Così ricorda il Conte von Saltza il fidanzamento e le nozze dei suoi genitori, entrambi appartenenti alla piccola nobiltà di campagna:
Un anno, quando ormai il Natale era alle porte, Stina Uggla [la madre dell’autore, nata Lilljeström ed orfana di entrambi i genitori, viveva nella casa di questa cognata e l’aveva accompagnata in questo viaggio], incurante dell’inverno, della neve e del tempo inclemente, decise di recarsi dalla zia di mio padre, la nobildonna Kruse di Vartofta [regione del Västergötland], la cui figlia era una delle più intime amiche di donna Stina. Con grande fatica le due donne raggiunsero Jönköping e si fermarono da mio nonno, che ne era governatore.
Sua moglie era la suocera della nobildonna Kruse di Vartofta. Per caso, mio padre si trovava lì, a far visita ai suoi genitori, e fu allora che vide per la prima volta mia madre. Le due ospiti si fermarono otto giorni, durante i quali mio padre fece compagnia alla graziosa signorina, veramente leggiadra, così bella che, secondo quel che raccontavano gli anziani, quando si recò alla chiesa di Jakob accompagnata dalla sua prozia gli ufficiali fecero ala ai lati dell’ingresso come per una parata, per poterla vedere. Mio padre accompagnò le due dame forestiere a Vartofta, dove si fermarono un mese intero. Mio padre, che era il vicino più prossimo, fece loro visite quasi quotidiane. Invitò sua zia e le due gentili ospiti a una cena superba, nell’appena restaurata Åsakatorp [la residenza comprata a credito dal padre dell’autore]. Rivelò di essersi innamorato della bella giovane a sua zia, che in generale approvava. Confidò questo segreto a donna Stina Uggla, che era incantata all’idea di imparentarsi con quel raffinatissimo cortigiano. C’era tuttavia un ostacolo, che si chiamava penuria di denaro, poiché entrambi i miei genitori erano poveri.
…omissis…
Mia madre aveva però da poco ricevuto una piccola eredità dal nonno paterno, e Stina Uggla, che non aveva figli, promise di nominare la cognata sua erede, e anzi di intestarle subito alcuni possedimenti terrieri.
Quando mio padre seppe di tali disposizioni, chiese in sposa mia madre. Secondo le convenienze in uso per le signore, era necessario un tempo di riflessione. Il viaggio continuò verso Spellinge, e lungo il percorso mio padre fece visita al nonno a Jönköping. I nonni accolsero come un grande onore la lieta notizia del fidanzamento del figlio, si stabilì che in maggio mio padre si sarebbe recato a Spellinge per terminare le trattative per il matrimonio.
….omissis…

Mia madre e Christina Uggla erano ora tornate a casa dal loro viaggio nel Västergötland; alla fine di maggio di quello stesso anno mio padre giunse a Spellinge per ricevere la risposta definitiva riguardo alle nozze. Donna Stina Uggla promise che avrebbe scritto il testamento, nel quale nominava sua erede universale la cognata, la signorina Lilljeström, se avesse acconsentito a sposare il barone von Saltza. Il giorno del loro fidanzamento ufficiale, 1 luglio 1763, intestò loro con entusiasmo i pascoli di Sjöberg con l’inventario dei beni annessi, oltre al testamento in cui lasciava loro tutto ciò che, dei suoi beni, fosse rimasto al momento della sua morte. Scritto, letto e firmato dal presidente, barone Cederhjelm.
Il matrimonio si celebrò il 10 agosto dello stesso anno. Mio padre aveva avuto in dono da suo padre un’antica carrozza chiusa, che era stata di un’antenata. Era ricoperta di velluto giallo e abbastanza ben tenuta, ma lunga almeno il doppio di una normale carrozza, e così bassa che il predellino quasi toccava il suolo. Un artigiano del posto ridipinse di nero il tettuccio, ingrassò tutte le cinghie, lustrò il sottoscocca. Ed ecco che l’elegante carrozza, in tutto il suo splendore, era ora pronta ad accogliere la bella promessa sposa. Dal cacciatore di Belsholmen si acquistò un morso le cui vecchie briglie furono ingrassate. Erano di cuoio russo, con ricche guarnizioni dorate, i finimenti sulla fronte del cavallo erano ornati da ciuffi di strisce di pelle di maiale rosse e bianche, e una rosa bianca e rossa ornava la testa del cavallo da entrambi i lati. Per tanto sfarzo occorrevano molti quattrini, e mio padre, che ormai si considerava benestante, non volle risparmiare su nulla. Inviò il fido Salström ad acquistare vesti, per sé acquistò un abito di stoffa blu chiaro e diversi grandi bottoni con una perfetta doratura, per il vetturino una divisa di velluto rosso con gigli bianchi [gigli bianchi in campo rosso erano nello stemma di famiglia]. Salström, che era sia ciambellano, sia ispettore, ebbe un abito blu. Così sfarzosamente agghindato, mio padre si recò a Spellinge, e il giorno di San Lorenzo, 10 agosto 1763, si presentò come promesso sposo. La signorina Hedvig Kruse fu testimone del matrimonio; il giorno seguente, mia madre credette dinotare una certa freddezza da parte di sua cognata, e una maggior confidenza da parte della signorina Kruse.
….omissis…
Mio padre organizzò un ricevimento per inaugurare l’abitazione, che aveva da poco finito di restaurare, e invitò sua zia, oltre ad altri parenti e conoscenti. Complimenti e rallegramenti non furono risparmiati, poi si brindò dalla grande coppa di cristallo allo spirito protettore della casa, che portasse buona fortuna.
Il giorno seguente a questo ricevimento arrivò posta, e chi potrebbe descrivere la delusione di mio padre, quando aprì la lettera della cognata, donna Stina Uggla, nella quale si ritrattava il testamento, che lei stessa aveva consegnato ai miei genitori il giorno del fidanzamento. Ora voleva disporre altrimenti dei suoi beni, che erano di suo esclusivo possesso poiché derivanti da un lascito di sua madre, pertanto poteva lasciarli a chi voleva. Era già andata dal giudice per ritrattare, così da impedire a mio padre di procedere per vie legali. In seguito avrebbe lasciato i suoi beni alla signorina Hedvig Kruse, che aveva come eredi il generale Kruse, la nobildonna Lilljecreutz e i suoi figli. I figli che sarebbero nati dai miei genitori erano ora dei mendicanti, e dunque l’ingiustizia di quel testamento negato sarebbe ricaduta sui beneficiari di tali beni immeritati.
La collera dilagò nell’animo di mio padre, e la tristezza abbatté quello di mia madre, entrambi dovevano ora sopportare la povertà e la derisione.
I due sposi si rimboccarono le maniche e, con l’aiuto di pochi ma fedelissimi servitori e di parenti più affidabili e generosi della signorina Stina Uggla, riuscirono con il tempo a rimettere in sesto le finanze della famiglia e a riacquistare il benessere che competeva al loro rango sociale.
Fonte: von Saltza Edvard Fredrik. Familje anekdoter och minnen från barndomen. Bokförlaget Rediviva, a collection of facsimile reprints of Swedish books. Stockholm 1987.