Il Monte Tabor tra storia e fede

Il monte Tabor appare come un seno di donna sopra il petto di Jezreel. Come gran parte dei piccoli centri della Galilea, anche quello che giace alle pendici di quel monte è abitato da arabi israeliani.

Monte Tabor e villaggio di Far Tabor

Ogni volta che attraverso un centro abitato arabo mi torna in mente un proverbio: “se ognuno spazzasse davanti a casa propria, la strada sarebbe pulita”. È un proverbio arabo e credo non sia un caso. Nasce forse da una constatazione, secondo la quale le case arabe sono, al loro interno, pulite e in ordine, pulizia e ordine che finiscono appena fuori dall’uscio. In questo assomigliano ai quartieri dei chassidim, quelle comunità ebraiche molto religiose che indichiamo come “ortodosse”. Percorrendo le loro strade, e mi riferisco in particolare al quartiere di “Mea Shearim” di Gerusalemme, come a Tiberiade, non puoi non notare il disordine delle strade e dei cortili, le cartacce e altri rifiuti sparsi in giro con totale noncuranza. Kfar Tavor, il villaggio sotto il Tabor, si trova su di un terreno scosceso e la strada da percorrere per raggiungere la cima del monte attraverso l’abitato è davvero ripida e, in alcuni punti, le auto letteralmente arrancano. Terminate le abitazioni inizia poi il tratto più tortuoso. Salendo, si superano talvolta persone, che per probabili motivazioni devozionali, fanno a piedi quel faticoso percorso. Poco prima della cima, facendo una breve deviazione dalla strada principale, si arriva al monastero greco ortodosso, che tuttavia è chiuso e non permette visite. Dal monte Tabor ho visto tramonti infuocati, patito aria gelida, vento tagliente e pioggia, vasti panorami e cieli chiari. Gli elementi della natura e la posizione alta del sito fanno da scenario naturale ad eventi particolari, attirano mistici e religiosi che lì, in passato come ora, decidono di trascorrere in tutto o in parte la loro esistenza.

Monte Tabor – Basilica della Trasfigurazione

Il Tabor, in particolare, è cornice di un episodio descritto nei Vangeli: quello detto della Trasfigurazione, quando, secondo i tre sinottici, Gesù fu visto dagli apostoli che lo avevano accompagnato fin lassù, parlare con Elia e Mosè mentre i suoi abiti, e il suo stesso volto, divenivano splendenti. Sulla cima, di fronte ai resti di un piccolo e antico monastero bizantino, oggi si trova un complesso cattolico gestito da frati francescani. Un piccolo bar, appena all’ingresso del cortile antistante la Basilica della Trasfigurazione, offre un decente caffè espresso e per questo è per me tappa obbligata. La basilica, considerata tra le più belle di Terra Santa ha poco meno di un secolo e contiene dei mosaici davvero pregevoli. Caratteristiche le due torri campanarie, dedicate l’una al profeta Elia e l’altra a Mosè.

Durante il periodo crociato il Tabor fu teatro di scontri tra i cristiani e i musulmani guidati dal Saladino. Duemila anni prima, il Libro dei Giudici ci informa che da questo monte prese le mosse l’esercito israelita guidato da Barak, per combattere i cananei, in una delle battaglie volte ad adempiere al disegno divino di conquistare l’intera Terra promessa, strappandola al popolo cananeo. 

Quella narrazione biblica non è tuttavia confermata dalla realtà storica. Siamo ben lontani dalle epiche gesta belliche narrate nell’Antico Testamento. Non vi è traccia degli eserciti israeliti che, usciti miracolosamente dall’Egitto, conquistarono, una dopo l’altra le città e il territorio della terra di Canaan. L’archeologia e la storia stessa ci rimandano vicende di un unico popolo, quello cananeo, diviso tra genti delle valli e delle città da una parte e, dall’atra, transfughi rifugiati sulle alture. Questi ultimi erano gruppi tribali, con una cultura di tipo pastorale e seminomade basata su legami di parentela. Spesso in fuga dalla schiavitù economica, vennero gradualmente tutti definiti Habiru, cioè fuggiaschi.

Statuetta raffigurante Idrimi. Re degli Habiru (1500 – 1450 a.C.)

Quel termine cambierà significato, per assumere quello di “fuorilegge”, quando quelle tribù delle alture iniziarono a mettere in atto azioni ostili nei confronti delle città di pianura, abitate da altri gruppi cananaici autoctoni. Questi centri urbani erano qualcosa di simile a “città-Stato”, (come le stesse Megiddo e Hazor di cui si è già parlato) legate, sia al loro interno che tra di loro, da vincoli amministrativi e non specificatamente tribali. A differenza degli Habiru, le genti delle città-stato non svilupparono una coscienza comunitaria nè un concetto di solidarietà, se non sulla base dell’organizzazione amministrativa del territorio. Saranno quindi gli Habiru (definibili come i primi nuclei delle società israelitiche) che, approfittando del verificarsi di eventi naturali, come terremoti o carestie, oppure di invasioni straniere che hanno indebolito le città cananee delle pianure, ad attaccare o, più frequentemente, inserirsi nei territori di quegli altri cananei. L’occupazione della terra di Canaan si verificò nel tempo e in modo graduale e, con qualche eccezione, per lo più pacifico.Villaggi e famiglie presero ad imparentarsi attraverso la pratica dei matrimoni incrociati. Il progressivo assorbimento degli Habiru, gli Israeliti, nei villaggi delle pianure avvenne anche in tal modo.

Il territorio di Canaan tra l’XI e il X sec a.C., così riorganizzato dalla presenza ora dominante dei gruppi tribali habiru (proto-israeliti), si trovò libero da domini stranieri. Ciò consentì la formazione di piccoli regni locali. Le città ridussero le loro dimensioni e furono gradualmente tutte cinte di mura difensive, secondo i criteri definiti da quei gruppi pastorali provenienti dalle alture. Delle bibliche dodici tribù di Israele si hanno informazioni certe soltanto di alcune. Queste rimasero indipendenti le une dalle altre fino al XII sec. a.C. Nei secoli immediatamente successivi si formò una lega tribale e si avvertì la necessità di un’autorità centrale, ossia di un re. Saul fu il primo; maldestro e triste. Poi, attorno all’anno 1000 a.C., venne David.

Le religioni, e ancor più le fedi, non necessitano di aderire alle verità storiche. Del resto, i testi sacri di ogni religione non vi hanno mai prestato molta attenzione. Tuttavia, è mia convinzione che la conoscenza della storia aggiunge consapevolezza e solidità a chi già ha la fede. 

Oggi dal monte Tabor ci si lancia con il deltaplano e chissà se, infine, non sia meglio così.

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