Eleonore

Se il conte Hans Axel von Fersen era stato amante della regina Marie Antoinette, non ci è dato sapere con certezza dai suoi diari, andati distrutti per quanto riguarda gli anni della loro amicizia, e l’esame delle lettere è reso complicato dalla prudenza usata in questi casi, anche se molto fa pensare che un legame d‘amore, non solo amicizia, ci sia stato.

Ben altra concretezza ha invece la relazione fra Fersen e Eleonora Sullivan, nata Franchi, un’ex attrice di teatro ambulante, figlia di un sarto pisano, che aveva saputo mettere a frutto l’attrazione che esercitava sugli uomini. La sua biografia è riportata nella fonte, a cui rimando per i particolari (Biografia di Eleonor Sullivan). All’epoca in cui frequentò Fersen, Eleonore portava già il nome dell’irlandese di cui era vedova, Sullivan, e conviveva con Quentin Crawford, un ricco ed ambizioso scozzese, non però nobile, incontrato in India. Il conte Fersen se ne era innamorato e non aveva esitato ad interrompere la sua visita alla famiglia in Svezia per andare da lei, che in quel periodo soggiornava a Francoforte, deciso a farla diventare sua moglie. Ecco la relazione del loro primo incontro, dopo quasi un anno di separazione, avvenuto ad Hanau nel 1795. In Germania, attorno a loro, infuriava la guerra fra i Francesi rivoluzionari e tutto il resto dell’Europa, ma i due non sembrano accorgersene.

“4 agosto, martedì. Tempo bello e molto caldo. Non sono uscito per l’intera giornata, ho pranzato altrettanto male quanto ieri. L’attesa era snervante, in particolare per la grande incertezza. Alle 8 sono uscito a prendere una boccata d’aria fresca, sono tornato alle 9. Poco dopo ho ricevuto un biglietto in cui mi si diceva di andare immediatamente, che lei mi aspettava alle 9 nel posto designato per l’incontro. A quel punto erano già le 9 e mezza, ho avuto appena il tempo di cambiare la camicia, poi mi sono precipitato a tutta velocità, sarebbe occorsa una buona mezz’ora. Ero partito di corsa, in maniche di camicia, non avevo il tempo di infilarmi il soprabito e tenevo in mano sciarpa e cappello. Le trovai tutte e tre [Eleonore, sua figlia e la cameriera] sotto l’albero di sorbo, mi si riempì il cuore di gioia. Avevano convinto “lui” [Crawford] ad assentarsi per un giorno. Entrammo in casa, dove mi fu offerto tè e gelato, oltre ad una delle “sue” camicie, perché la mia era completamente bagnata. Quella [nome della figlia] era particolarmente gentile con me. Ansiose che non riuscissi ad arrivare in tempo, avevano messo a parte del segreto anche Charlot [un cameriere] e l’avevano mandato a cercarmi, ma io non l’avevo affatto incontrato. Era stato necessario mettere al corrente anche Pierre, e così ben presto tutta la casa sapeva tutto di quella faccenda.


5 agosto, mercoledì. Molto bello e caldo. Alle 7 del mattino ho lasciato Eleonore, perché Il Vecchio [Simolin, un ex ambasciatore russo che condivideva l’abitazione di Crawford] e “lui” dovevano ritornare in giornata. Quell’incontro era stato una deliziosa avventura, specialmente per il fatto che avevo preso in prestito una delle “sue” camicie, il che aveva dato un tono piccantino al nostro incontro. Una volta giunto nel mio alloggio mi gettai sul letto, ne avevo proprio bisogno.”

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