Trame Invisibili: il ruolo dell’Arte come ponte tra epoche, culture e persone
Dalla Grecia antica al Novecento, l’arte è stata interpretata come imitazione, conoscenza, rivelazione o forza vitale. Un viaggio attraverso le teorie estetiche per comprendere come l’arte continui oggi a creare connessioni profonde tra spirito, società e identità culturale.
L’Arte è stata intesa in differenti maniere durante i secoli: imitazione della realtà, espressione della realtà o forma di conoscenza. In Filosofia, l’Arte è stata vista come rivelazione di verità nascoste o come strumento per comprendere la natura umana. Platone e Aristotele la consideravano una imitazione della realtà; per il primo era una copia dell’idea, inferiore, quindi, alla vera conoscenza. Aristotele le attribuiva, invece, una valenza positiva poiché capace di rappresentare azioni umane e suscitare sentimenti.
Verso l’alto (1929) Vasily Kandinsky Collezione Guggenheim (Venezia)
Altri videro l’Arte come strumento per rivelare verità nascoste o aspetti della realtà, si pensi a Vasilij Kandinskij e all’Astrattismo di cui fu precursore che nel ‘900 aprì nuove prospettive sulla realtà, mostrando come forme e colori possano determinare emozioni e significati profondi. Friedrich Schelling (esponente dell’idealismo tedesco dell’Ottocento) vide l’Arte come il punto di incontro tra la dimensione soggettiva (l’artista) e quella oggettiva (la natura). Nietzsche la considerava come espressione della forza vitale e della volontà di potenza contrapposta al Nichilismo e all’annientamento. Per Theodor Adorno arte e filosofia sono complementari: l’una ha bisogno dell’altra per essere interpretata e compresa.
Insomma Arte e Filosofia hanno arricchito la cultura occidentale ma per lungo tempo ci si è interrogati se essa fosse davvero degna di avere un posto nell’Olimpo della verità.
Platone, Aristotele, Agostino, Tommaso
Per Platone la verità delle cose sta nelle idee perfette ed immobili che sono la vera essenza di tutte le cose esistenti, esse, però, stanno nell’Iperuranio, regno metafisico oltre il mondo sensibile; le cose del mondo fisico ne sono copie imperfette e l’Arte essendo rappresentazione della idea delle cose così come ci appaiono è una copia della copia e, come tale, allontana l’anima dalla verità. Non c’è posto per l’Arte nella sua Repubblica (la sua polis ideale), quindi nemmeno nel luogo delle verità: essa è imitazione della realtà, quindi distoglie l’anima dalla verità ideale ed ha carattere negativo.
Scuola di Atene (1509-11 circa) Raffaello Musei Vaticani (Città del Vaticano)
Non è dello stesso avviso Aristotele per il quale l’Arte, in particolar modo la tragedia, ha proprietà catartiche, capace di rappresentare sentimenti umani affinché l’uomo possa averne una migliore comprensione. Essa pertanto ha uno scopo educativo e morale, non è solo imitazione della realtà ma imitazione della realtà possibile.
Per Sant’Agostino l’Arte va apprezzata essendo rappresentazione della bellezza divina ma ammirare le opere artistiche non deve distogliere l’uomo dall’apprezzamento della bellezza di Dio. Un tentativo, quindi, di conciliazione tra Arte e Teologia, anche se l’una resta subordinata all’altra alla ricerca della verità spirituale.
Per Tommaso d’Aquino l’Arte è manifestazione della perfezione divina e l’artista può considerarsi un co-creatore, in quanto cerca di riprodurre la bellezza divina; essa è, quindi, utile strumento per l’elevazione spirituale, in particolare l’arte visiva (pittura e scultura) delle chiese che permette ai fedeli di concentrarsi meglio sullo splendore di Dio e della sua creazione.
Immanuel Kant, Friedrich Hegel
Immanuel Kant (1790 circa) Anonimo
Kant nella sua “Critica del giudizio” (1790) mette in evidenza il giudizio estetico che deve essere contemplazione disinteressata ma non disinteressata in senso assoluto, bensì nel senso di staccarsi completamente da ogni fare e volere utilitaristico e personalistico. Il bello e il sublime si debbono esprimere in modo universale, perché la bellezza deve poter trascendere la sfera pratica e risvegliare un senso di armonia universale. È la Regola aurea declinata all’Arte.
Georg Friedrich Wilhelm Hegel (1832) Jakob Schlesinger Alte Nationalgalerie (Berlino)
Hegel concepisce l’Arte come la manifestazione dello Spirito: la pura libertà umana. Nelle “Lezioni di Estetica” (1820), ci dice che l’arte è l’espressione umana del Bello, il punto di congiunzione tra sensibilità (mondo sensibile) e razionalità (spirito). Ve detto, però, che non tutta l’Arte permette di incontrare lo Spirito, solo l’Arte di un periodo storico ben determinato: l’Arte greca, dove la forma estetica diviene bello ideale. Poi essa ha perso la funzione di elevare lo spirito ed Hegel parla di “morte dell’arte”. Non morte assoluta ma nel senso che l’Arte ha perso la sua capacità di elevarsi e rappresentare la verità, superata dalla Filosofia e dalla Religione.
Arte ed Estetica: Il linguaggio dell’arte
Scuola di Atene (1509-11 circa) Dettaglio Platone e Aristotele Raffaello Musei Vaticani (Città del Vaticano)
Il vocabolo latino ars, come il termine greco téchne, indica la capacità di fare e produrre. Nel XVIII secolo Kant introduce la nozione di estetica nella sua “Estetica trascendentale” che formerà la prima parte della sua “Critica della ragion pura”. Quando nella cultura europea dell’età moderna si comincia a parlare di Arte e di Estetica, il denominatore comune è ancora la bellezza dell’opera d’Arte secondo il canone classico, poi, il legame tra Arte ed Estetica subisce un cambio di prospettiva quando si iniziano ad avvicinare i concetti di Arte e Linguaggio dell’Arte, inteso come uso di simboli. Ci sono due opposti indirizzi per spiegare come l’Arte divenne linguaggio:
l’Arte come produzione di forme simboliche, cioè segni usati per comunicare;
l’Arte come produzione di simboli volti ad esplicare Verità e Sacro, indipendenti dai Segni “profani” da cui generano.
Nel primo caso, l’Arte è considerata una capacità innata dell’uomo di produrre qualcosa che gli consente di comunicare. Nel secondo caso, arte e simbolo tendono al Sacro e alla Verità e vogliono comunicarcelo. Tra l’‘800 e il ‘900, in Europa si inizia ad indagare il rapporto tra Arte e Società. Filosofi come Kant avevano vincolato l’Arte alla Bellezza, privandola di qualsiasi finalità che non fosse la sua pura esistenza, senza badare alle funzioni sociali, religiose, politiche o ludiche che l’opera d’Arte può suscitare. Nascono altre correnti di pensiero che evidenziano la funzione sociale dell’Arte, all’interno della collettività, si comincia a parlare di condizionamento economico e politico della cultura e dell’Arte, dando all’operare artistico una funzione di riscatto sociale. Nel ‘900, influenzati dalle teorie marxiste si comincia a teorizzare la necessità di un’Arte volta alla lotta di classe: l’Arte intesa come un potente strumento politico, capace di cogliere in modo dialettico la realtà.
La percezione artistica e gusto artistico
Uomo vitruviano – Dettaglio (1490 circa) Leonardo da Vinci Gallerie dell’Accademia, Venezia
Molto prima che si arrivasse alla definizione di Arte ed Estetica, Platone aveva proposto una soluzione al problema del rapporto tra Arte e Conoscenza. Sappiamo come la pensava: la Natura è copia della realtà ideale e l’Arte essendo imitazione della natura esprime in minima misura la verità e non può essere strumento di educazione sociale.
Per Aristotele l’opera d’Arte non è semplice imitazione di una idea ma rivela una via all’idea.
Plotino (250 a.C.) farà una sintesi tra Platone e Aristotele definendo l’artista come colui che avendo una visione interiore introduce nella materia una forma ideale. La concezione neoplatonica dell’Arte arrivò sino al Medioevo, quando si affacciò il concetto di proporzione come essenziale all’idea di Bellezza. La proporzione è armonia della forma e a cercarla, si tribulò non poco. Per Tommaso d’Aquino, la Bellezza restava solo potenziale senza la percezione, cioè senza la visio del artista e la bellezza oggettiva era data da tre caratteristiche: Integritas (perfezione), Proportio (proporzione) e Claritas (luce). Solo la Bellezza riesce a far sì che la sostanza (la cosa) realizzi la propria finalità di essere utile.
Con l’Umanesimo alla concezione di un’Arte intesa solo come imitazione della Natura si affianca il problema dell’imitazione degli antichi maestri. Da quel momento, si comincia a ritenere che l’Arte per raggiungere la Bellezza dovesse non solo imitare la Natura ma superne le imperfezioni e l’antichità greca e latina viene considerata modello di perfezione e di espressione.
Nel Rinascimento l’artista diventa finalmente capace di trovare un equilibrio tra imitazione della Natura, produzione della Bellezza, imitazione degli antichi e innovazione. La rivoluzione scientifica e filosofica del ‘700 sconvolge la relazione tra Arte ed Estetica: l’uomo non è più metafisicamente al centro di un cosmo finito e a lui subordinato e l’Arte comincia ad esser vista come una costruzione cosciente dell’artista che, unico artefice di sé stesso, può rompere i canoni tradizionali, utilizzando anche invenzioni eccentriche e ricercando un nuovo ordine attraverso lo studio scientifico della natura. Gli illuministi proposero una diversa e nuova definizione di estetica e rimodulando la storica contrapposizione tra oggettività e soggettività dell’opera d’Arte. Nello stesso periodo, si sviluppa una concezione empirica dell’Estetica, basata su un nuovo concetto: il gusto artistico. L’oggetto dell’Estetica non è più solo il bello ma anche il giudizio estetico.
Nell’800, le concezioni filosofiche dell’Idealismo tendono a ricondurre l’essere al pensiero, portarono a subordinare l’ambito estetico a quello cognitivo così per Friedrich Schelling (1775-1854) nell’opera d’arte si manifesta l’assoluto ideale, cioè l’identità piena tra spirito e materia.
Hegel e Nietzsche
Hegel (1770-1831) ci propone l’Arte come fenomeno storico-sociale, un percorso, uno sviluppo dialettico verso lo Spirito assoluto. Per Hegel ogni epoca storica ha rappresentato un tappa del processo di autorealizzazione dello spirito ed individua i tre momenti dello sviluppo dialettico dell’Arte:
arte simbolica dove la forma sensibile prevaleva sull’idea;
arte classica greca, dove forma e idea si adeguano completamente;
arte romantica, dove l’idea trascende la forma in cui si concretizza.
Solo l’arte classica ha raggiunto lo Spirito assoluto dopo di che c’è la morte dell’Arte. Volendo concludere possiamo dire che l’Arte da sempre è stata interpretata in modi diversi, da Platone che la getta fuori dalle mura della sua polis ad Hegel che l’assurge nell’Olimpo delle verità perché unisce sensibile e ideale spiritualizzando il pensiero dell’uomo. Solo un accenno a Nietzsche, secondo cui
è la bellezza estetica che giustifica la vita
Friedrich Nietzsche
e consiglia di vivere la propria vita come un’opera d’Arte. Nel suo saggio La Nascita della tragedia (1872) mostra quale importanza abbia avuto l’Arte nella Filosofia: l’Arte rappresenta il linguaggio col quale si esprime l’ordine e la bellezza e la Tragedia è l’apice dell’equilibrio fra Dionisiaco e Apollineo, l’eterna lotta tra Apollo e Dioniso, tra Kosmos e Chaos, tra luce e tenebra, tra armonia ed ebrezza.
Zarathustra, nel Così parlò Zarathustra scritto nel 1883, dice
l’Arte permette di non morire di verità e vale più della verità perché offre una alternativa alla razionalità decadente, la vita è irrazionalità ed è qui che sta l’inganno: l’occidente ha da sempre preteso di definire bene e male, la tragedia greca ne ha da sempre sbriciolato l’ambizione.
Nelle mie conferenze e nei miei articoli racconto la Storia, ben conscio che tutto quello che racconto è già stato raccontato. Io spero solo di farlo in maniera più semplice mettendo i fatti e i protagonisti sotto una luce più vera, togliendo loro quei severi paramenti sotto cui sono stati, da sempre, paludati dalla dottrina accademica tradizionale. A tanti potrebbe parere una ambizione modesta. A me no. Io mi sento orgoglioso quando riesco ad appassionare alla storia chi mi segue.
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