Da un rapporto scritto da un collaboratore di Fersen (tale Devaux, forse un militare)
Martedì 21 – La notizia della partenza del re dilagò in tuta la città fra le 8 e le 9, si suonarono le campane a stormo, ci furono spari di cannoni, furono suonate le trombe, si gridava: “Aux armes citoyens”! Corsi in Piazza del Conte, avevano catturato il signor d’Aumont, si gridava che lo si doveva appendere alla lanterna. Fu malmenato, e si dice che sia stato ferito gravemente, ne verrà fuori a fatica. Il signor de Lafayette si presentò con quella sua lunga faccia caprina: era bianco come questo foglio di carta. Poiché aveva assicurato che avrebbe risposto id persona per il re, gli fu subito chiesto cosa ne avesse fatto, e si gridò: “Anche lui alla lanterna!” la municipalità aveva fatto tanto clamore con queste due storie, che fino alle 11 si dimenticò la cosa più importante: solo allora si spedirono corrieri in tutte le direzioni. Un tale divulgò la notizia che il re era stato preso a Meaux. Feci di tutto per dirigere l’attenzione su questa notizia, che sarebbe bastata a calmare la folla; altrimenti ci si poteva aspettare che esplodesse da un momento all’altro. Nel Palazzo Reale la calma era completa, lì per lo più erano entrati i monarchici, neppure il minimo accenno a una rivolta. Il ritornello era sempre lo stesso: nel nome del cielo, com’è potuto accadere tutto ciò? Tutti erano impegnati a calcolare a che distanza il re poteva trovarsi ora, ma poi si finiva sempre lì: nel nome del cielo, com’è potuto accadere tutto ciò? …omissis…
Mercoledì 22 – Questa giornata è passata in un’alternanza di paura e speranza. …omissis… Alle 10 di sera un corriere ha comunicato che il re è stato arrestato a Stenay. Che nottata ci aspetta! Il popolo, che finora era rimasto tranquillo, si ritiene autorizzato al più incontrollabile fermento. Sono stato in piedi due giorni ed una notte. Cercherò di riposare qualche ora. È l’una del mattino, e la notizia non è ancora confermata.
[Le osservazioni dei giorni 23 e 24 giugno riportano l’insicurezza derivante da notizie contrastanti e dall’incertezza sul ritorno a Parigi della famiglia reale, dalla quale dipendeva o un governo temporaneo o una nuova reggenza o forma di governo stabile ed alternativa. Lo scrivente si dice incerto sul recapito della missiva, poiché da alcuni giorni a Parigi si aggirava un tale che, con le medesime generalità di Fersen, assicurava di essere stato l’artefice della fuga].
Sabato 25 – Il re dovrebbe arrivare questa sera. Si fanno solo progetti di insurrezione, ieri in tutti i teatri si recitava la tragedia Brutus, si inneggia a gran voce alla repubblica, si butta fumo negli occhi precisando che bisognerebbe riformare la monarchia, ma farla finita con il potere reale. La mia penna non può scrivere tutte le orrende offese che si dicono a proposito della persona del re e di quella della regina. La polizia arresta di continuo gente a Palais-Royal. La libertà regnante è una terribile tirannide.
Quasi tutta Parigi è fuori per incontrare il re. Quelli armati di picche e di falci mi rendono molto inquieto per la sua sorte. Ah, se lo avessimo ancora al sicuro alle Tuileries!
Alla fine, è arrivato, alle sette di sera. Era scortato da 30.000 soldati. Non avrei mai potuto sopportare di essere un testimone oculare, si dice comunque che nessuno è stato oltraggiato, tranne tre persone. Si racconta che, quando entrò alle Tuileries si fece un silenzio assoluto. Nessuno si tolse il cappello o imbracciò le armi. Almeno adesso la famiglia reale è di nuovo nel castello, il mio cuore può calmarsi un po’.

Il racconto di un giacobino: dalle lettere del libraio parigino Nicolas Ruault al fratello, parroco in Normandia.
Parigi, 22 giugno 1791
Il trono è vacante da ieri mattino. Il re è partito con suo fratello, sua moglie, sua sorella e i suoi bambini. Non si sa ancora che strada abbiano preso, ma non è a Est né a Ovest; piuttosto si sarebbero diretti verso Nord; è là che sono attesi. …omissis… Ieri, il 21 alle 5 del mattino tutta Parigi ha saputo della fuga del re. Nessuno si è stupito: se n’era tanto parlato, si era detto tante volte che egli se ne sarebbe scappato, non appena se ne fosse presentata l’occasione, che quanto è successo è sembrata cosa scontata. Alle 11 una folla immensa si raduna alle Tuileries e invade gli appartamenti, che erano completamente aperti. Non avevano nascosto la chiave sotto la porta. Più di centomila persone (nel numero c’ero anch’io) li hanno attraversati fino alle due, quando sono venuti a mettere i sigilli; allora tutti si sono ritirati tranquillamente, per lasciare che gli ufficiali di giustizia facessero il loro lavoro. Di tutto l’arredo del palazzo, è scomparso solo il ritratto del re, che è stato fatto a pezzi. Ho visto su un tavolo numerosi fogli degli “Actes des Apôtres”, giornale o foglio controrivoluzionario di un tale chiamato Peltier, figlio di un banchiere di Nantes che ho conosciuto tempo fa. …omissis… La sera,si dicevano con l’aria più tranquilla e rassicurante del mondo le ingiurie più infamanti contro il re e la monarchia. Immaginate ciò che si può dire di più avvilente, sarete ancora in alto. Addio, vi dirò di più fra due o tre giorni.
Parigi, 27 giugno 1791
La città di Parigi si è mostrata fiera e superba al momento della fuga del re, durante la sua assenza e il giorno in cui è stato riportato tra le mura di questa capitale. La sera del giorno seguente la fuga, si venne a sapere del suo arresto a Varennes, vicino a Clermont nelle Argonne. Bernave, Pétion e Latour Maubourg erano stati mandati là per riportarlo a Parigi. È arrivato dalla parte dei Champs Elysées, in mezzo ad una folla immensa di gente del popolo venuta da tutte le parti per vederlo passare: passò, in effetti, come un prigioniero condotto in una roccaforte. Tutti avevano il cappello in testa, e la guardia schierata ai due lati fino alle Tuileries teneva i fucili al piede, il calcio appoggiato al selciato. Erano le sette di sera, il 24 di questo mese. Barnave teneva il giovane Delfino sulle ginocchia; la regina aveva in testa un cappello nero con una veletta che impediva di vederla. La vettura sembrava una casa, davanti c’erano tre prigionieri, tre guardie del corpo che avevano fatto da corrieri e da postiglioni durante la fuga (furono condotti alla prigione dell’Abbaye). Questa vettura entrò nel giardino dal ponte girevole, che fu aperto solo per il passaggio delle truppe. Li ho visti scendere ai piedi del peristilio: la regina si sentiva male, fu necessario portarla su nelle sue stanze. Il re uscì dalla vettura con la schiena curva, la testa affondata nelle spalle; cercava di sfuggire a tutti gli sguardi. Sulla carrozza, grande e pesante, erano caricati, davanti e dietro 15 o 20 granatieri nazionali. Questa entrata vergognosa, dall’Étoile al Castello ha impiegato più di un’ora. Il corteo, formato da più di mille uomini sia a piedi, sia a cavallo e cannoni, che precedevano, ai fianchi e dietro la vettura, procedeva lentamente e faceva pause forzate per la moltitudine degli spettatori che gridavano: “Viva la legge [gioco di parole:loi, legge, invece che roi, re], viva la Nazione, e nient’altro. …omissis…