Dachau – Capitolo 3: i luoghi del campo

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  • JOURHAUS
    Edificio di guardia del comandante del campo. Originariamente l’unica via di accesso, passando per questa porta ci si imbatteva in uno degli slogan preferiti dalla propaganda nazista, l’agghiacciante motto ARBEIT MACHT FREI. Qui i nuovi arrivati, venivano accolti con 25 frustate al fine di spezzare fin da subito la loro personalità. Seguiva il taglio dei capelli, il tatuaggio riportante un numero identificativo, la divisa e il triangolino simbolo che specificava che tipo di detenuto si fosse.
  • PIAZZA DELL’APPELLO
    Appena superata la Jourhaus vi era la piazza dell’appello dove al mattino venivano contati i prigionieri e veniva affidato loro il lavoro da svolgere. Il piazzale era in grado di accogliere fino a 50.000 persone.
  • EDIFICIO DELLA MANUTENZIONE
    Era posto a sud. Sul suo tetto vi era dipinto un altro slogan di propaganda che recitava: “C’è un cammino verso la libertà. Le sue tappe sono l’obbedienza, l’onestà, la pulizia, la sobrietà, la diligenza, l’ordine, lo spirito di sacrificio, la veridicità, l’amore per la Patria”. Qui oggi è ospitata la mostra del campo.
  • BUNKER
    Ancor oggi ben conservato, al suo interno è ospitata la mostra che racconta della storia e dell’uso degli edifici del campo nonché della triste sorte che spettava ai prigionieri ivi internati. I prigionieri erano costretti a soggiornare in spazi angusti, tenuti al buio per giorni o settimane e di rado vedevano un pasto caldo.
  • BARACCHE
    Tutte le baracche del campo (ben 34) vennero demolite alla fine della guerra. Sono state ricostruite solamente le prime 2 con l’intenzione di mostrare ai visitatori uno spaccato della cruda realtà che lì si viveva. È comunque possibile vedere le fondamenta sulle quali sorgevano le baracche lungo la “strada del campo”. Ricordiamo che le baracche erano state costruite per 6.000 persone ma che al momento della liberazione nel campo ve n’erano più di 30.000. I posti letto per1 camerata erano 52 per un totale di 208 a baracca ma si arrivò a 1.600. Ricordiamo la baracca 26 detta la baracca dei preti, nel campo vi erano 2.720 religiosi di cui 2.579 cattolici, ne morirono 1.034. La 29 e la 30 erano dette l’anticamera della morte. Cinque erano adibite ad area ospedaliera, poi divenute 13 Krankenbau. Una era adibita a zona lavoro, una come spaccio (sempre vuota), due ad infermeria ed una ad obitorio. La numero 15 chiamata “Della compagnia di punizione” era riservata a coloro che subivano i trattamenti peggiori: gli ebrei.
  • FORNO CREMATORIO
    Situato in un luogo appartato, il cui accesso era limitato ad un numero ristretto di persone. Il crematorio, inizialmente, serviva per eliminare i cadaveri del campo e data l’alta mortalità funzionava giorno e notte. Successivamente, per il progetto “Soluzione Finale” venne costruita nelle vicinanze una lugubre camera a gas camuffata da locale docce. Oggi vicino al crematorio sorgono monumenti commemorativi tra i quali una chiesa cattolica, una protestante e un memoriale ebraico.

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I primi prigionieri che arrivarono nel campo furono prigionieri politici, soprattutto aderenti al Partito Comunista ai quali si aggiunsero anche dei socialdemocratici. Il primo comandante del campo fu Hilmar Wackerle, un ufficiale tedesco figlio di un notaio di Monaco. Nel 1933 fu scelto da Himmler, suo vecchio amico, sotto i suoi diretti ordini Wackerle stabilì speciali misure di trattamento riservate ai politici. Istituì nel campo un vero e proprio regime del terrore, includendo l’esecuzione per insubordinazione o istigazione alla disobbedienza. Pochi mesi dopo sempre per ordine di Himmler a causa di scandalose uccisioni avvenute nel campo, verrà destituito. Morirà a Leopoli nel 1941 in guerra.

Il suo posto verrà preso da Theodor Eicke il cui motto era: “tolleranza è sinonimo di debolezza”.  Eicke era nato a Hudingen nel 1892, quando la Lorena era ancora territorio tedesco. A 17 anni si era arruolato nell’esercito imperiale partecipando alla Prima Guerra Mondiale. Ricevette anche la Croce di Ferro per il coraggio dimostrato. Il 1 dicembre 1924 si iscrisse al Partito Nazista diventando molto presto uno dei più brutali capi delle SA. Nel 1933 venne nominato comandante del campo di Dachau e delle cosidette Totenkopf ovvero teste di morto. Himmler lo promosse successivamente SS Brigadeführer e nel maggio 1934 Ispettore dei Campi di Concentramento. Fu sua la decisione di chiudere i campi più piccoli e potenziare quelli più grandi. Morì il 26 febbraio 43 ad Orel, sul fronte orientale dopo che il suo aereo venne abbattuto dal fuoco russo. Va ricordato che quando divenne  comandante del campo di Dachau sviluppò un piano organizzativo cosi ben delineato e dettagliato che fu preso a modello per tutti gli altri campi. Fu lui a volere una suddivisione in aree, spazi per prigionieri continuamente5 sotto controllo, un’area dei comandi con edifici amministrativi e caserme per le SS.

Ai politici comunisti e socialdemocratici si aggiunsero presto i liberali, i conservatori e i sindacalisti. I primi ebrei del campo furono anch’essi prigionieri politici. Negli anni successivi però nuovi gruppi furono deportati a Dachau:

  • ebrei,
  • zingari,
  • omosessuali,
  • testimoni di Geova,
  • sacerdoti,
  • prostitute,
  • alcolizzati,
  • barboni,
  • malati di mente,
  • e molti altri.

Tutti erano stati definiti da Himmler come parassiti del popolo. È certo che dopo la notte dei cristalli (10-11 novembre 1938) furono inviati al campo 10.000 ebrei. È questo il periodo in cui gruppi di visitatori tedeschi e stranieri venivano condotti al campo affinchè potessero rendersi conto di persona dell’infondatezza della propaganda ebraica a base di notizie raccapriccianti. Dachau era un campo modello dove regnava l’ordine e la pulizia. Fra gli ebrei accusati di cattiva propaganda ricordiamo Max Jelonek di Dusseldorf arrestato nel maggio 1940 e morto poche settimane dopo nel campo di Dachau nel quale era stato internato.

Con il tempo, i campi divennero veri e propri centri di liquidazione. Il detenuto perse via via il diritto al rilascio e fu declassato al rango di soggetto puramente servile. Il campo restò chiuso dalla fine di settembre del 1939 a febbraio del 1940 per consentire l’addestramento delle unità di prima linea della divisione SS Totenkopf. Da febbraio a dicembre del 1940 giunsero nel campo 13.375 polacchi per lo più provenienti dai territori annessi al Reich.

I prigionieri a quel tempo erano considerati alla stregua delle bestie. Il duro lavoro, spesso inutile come portare a spalla o con una carriola grossi pesi da un punto all’altro del campo fino allo stremo, era all’ordine del giorno. Sempre più frequentemente accadeva che alla fine del giorno molti detenuti fossero moribondi o addirittura morti. Molti altri, invece, una volta rientrati dai campi di lavoro venivano costretti a rimanere in piedi per ore sul piazzale dell’appello.

Le angherie continuavano poi nelle baracche. Tutto ciò al solo scopo di impedire che il detenuto sfinito potesse godere anche di un solo momento di quiete o di riposo. A causa poi delle razioni da fame di cibo che venivano distribuite, gli internati deperivano rapidamente sia fisicamente sia psicologicamente. Fu così che da dicembre del 1940 alla fine di maggio del 1941 un quarto dei prigionieri era deceduto.

Per spezzare poi la solidarietà fra detenuti, i nazisti utilizzarono il metodo “Teile und herrsche!” nonché “Divide et impera!”, attuando differenziazioni su base razziale e nazionale. Sul gradino più basso vi erano i cechi, poi i polacchi, i russi, gli italiani e i francesi. Gli ebrei non avevano neppure una posizione.

La posizione più privilegiata l’avevano i detenuti tedeschi ai quali quasi sempre veniva riservata l’autogestione diretta del campo e a cui spesso veniva concesso di portare un manganello per poter affermare la propria superiorità razziale. Molti di loro collaboravano con le SS. La direzione del campo esigeva da costoro e dalle guardie che venissero segnalate il maggior numero di infrazioni.

Una delle punizioni più frequenti per gli accusati era quella di essere legati appesi ad un palo con le braccia dietro la schiena. Questa era la punizione per un letto mal fatto, un armadietto pulito male, per non aver salutato una SS senza togliersi il berretto, per un bottone strappato o non chiuso bene o per il solo fatto di avere le mani in tasca.

Nel campo esisteva anche, come detto in precedenza, un’infermeria che a dire il vero era più che altro una fabbrica degli orrori. La dirigeva un medico-capò delle SS, ogni reparto poi aveva il suo medico, anch’egli delle SS. Generalmente si trattava di medici appena diplomati che avevano seguito corsi abbreviati all’Accademia di Medicina a Graz, gestita dalle SS. La maggior parte di essi si trovava lì per imparare a operare, si interessavano di tutto tranne che della salute e della guarigione dei detenuti. Tra i detenuti vi erano diversi medici ma a loro era proibito esercitare o lavorare presso l’infermeria del campo, dove regnava incontrastato il dispotico e sadico Kapo Josef Heiden. Costui torturò fino 4alla morte migliaia di detenuti, molti invece li soppresse con iniezioni. Tra l’altro, nessun infermiere aveva delle competenze necessarie in materia; Cosi i pazienti definiti difficili o che sporcavano i letti venivano direttamente uccisi.

Aumentando notevolmente il numero dei detenuti richiesti come forza lavoro, si decise per il “Trattamento Speciale 14 F 13” di tutti coloro che non erano più in grado di lavorare. Per questo motivo 2.674 prigionieri furono immediatamente gassati, ne seguirono 4.000 considerati prigionieri di guerra sovietici e così via.

In contrasto con tutto ciò la dolce musica suonata nel cortile dell’appello dal 1941 dal “Kommando Lager Musik” in occasione delle numerose visite da parte di alti dignitari nazisti o di delegazioni straniere. Suonavano anche quando qualcuno veniva torturato. La domenica, invece, suonavano solamente per i compagni di detenzione. Alla fine del 1944, il sovraffollamento del campo divenne insostenibile e drammatico a causa delle pessime condizioni igieniche e alimentari tanto da provocare un’epidemia di tifo che costerà la vita a migliaia di prigionieri.

Va assolutamente sottolineato che fino allo scoppio della guerra Himmler scelse personalmente i comandanti del campo di Dahau. Facciamo così un breve riepilogo di questi personaggi selezionati con tanta cura:

  • 22 marzo 1933 – 26 giugno 1933: Hilmar Wackerle
  • 26 giugno 1933 – 4 luglio 1934: Theodor Eicke
  • 4 luglio 1934 – 22 ottobre 1934: Alexander Reiner
  • 22 ottobre 1934 – 12 gennaio 1935: Berthold Maak
  • 12 gennaio 1935 – 31 marzo 1936: Heinrich Deubel (sostituito perché troppo debole)
  • 31 marzo 1936 – 7 gennaio 1939: Hans Loritz
    Con lui si ricorda una delle fasi peggiori di tutta la storia del lager. Era un membro delle SS e della NSDAP dal 1930. Nel 1939 dopo Dachau assunse il comando di Sachsenhausen. Morì suicida nel 1946.
  • 7 gennaio 1939 – 2 gennaio 1942: Alex Piorkowski
  • 3 gennaio 1942 – 30 settembre 1943: Martin Weib
  • 30 settembre 1943 – 26 aprile 1945: Wilhelm Weiter
  • 26 aprile 1945 – 28 aprile 1945: Martin Weib
  • 28 aprile 1945: Johannes Otto
  • 28 aprile 1945 – 29 aprile 1945: Heinrich Wicker

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