Per completare il discorso sulle macchine semplici, facciamo un giretto in un porticciolo: ci sono parecchie strane attrezzature.
La prima di cui discutiamo è il verricello: include due ruote solidali di diametri diversi. La ruota più grande ha raggio b; la barra ha raggio a.
Sulla barra è avvolta una corda, a cui è attaccato un peso R; sulla ruota, il peso R viene sollevato applicando la forza P. Domanda: che relazione c’è tra P ed R?
La risposta è che si può assimilare il verricello ad una leva di secondo genere: l’asse della barra è il fulcro; R è la resistenza; P è la potenza. La relazione è:
P ∙ b = R ∙ a
Quindi: P = R ∙ a/b
Poiché a < b, ne deriva che P < R.

In italiano viene fatta distinzione fra verricello ed argano, in base al suo utilizzo. Viene chiamata verricello la macchina che “tira” e che quindi lavora sull’asse orizzontale; viene chiamata argano la macchina che “solleva” e lavora quindi sull’asse verticale. Quindi, la figura si riferisce ad un argano; il principio di funzionamento però è lo stesso.
La seconda attrezzatura che osserviamo è una puleggia: tutte le funi delle barche a vela terminano con pulegge. Quale è il loro scopo? Come funzionano?

Innanzi tutto, la puleggia è una ruota scanalata, con un perno centrale su cui può ruotare; idealmente, senza attrito. Nella scanalatura è appoggiata una fune: supponiamo anche che sia perfettamente flessibile. In questa situazione, una forza applicata alla fune può cambiare direzione: e questo è lo scopo della macchina. Come si vede in figura, il peso di 100 N è in equilibrio con la forza sulla fune, pure di 100 N.
Nella figura, il perno della puleggia è trattenuto da un supporto avvitato al soffitto. Domanda: a quale forza è sottoposto il supporto?
Risposta, immediata: è sufficiente sommare le forze usando la regola dal parallelogramma! Ad esempio, se si tira la fune verso il basso, quindi parallelamente alla resistenza, sul supporto si scarica una forza che è due volte la resistenza stessa: nel nostro esempio, sarebbero 200 N. Ecco una cosa da considerare quando si fissa il supporto!

Beh, la carrucola mi dà il vantaggio di cambiare la direzione della forza, ma non il suo valore. Però, sulle barche si vedono carrucole multiple: qual è il loro scopo?
L’idea furba è quella di appendere la resistenza al perno di una carrucola. Se abbiniamo a questa una seconda carrucola, collegata al supporto, possiamo ridurre lo sforzo.
Guardiamo la figura: la fune è collegata al supporto, mentre la resistenza R è collegata al perno della carrucola inferiore; dopo ciò, si avvolge la fune su una carrucola superiore. Domanda: quanto vale la forza P rispetto alla resistenza R?
Allora, ragioniamo: la carrucola fissa ha solo il compito di cambiare la direzione della forza, ma non il suo valore. La carrucola mobile, invece, scarica la resistenza R su due funi; quindi, la forza su ogni tratto di fune è dimezzata! In totale, P = R / 2
E gli ancoraggi, che forze devono supportare? L’ancoraggio della corda è sottoposto a P; il supporto della carrucola fissa, invece, è sottoposto alla risultante; diciamo 2P = R.

Poiché l’idea è furba, impiegando delle altre carrucole si può ridurre ulteriormente la forza P? Certamente: ed eccovi il paranco.
Osserviamo il disegno: nel paranco semplice la fune fa, in totale, tre passaggi: la resistenza R viene divisa per tre.
Nel paranco doppio ci sono, in totale, quattro passaggi: quindi, R è divisa per quattro. Si può continuare? Certo!

Infine, sia sulle barche che a terra, si trovano dei robusti supporti a cui si ancorano le barche: le bitte. Nella fotografia, si vede un tipo di bitta: la fune è avvolta alcune volte attorno alle due sporgenze, e trattiene una barca che può tirarla con una forza di diversi quintali. Se osservate bene, una estremità della fune è sciolta, a terra: com’è possibile che la corda resti al suo posto?
Ebbene, in questo caso si sfrutta l’attrito contro la bitta stessa. La fune, avvolta, preme sulla bitta; la sua pressione crea dell’attrito. Se supponiamo che la fune sia divisa in pezzetti, dopo il primo pezzetto la forza traente sarà decrementata dell’attrito su quel pezzetto. Man mano che i pezzetti aumentano di numero, aumenta anche l’attrito, e cala la forza residua; la formula finale è una funzione esponenziale, che cresce rapidamente in funzione dell’angolo totale di avvolgimento. Nella foto, ci sono 5 + 5 passaggi: ecco perché all’estremità libera non c’è più una forza traente.