’intricato insieme di simboli più o meno celati nella composizione e, è ben noto a tutti, non esiste mai un’unica chiave di lettura per decifrare un simbolo, infatti può essere che il messaggio trasmesso sia di carattere molto personale e solo chi ha la chiave di lettura corretta può farlo.

Manuel Osorio Manrique de Zúñiga (1788) Dettaglio dei tre gatti Metropolitan Museum of Art, New York

I simboli legati al decesso del bambino sono da ricercarsi prima di tutto nei gatti rappresentati al suo fianco; ad un primo sguardo se ne vedono solo due, bisogna prestare molta attenzione e osservare il dipinto da vicino per rendersi conto che, in effetti, i gatti sono tre, uno è nero e si vedono solo gli occhi.

Nell’Arte (e più in generale nelle varie culture) il gatto è sempre stato un animale simbolico legato all’Aldilà e agli spiriti; la loro presenza in questo ritratto è abbastanza chiara dal punto di vista della simbologia, alla luce dell’immatura dipartita del suo protagonista.

Manuel Osorio Manrique de Zúñiga (1788) Dettaglio della gazza ladra Metropolitan Museum of Art, New York

Un altro simbolo presente e di facile identificazione è rappresentato dalla gazza ladra, che nell’Arte è spesso associata al presagio di morte imminente. Riflettendo sul suo significato in relazione al ritratto, ci si rende conto che il volatile in questione non ha ragion d’essere visto che il bambino era già morto. Se osserviamo con attenzione il biglietto che la gazza ladra ha nel becco possiamo leggere la firma del pittore “D.n Frac.co Goya.” [Don Francisco Goya]. Grazie a questo dettaglio possiamo interpretare il simbolo nel modo più corretto, che è anche in perfetta sintonia con la visione di Goya stesso: l’ineluttabilità del destino alla quale nessuno è immune.

Un ultimo dettaglio di grande bellezza sono gli abiti del piccolo don Manuel. L’abito rosso con la fascia bianca è creato da pennellate libere e sicure mentre il colletto, molto raffinato, è stato dipinto a punta di pennello, creando in questo modo l’effetto di assoluta leggerezza della stoffa da cui è formato.

Veniamo ora ad un altro grande capolavoro del maestro spagnolo.

Ritratto della Duchessa Di Alba (1795)
Collezione de Alba, Madrid

Il ritratto di Maria Teresa Cayetana de Silva, conosciuta ai più come la Duchessa di Alba, è uno dei ritratti femminili più famosi della Storia dell’Arte.

Negli anni Novanta del Settecento, il fenomeno Goya è già esploso. Purtroppo però, il maestro spagnolo rimarrà all’apice per poco tempo, infatti già nel 1792 diventerà completamente sordo, con tutte le conseguenze che questo comporterà sul suo carattere, sui rapporti con gli altri e ovviamente sulla sua pittura. Non tutto però volgerà verso la negatività. A causa della perdita dell’udito, Goya svilupperà maggiormente la sua capacità introspettiva, avrà una sempre maggior emotività drammatica e riuscirà a comprendere sempre più profondamente e facilmente la realtà che lo circonda.

In quest’opera, il pittore recupera a pieno i canoni della ritrattistica spagnola. Se nei dipinti precedenti abbiamo notato la sua preferenza nel realizzare uno sfondo neutro per dar risalto ai protagonisti, in questo ritratto lo sfondo è d’obbligo: si doveva dar spazio ai domini geografici della duchessa che all’età di soli 33 anni era già vedova e godeva di un prestigio sociale d’alto lignaggio. Lo sfondo del ritratto ha un valore fotografico e fortemente evocativo, infatti non è difficile per i nostri sensi percepire l’aridità e la calura che domina il paesaggio così sapientemente realizzato dal nostro Goya.

Particolare del volto

La duchessa d’Alba è stata una donna intrigante, dalla personalità molto forte e carismatica, che la donna ha dovuto affinare e coltivare dal momento che nel regno di Spagna ricopriva una carica più importante di quella della regina stessa. Non a caso sono state scelte questa posa ed espressione per il suo ritratto, per trasmettere senza possibilità di fraintendimento il suo valore e forza.

Baudelaire arriverà addirittura ad ipotizzare che fra la duchessa e Goya ci sia stata una relazione sessuale. Possibilità decisamente remota a causa dell’enorme diversità di rango fra i due, all’epoca queste differenze erano molto considerate e avevano un valore che oggi facciamo fatica a comprendere. Più che altro si è trattato di un rapporto di profonda stima reciproca e non si può escludere che Goya fosse invaghito della donna, dal momento che l’ha rappresentata molto spesso nei suoi album. Se vogliamo dar credito a Baudelaire, possiamo però tranquillamente supporre che da parte di Goya ci fosse un’infatuazione o innamoramento, tristemente non corrisposto dalla duchessa.

Il volto della duchessa trasmette perfettamente la personalità della donna. Possiamo vedere tutta la sua intelligenza, il suo essere volitiva ed enigmatica; senza modificare la realtà, Goya dà ancora una volta prova del suo forte e in alcuni casi (non in questo però) realismo.

La duchessa non è la protagonista incontrastata di questo quadro, ai suoi piedi possiamo trovare il suo amato cagnolino; è difficile non sentire ancora una volta l’eco della pittura di Velázquez che spesso inseriva nelle sue opere cagnolini da compagnia, reali o simbolici.

Particolare del cagnolino e della firma del pittore

Nelle Arti, e più in generale nella tradizione comune, il cane è simbolo di fedeltà. In questo ritratto, per la posizione e per una scelta ben precisa del pittore, può avere una doppia interpretazione. Potrebbe essere presente in qualità di simbolo, non tanto legato alla duchessa e ad un’ipotetica fedeltà coniugale (si sa che non era una caratteristica della donna in questione e per galanteria è meglio non investigare troppo) ma è più probabilmente da riferirsi a Goya stesso, che ha deciso di apporre la sua firma proprio sopra l’animale. Sembra quasi che il pittore abbia voluto esprimere la sua fedeltà nei confronti di questa donna, che l’ha così tanto stregato e ammaliato.


Articolo tratto dalla serie pubblicata su Latelier 91 il 3 aprile 2020 (https://latelier91.wordpress.com/2020/04/03/goya-capitolo-5-i-ritratti/)

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