
Fondazione Magnani-Rocca, Parma
Quest’opera conservata alla Fondazione Magni-Rocca di Parma è stata realizzata da Francisco Goya tra il 1783 e il 1784, solo 10 anni dopo il suo primo dipinto.
Si tratta di una lasso di tempo relativamente breve considerando che siamo nell’ambito dello sviluppo artistico nella vita di un pittore. In soli dieci anni, Goya ha raggiunto la sua maturità artistica, la qual cosa mostra un’insolita rapidità nella sua maturazione. Solitamente un artista ha bisogno di un periodo molto più lungo, a volte anche superiore ai 15 o 20 anni.
Questo particolare dipinto, che possiamo considerare un gruppo di ritratti, mette in luce delle forti influenze da parte della Pittura Italiana; specialmente per quanto riguarda la tonalità cromatica, che Goya apprese in parte dalla Scuola Veneziana. In questo quadro sono presenti aspetti importanti che possono farci capire i cambiamenti di stile in atto all’epoca; cambiamenti che vedono in Goya uno dei loro maggiori rappresentati.
Uno dei cambiamenti più importanti riguarda l’uso del colore bianco; in quest’epoca esso vede intaccata la sua egemonia, smettendo di essere uno dei colori dominati in Pittura; in quest’opera di Goya, tolti pochi particolari come le bende, alcuni dettagli dei vestiti e il mantello di Maria Teresa Vallabriga al centro della composizione, possiamo facilmente notare che il colore dominante della composizione è rossiccio, declinato in diverse sfumature.
Per riconoscere stile ed epoche precise nella Storia dell’Arte si può far riferimento ai nomi degli artisti, alla costruzione delle opere o anche ai colori: il bianco è un tratto caratteristico tipico dello stile Neoclassicismo mentre i colori della terra (tra i quali rientra anche il rosso di questo quadro) appartengono alla tavolozza dello stile napoletano.

Il ritratto della famiglia dell’Infante echeggia d’italianità non solo per i colori utilizzati ma anche per alcuni ritratti di persone immortalate alla corte di Don Luis di Borbone. L’uomo con la marsina rossa è il nostro Luigi Boccherini, che all’epoca si trovava in qualità di musicista alla corte borbonica, ritratto insieme al pittore Pompeo Batoni, che all’epoca cavalcava l’onda del successo e godeva del suo momento di maggior fama.
L’opera è incentrata sul rito serale del commiato. Prima di andare a letto, si eseguiva un vero e proprio rituale alla presenza di tutta la corte riunita (di cui facevano parte, appunto, anche Boccherini e Batoni), a cui si chiedeva di svolgere un compito non molto complicato: si doveva semplicemente attendere che l’infante si ritirasse nelle sue stanze per dormire.
Secondo il protocollo della corte spagnola, tutti i momenti quotidiani della famiglia reale (colazione, pranzo…) erano veri e propri eventi pubblici a cui solo alcuni fortunati, ritenuti degni, potevano partecipare. A ben guardare, la partecipazione a questi riti che iniziavano con la colazione, erano un vero e proprio obbligo per i membri della corte ed erano considerati eventi di Stato.
Don Luis si era ritirato in una proprietà a circa 140 chilometri dalla capitale spagnola dopo il suo matrimonio con Maria Teresa Vallabriga, che è la vera protagonista di quest’opera, data la sua posizione centrale attorno alla quale è costruita tutta la scena. Questo ritiro lontano dalla vita pubblica e dai fasti della famiglia reale a Madrid, è stato un obbligo imposto all’Infante dal momento che la moglie non era sufficientemente nobile per poter vivere a corte.
Nonostante i suoi natali non nobili e la sua posizione sociale inferiore rispetto alla famiglia reale (qui rappresentata dall’Infante stesso), il dipinto è dedicato a Maria Teresa e Goya non fa nulla per nasconderlo, dal momento che la donna è l’unico punto bianco di tutta l’opera; se leggiamo il dipinto come se fossimo contemporanei di Goya, probabilmente troveremo alquanto sconveniente che la moglie dell’Infante stia rubando la scena ad un rito di Stato. Un atto di grande coraggio, se consideriamo che la donna era vista come la pietra dello scandalo all’interno della rigida etichetta di Palazzo.
Don Luis adorava vivere circondato da artisti, ricreando nella sua dimora una vera e propria corte illuminata. Non è difficile giocare d’immaginazione in proposito e vedere il gruppo di artisti che gareggiavano nei propri campi di applicazione per mettere in mostra la loro genialità e aggiudicarsi i favori dell’Infante. Lo stesso Goya si mette a rivaleggiare con gli altri artisti e si ritrae nel quadro mentre è impegnato nella sua stessa realizzazione; il pittore spagnolo ha un’alta considerazione di sé e della sua Arte, al punto da ritrarsi in una posizione che ricorda molto Veláquez, uno dei padri indiscussi della Pittura spagnola.

Don Luis ebbe una vita molto intensa caratterizza da cambi di direzione estremi. Fu nominato cardinale da papa Clemente XII nel 1735, diventando il più giovane cardinale della Storia nella Chiesa Cattolica, e si dimetterà spontaneamente nel 1754; dopodiché chiederà al fratello, il monarca Carlo III, l’assenso per un matrimonio morganatico (tra persone non dello stesso rango).
Nonostante questo dipinto possa venir considerato un quadro dalla costruzione classica e accademica, rappresenta una delle grandi novità assolute nell’ambito della Pittura. I personaggi di rango reale, Don Luis e i tre figli (la moglie non sarà mai considerata tale) non vengono dipinti in una posizione privilegiata, come da consuetudine, ma si trovano di lato e non sono particolarmente illuminati. La posizione di maggior rilievo viene riservata alla persona meno amata tra le mura del Palazzo Reale di Madrid. Un affronto che solo Goya poteva realizzare con eleganza e sfrontatezza.
In un carteggio con Zapater, suo amico intimo e compagno di scuola, Goya ammette di trovarsi molto bene a corte. Noi sappiamo però che il suo rapporto con la società nobiliare sarà sempre difficile e conflittuale, tra opportunismo, irriverenza e dedizione.
In questo quadro percepiamo un’atmosfera molto particolare e decisamente delicata. Si tratta dell’incomunicabilità tra i vari personaggi qui rappresentati, se osserviamo attentamente, infatti, possiamo notare che nessuna delle persone ritratte si guarda negli occhi né possiamo vedere alcun tipo di gesto che indichi una sorta di comunicazione tra qualcuno dei protagonisti. Un aspetto fortemente realistico ma di quelle situazione che solitamente tendono ad essere nascoste in pubblico; sembra che Goya provasse piacere nel ritrarre la realtà, abbandonando il perbenismo.

Inoltre, nonostante una corte animata e numerosa, Don Luis vive in solitudine; informazione offertaci dalla stesso Goya che ha immortalato il nobiluomo intento a giocare a carte; non un gioco qualsiasi bensì un solitario. Per gli appassionati della lettura dei tarocchi, è stato inserito un dettaglio in più, infatti se le carte sul tavolo potrebbero essere lette come la fine ed il cambiamento.
I dettagli particolari si nascondono anche nel tavolino stesso su cui Don Luis sta giocando. Un osservatore attento può notare che non ci siano abbastanza gambe, affinché possa rimanere in piedi. Anzi, a ben guardare il tavolino non potrebbe rimanere in piedi, se fosse vero. Ovviamente non è un dettaglio da leggere come l’incapacità di Goya nel dipingere bene ma è un simbolo di instabilità. Anche la candela sul tavolino (piccola e unica) potrebbe spegnersi da un momento all’altro lasciando tutti al buio. Instabilità, data ancora una volta dalle carte, che sappiamo essere governate dal caso e possano cambiare, stravolgendo il risultato della partita.
Oltre al silenzio che pervade tutta la scena possiamo percepire anche un forte senso di morte, che viene creato dalle sfumature e dai colori scelti. La tavolozza non è caratterizzata da colori particolarmente vivaci, a dire il vero.

Gli unici che sembrano fuggire da quest’atmosfera e umore generale sono l’uomo con la testa fasciata dietro Boccherini (identificato probabilmente con Francisco Del Campo, il segretario particolare di Donna Maria Teresa e molto probabilmente anche suo amante) e la bambina dallo sguardo curioso con il vestito rosso-bruno, intenta ad osservare Goya al lavoro.
I ritratti infantili sono veri e propri miracoli della Natura per l’epoca, data la mortalità infantile estremamente alta.
Lo stesso Goya avrà sette figli dei quali solamente uno riuscirà a sopravvivere.
Articolo tratto dalla serie pubblicata su Latelier 91 il 1° aprile 2020 (https://latelier91.wordpress.com/2020/04/01/goya-capitolo-3-la-famiglia-dellinfante-don-luis-di-borbone/)
Un pensiero su “Goya e il ritratto della famiglia dell’Infante Don Luis di Borbone”