Parrà irriverente a qualche lettore, ma devo dire che il primo ricordo che conservo del luogo delle Beatitudini, situato appena sopra il lago in un punto panoramico a circa 60 metri sotto il livello del mare (che, ricordo, a sua volta si trova a meno 210 metri sotto il livello del mare), non ha a che vedere con l’elevazione dello Spirito.
È, invece, quando, dal chiosco caffetteria che si trova all’ingresso, ho potuto con sorpresa gustare, per la prima volta da quelle parti di mondo, un caffè espresso che somigliava finalmente a quello italiano! La seconda sorpresa, anni dopo, fu quella di assaggiare, acquistata sempre presso quel chiosco, l’uva senza semi! Alla fine degli anni ’90 era un prodotto solo locale; gli acini erano stranamente ovali, croccanti e molto dolci. Mai visti prima.

Per il resto la posizione è suggestiva, con una vista che si perde all’orizzonte sul mar di Galilea e un giardino davvero ben curato. Negli ultimi anni è stato ulteriormente arricchito di piante e fiori, grazie al lavoro delle suore francescane che hanno la gestione del sito.
Nel suo diario, la pellegrina Egeria in visita sul lago nel 381 d.C. scrive
Vicino a una montagna si trova la grotta a cui il Salvatore si arrampicò e pronunciò le Beatitudini.
L’attuale chiesa neobizantina si trova vicino alle rovine di una piccola cappella risalente alla fine del IV secolo, che contiene una cisterna scavata nella roccia e resti di un piccolo monastero. La si può incontrare andando a piedi attraverso il sentiero che da Tabga sale alle Beatitudini.

IV sec. d.C.
Proseguendo verso nord sulla statale 90, che attraversa per intero il territorio dello stato di Israele da nord a sud, vale a dire da Metulla, a ridosso del confine libanese, fino a Eilat, l’estrema punta meridionale dello Stato sul mar Rosso, si incontra, appena dopo il sito delle Beatitudini, l’antico villaggio di Korazim. Si tratta di uno di quelli che Gesù maledisse perché, nonostante i miracoli lì compiuti, non aveva fatto penitenza [Mt 11, 20 – 24]. Si tratta di un sito archeologico, simile a quello di Cafarnao e un po’ meglio conservato. Rende un po’ meglio l’idea della vita nei villaggi ebraici del periodo bizantino. Nella spianata accanto a Korazim, nel marzo del 2000 papa Giovanni Paolo II celebrò messa durante la Giornata Mondiale della Gioventù che quell’anno si tenne in Israele. Più significativo è, invece e sempre secondo me, quello di Hazor, che si raggiunge proseguendo sulla 90 verso nord. Prima di visitarlo le aspettative erano grandiose: è un sito riconosciuto dall’Unesco come patrimonio dell’umanità, contenente le rovine di un’antica città cananaica, divenuta poi israelita, dove sono stati ritrovati i più preziosi reperti archeologici in territorio israeliano. Di quell’antica città ne parla la Bibbia e vi sono descrizioni e riferimenti anche in testi extrabiblici egizi del XIV sec. a.C., quando tutta Canaan era territorio vassallo dell’Egitto.

E tuttavia la visita, almeno “a caldo”, fu per me una delusione. La superficie del sito era davvero minuscola e anche se in origine dovesse essere stata più estesa, non avrebbe superato le dimensioni di tre o quattro campi di calcio. I resti dell’abitato sono riconoscibili solo grazie alle descrizioni e alle ricostruzioni grafiche poste accanto a ciascuno di essi, che aiutavano a comprendere il senso di quel poco che l’occhio poteva ancora vedere. Il “palazzo del re” era poi grande sì e no 100 mq., cioè quanto un appartamento medio nostrano. Infine, i reperti più significativi erano stati trasferiti al Museo di Israele di Gerusalemme. Solo parlando con il custode che si prodigò in spiegazioni e soprattutto dopo aver visto i reperti conservati al Museo di Gerusalemme, capii il significato di quel sito. Dava, più di ogni altro sito da me visto, la corretta, reale dimensione del modo di vivere, del sistema sociale e quindi del vero senso cui si doveva assegnare alle descrizioni, bibliche e non, al riguardo di quel mondo antico che Hazor ben rappresentava e ben sintetizzava. Hazor è stato per me una sorta di “chiave di lettura” di modello interpretativo che mi avrebbe aiutato a capire meglio, a “leggere”, decifrare, dare il giusto peso a quanto avevo letto e visto fino a quel momento e a quanto avrei letto e visto in seguito.
Proseguendo ancora verso nord, per raggiungere la città di Safed, si attraversa un’ampia valle, oggi nota come valle di Hule. Era stata un piccolo lago e ora è, per la maggior parte dell’anno, asciutta e coltivata. Per una sua parte è divenuta una riserva naturale che in autunno e primavera si popola di una enorme quantità di uccelli migratori in transito dalle fredde aree dell’Europa verso l’Africa. Due volte all’anno, centinaia di migliaia di gru e molte altre specie di uccelli, come pellicani e cicogne, si fermano in quella valle paludosa a riposare. Per evitare che al loro passaggio distruggano i campi coltivati, il governo israeliano finanzia un programma per nutrirli, distribuendo mais, mangime e pesce per circa mezzo miliardo di uccelli.

La valle di Hule, oltre agli uccelli in transito, per cui è una sorta di paradiso per gli amanti del bird watching, ospita decine di migliaia di diverse specie rare di animali e vegetali; nella riserva si trovano il papiro selvatico, i pellicani, le aquile pescatrici, le lontre, i gatti selvatici e i cinghiali.
Continua…