Il Golan – Vite sospese

Riprendendo la statale 99 verso est si passa accanto alla fortezza di Nimrod, costruita dagli arabi a baluardo di Damasco e ristrutturata dai crociati, riconquistata dagli arabi e, più tardi trasformata in prigione dai Mamelucchi. Arroccata sulle pendici dell’Hermon, solo superandola si riesce infine a vedere la cima di quel monte, citato anche nella Bibbia[1]. L’aspetto esteriore della fortezza, molto deteriorato, non incoraggia la visita; tuttavia, all’interno alcune sale e passaggi coperti sono rimasti quasi intatti e si colgono gli stili sia arabi che crociati e mamelucchi. Proseguendo ancora, si incrocia la statale 98, che percorre il Golan da nord a sud, ormai nei pressi della linea del cessate il fuoco tra Israele e Siria. Le raccomandazioni del sito “Viaggiare Sicuri” sono di non proseguire a est della 98. Pur avendo fatto esperienza di quanto prudenti siano le indicazioni di quel sito gestito dal Ministero degli Esteri italiano, se ho compagnia obbedisco e piego, sulla 98, a sud.

Dolci “Baklava”

È l’occasione per fare una sosta a Ma’sada, un piccolo centro abitato druso, dove ho scoperto occasionalmente un piccolo ed eccellente forno che produce un’ottima e sempre fresca baklava, il dolce di origini turche a base di miele, zucchero e frutta secca, preparato in diversi modi e con ricette diverse, diffuso, come il kebab, in tutto il Medioriente, grazie al lungo e pervasivo dominio dell’Impero Ottomano su quelle terre.  Ci si trova ormai in piena montagna, l’aria è fina e la gente pare vivere, in un mondo a parte, una vita sospesa tra eventi passati e in attesa di quelli a venire. I Drusi, che in buona misura costituiscono la popolazione autoctona del Golan, sono un gruppo di etnia araba, seguaci di una religione monoteista di derivazione musulmana sciita. Sul piano politico essi, a differenza dei musulmani, ritengono di dover essere leali nei confronti dell’autorità terrena, quale che sia, che governa i loro territori. Questa loro posizione li rende ben disposti nei confronti dell’amministrazione israeliana, o quantomeno ad essa meno avversi. I loro correligionari che vivono più a sud, in Israele nelle piane di Galilea, sono da sempre perfettamente integrati nella società israeliana e hanno saputo guadagnarsi il pieno rispetto da parte della maggioranza ebraica del Paese. Così anche i Drusi del Golan sono in attesa di decidere se rimanere fedeli alla Siria, che li ha governati fino al 1967, o se acquisire la cittadinanza israeliana. È ormai a loro ben chiaro che la Siria, a causa della devastante guerra civile non ancora terminata dopo ormai dieci anni, non rappresenta più una patria desiderabile. Israele, invece, offre loro molte più opportunità di vita e di lavoro. Così, mentre non pochi tra loro hanno già compiuto la scelta di divenire cittadini israeliani, altri rimangono ancora fermi in un’attesa sospesa tra passato e futuro. 

Quel clima di attesa, di sospensione è peraltro percepibile, e per ragioni del tutto diverse, lungo tutto il Golan. La placida atmosfera del vasto paesaggio disegnato da morbide colline e altopiani è in forte contrasto con l’eco che emana dal suolo e che solo chi conosce la storia di quelle terre può cogliere. Già teatro di aspri scontri tra eserciti siriano e israeliano nel ’67 e, ancor più, nel ’73, se ci si ferma un attimo in mezzo a quel silenzio, si possono ancora avvertire gli spari dei cannoni, il tuono sordo e tremendo delle bombe, le urla di terrore che non hanno né arabo, né ebraico per esprimersi. E poi lo stridio dei cingolati e la puzza del metallo fuso che si mescola a quello di benzina, a sua volta fuso con l’odore della carne bruciata. Nonostante i tanti vigneti e le diverse piantagioni cui si passa accanto, di persone se ne vedono davvero poche. Certamente più numerosi sono i rifugi antiaerei, dislocati lungo la strada, i cippi commemorativi di singoli episodi bellici e i soldati posti a presidio di un territorio, certamente molto calmo, ma come potrebbe esserlo la caldera attiva di un vulcano. Come già al confine con il Libano, anche qui la vita sembra trattenere il fiato per percepire meglio, e il prima possibile, l’accadere degli eventi. 

Eppure, di vita ce n’è, eccome. Le aziende vinicole del Golan producono un ottimo vino e molto estesi sono i campi di grano, soia e di altri seminativi, o di frutta. Piccoli centri urbani, abitati stavolta da israeliani dediti all’agricoltura, alla viticoltura, o al piccolo artigianato, si incontrano dopo tanti chilometri di cielo, di aria e di terreno mosso, talvolta scosceso e aperto in infidi crepacci, interrotto da bacini di acqua destinata all’irrigazione dei campi. Un po’ più di vita la si incontra entrando a visitare la Yehudya Nature Reserve, dove molti, soprattutto giovani, si cimentano nei trekking o in prove di coraggio, o se vogliamo di machismo, lungo i canyon scavati dai torrenti che la attraversano. 

Yehudya Nature Reserve

Prima di lasciare l’altopiano merita una breve sosta a Mitzpe leShalom, il “promontorio della pace”, una terrazza da cui vedere il lago di Tiberiade da est in tutta la sua estensione. È anche l’occasione per fare un saluto al titolare del piccolo ristorantino lì accanto: un israeliano che parla italiano con accento sardo, preso dalla madre che, innamorata di un israeliano, ha deciso di vivere con lui nel suo Paese.

La strada ora precipita in un susseguirsi di ripidi tornanti, che sfiorano il confine giordano a sud del Golan, fino a tornare al livello del lago, per congiungersi infine, e ancora, alla 90 e di nuovo al kibbutz Ma’agan. 

Con il vecchio Stern ero andato una volta a Yardenit poco lontano da lì. Allora era soltanto il punto in cui il Giordano, uscito dal lago, iniziava il suo corso verso il deserto e il mar Morto. Ai giorni nostri quel luogo è stato eletto a meta di pellegrini cristiani, desiderosi di rinnovare le promesse battesimali. Coperti soltanto da una lunga veste bianca, si immergono totalmente nel fiume, tra le preghiere e i canti dei loro compagni pellegrini. Il luogo, una volta ricoperto di canneti e mangrovie, è stato ora dotato di ampio parcheggio, attrezzato con spogliatoi con noleggio di candide vesti, di bagni e docce e, come poteva mancare? di un vasto negozio di souvenirs sacri e profani.

Yardenit – rinnovo delle promesse battesimali nel fiume Giordano

[1] Salmo 133

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