Gustav IV Adolf, Carl XIII e il consigliere Gustav Adolf Reuterholms
L’assassinio di Gustav III scosse profondamente la vitalità dello stato svedese. Dopo un lungo peregrinare fra le corti europee, della Germania, dell’Austria-Ungheria, dei Paesi Bassi, e con un quasi stabile punto di osservazione a Bruxelles, sempre al centro di un lavorio diplomatico e nel bel mezzo delle guerre seguite alla rivoluzione francese a al sorgere dell’astro napoleonico, il conte Hans Axel von Fersen ritornò in Svezia, nell’ottobre 1794. Suo padre era morto pochi mesi prima, in aprile, il conte Fersen è informato ed amareggiato della sorte politica del suo paese, che si aggiunge al suo lutto personale. Nel suo diario racconta il suo rientro in famiglia e poi a Corte.
25 ottobre 1794, giovedì. Tempo grigio, freddo. Sono partito da Mjölby e sono arrivato a Löfstad [una delle residenze della famiglia Fersen] alle 12.30. Ero molto felice di rivedere i luoghi della mia infanzia e di incontrare mia madre, mia sorella e Taube, mi accolsero tutti e tre con le lacrime agli occhi. Mia madre mi è apparsa invecchiata, ha i capelli completamente bianchi, mia sorella è un po’ ingrassata, ma è ancora bella, Taube non è cambiato, e la figlia di Hedda [la sorella maggiore, morta a Pisa probabilmente di tubercolosi due anni prima] si è fatta grande, ha una pelle luminosa e stupenda. …omissis… A casa, mi sentivo felice e a mio agio, eppure non ho smesso neppure per un attimo di sentire la mancanza di non avere con me Eleonora [un’amante che aveva rivestito un ruolo importante nella vita del Conte fin dal 1790, e che agli aveva pensato di sposare]. Il carattere di mia madre è completamente cambiato: ora era premurosa ed affabile con tutti, molto diffidente e cauta invece nei confronti della Corte. Mi esortò, insistendo molto, di procurarmi anch’io una posizione a Corte, un atteggiamento che sarebbe stato impensabile in lei in passato. Si lamentò molto di mio fratello, dello scarso riguardo ed attenzione che ebbe nei confronti del mio defunto padre, che ha molto trascurato. L’ambito della Corte, dove è molto ben inserito e benvoluto (Fabian Fersen era amante della giovane moglie del reggente Carl, fratello del defunto re Gustav III) è diventata la sua sola cura, e non ha pensieri per nient’altro. Ho cercato di difendere mio fratello dicendo che era colpa della giovane età che lo rendeva irresponsabile, inoltre era anche possibile che fosse obbligato a non allontanarsi dal reggimento che doveva amministrare, ma mia madre non volle sentire storie. Asserì che da parte sua non gli aveva mai detto nulla a tale proposito, e nemmeno aveva intenzione di affrontare l’argomento in futuro, ma era comunque per lei una grave pena, e il comportamento di mio fratello era stato fonte di preoccupazione anche per mio padre, che, così sostenne, sarebbe morto più tranquillo se solo avesse potuto rivedermi. Mi parlava con il cuore in mano, e piangeva copiosamente.
…omissis…

30 ottobre 1794, giovedì. Tempo bello. Sono partito alle 9 con mio fratello e siamo arrivati a Drottningholm [una residenza reale] alle 9 e mezza, andammo direttamente dal reggente. Attese fino alle 10 prima di farsi vedere. Mi accolse con estrema freddezza e non mi rivolse una sola parola in tutta la serata. Era presente anche Nolcken [ministro svedese], che invece fu molto amichevole con me. Il giovane re [Gustav Adolf], che incontrai all’ora di colazione, sempre alle 11, fu gentile con me, cosa abbastanza singolare, tenuto conto di tutto ciò che mi è stato detto sulla sua freddezza e riservatezza. Per ben tre volte, ribadì che era davvero felice di vedermi, poi però non mi rivolse più la parola per tutto il tempo della visita. La principessa e il principe Fredrik [i fratelli più giovani di Gustav III e del reggente Carl] furono molto cordiali con me. “La petite” si comportò molto correttamente, si dimostrava interessata, mi venne incontro gioiosa, tuttavia non ci sarà mai più nulla fra di noi [qui il conte si riferisce a Hedvig Elisabeth Charlotta, moglie del principe Carl e al momento dell’incontro amante ufficiale di Fabian Fersen. C’era stata anche una relazione di breve durata con Axel]. Tutti i miei principali conoscenti mi accolsero estremamente bene, e soprattutto mi dimostrarono un riguardo che mi lusingò molto, e che del resto è tutto ciò che desidero da parte loro. Tutti apprezzarono la mia divisa da ussaro, che oltretutto ha un taglio migliore di quelle che si confezionano qui [Axel Fersen era stato lieto di essere stato invitato alla visita ufficiale a Corte con indosso la sua divisa, segno che il suo grado militare gli veniva confermato]. Pranzai e cenai a Drottningholm, ma mi tenni per tutto il tempo a distanza dai reali, trascorsi invece la serata in compagnia di alcune dame, Hedvig Ekeblad, la signora Brahe e la signorina Strokirch. Eravamo in quello stesso salone dove tanto spesso avevo osservato il defunto re, impegnato a scrivere o a disegnare. Il ricordo mi fu penoso. Non c’era più nulla di quanto c’era stato, tutto mi appariva diverso: i volti, il modo di comportarsi; non avrei potuto sentirmi più estraneo di così se mi fossi trovato a Madrid.
Di fatto, l’impressione di estraneità provata dal conte Axel Fersen rifletteva un profondo mutamento della società e della Corte di Svezia rispetto all’epoca di re Gustav III. Si trattava ora di un paese economicamente sull’orlo della bancarotta, politicamente isolato e nelle mani di un reggente incapace, anziano e da sempre invidioso della dignità regale che il destino aveva riservato al brillante fratello Gustav. Il potere era nelle mani del consigliere Reuterholm, uomo privo di scrupoli, che aveva imbrigliato il paese in una rete di intrighi e calunnie. Armfeldt, il nobile finno-svedese che Gustav III in punto di morte aveva designato come tutore per il figlio minorenne, era stato allontanato come ministro a Napoli, poi accusato di cospirazione, accusa in cui era stato trascinato, con altri, anche Axel Fersen, per aver tenuto una corrispondenza con Armfeldt, in realtà perché si intendeva sbarazzarsi di tutti i fedeli al re defunto.
Il giovane re, appena divenuto maggiorenne e incoronato, si era liberato di coloro che gli avevano avvelenato gli anni del lutto paterno e dell’adolescenza, cercando in tutti i modi di farlo decadere dal diritto di successione. Reuterholm fu espulso dalla Svezia e lo zio ex reggente allontanato dalle decisioni di stato. Alcuni dei fedeli servitori del defunto padre, fra i quali anche Axel Fersen, furono invece richiamati in servizio, anche con incarichi prestigiosi. Ma il tempo dei “Gustaviani” era definitivamente concluso: la Svezia dovette impegnarsi su più fronti per difendersi dalle aggressioni napoleoniche, danesi e norvegesi. Il colpo finale fu quello inferto dalla Russia, che nel 1808 aggredì il territorio finlandese, conquistandolo nel 1809 e determinandone il definitivo distacco dalla Svezia. Fu una guerra disastrosa e umiliante. Al termine della quale un colpo di stato militare detronizzò e costrinse all’esilio Gustav IV Adolf. Il figlio del re che aveva restaurato con un colpo di stato militare il potere monarchico assoluto, quasi trent’anni più tardi era deposto da un colpo di stato capeggiato da militari.
Il nuovo reggente, Carl XIII, finalmente seduto sul trono, era un uomo anziano e senza eredi, in Svezia la successione per il figlio maggiore del re esiliato era preclusa dal volere dei più. La chiamata al trono di un principe danese, Kristian August, divenuto Karl August dopo la necessaria adozione, si rivelò fatale per il Conte Axel Fersen che, pur fedele alla dinastia uscente, non si era mai implicato in quegli intrighi. Egli era nel frattempo divenuto gran maresciallo del regno, cioè capo della nobiltà: carica secondaria solo a quella del re, e alla quale egli si dedicava con lo zelo implicito nel suo carattere, ma senza entusiasmo.