L’educazione dei bambini destinati ad avere un ruolo sociale rilevante ha sempre avuto, oggi come nel passato, un carattere particolare. un re durante la sua infanzia e giovinezza era, soprattutto in passato, ben differente da quella degli altri bambini. Tuttavia prima del Novecento la differenziazione dei rampolli delle èlites dominanti era molto più precoce, cominciava fin dai primi anni di vita. Per quanto riguarda il principe ereditario, questi era in genere tenuto separato da fratelli e altri bambini della famiglia, che imparava a considerare come futuri sudditi. La retorica giocava un ruolo preponderante, il re doveva essere abituato a parlare in pubblico, a comprendere diverse lingue nel caso di incontri con ambasciatori stranieri, conoscere a fondo e praticare la religione di stato, luterana, imparare il latino, la filosofia – che sconfinava nelle scienze politiche e sociali – la storia, la geografia e, ovviamente, l’etichetta. Il futuro re doveva avere pratica delle armi, delle tecniche di difesa e di guerra.
In Svezia, fin dal Seicento non si faceva distinzione di sesso, per l’educazione del futuro re: in mancanza di eredi diretti maschi, toccava alla femmina supplire a tale difetto famigliare. La regina Christina di Svezia (1626 – 1759) fu dunque educata “till kung”, ad essere re (non regina), seguendo canoni “maschili”. La lettera che Christina, a quattro o cinque anni, scrisse al padre, impegnato in Germania in una campagna militare, è un esempio di “epistula familiaris petitoria”, che testimonia come la bambina fosse già educata all’uso della retorica. Eccone il testo.
Venerabile Signor Padre, tanto caro al mio cuore, poiché non ho la fortuna di essere accanto alla Vostra Maestà Reale, invio alla Vostra Maestà Reale un mio semplice ritratto. Prego Vostra Maestà Reale di volersi ricordare di me e di ritornare presto. Nel frattempo, prego che mi sia inviato un bel regalo. Per grazia di Dio, sto bene. Dio ci permetta di ricevere buone notizie da Vostra Maestà.
L’ubbidiente figlia di Vostra Maestà – Christina P.S. [Princeps Sueciae]
Dio non avrebbe esaudito il desiderio della piccola, suo padre sarebbe morto nel 1632, senza poterla riabbracciare.
Fonte:la lettera è riportata in:Åslund Leif. Att fostra en kung. Atlantis AB, Stockholm, 2005
Nel secolo successivo, l’educazione del futuro Gustav III fu affidata nei primi anni a Carl Gustav Tessin, che doveva tenere a freno la fantasia del bambino, che metteva in scena fantasiose opere teatrali di cui era protagonista, e che gli servivano per sfuggire allo stress. Il precettore scrisse per il suo allievo, che aveva cinque anni, questa favola.

6 marzo 1751
Mio onoratissimo Signore! Sul sentiero che conduce a Drottningholm [castello reale estivo], nel ruscello, viveva un Drago dall’aspetto raggelante: le creste aguzze testimoniavano la sua gentilezza, gli artigli leonini la forza, la testa di gallo la costante vigilanza, e un agile corpo a guisa di serpente faceva indovinare la sua velocità e il suo grande desiderio di male. Questa bestia selvaggia uccideva tutto ciò che viveva, uomini ed animali selvatici, un po’ per calmare la sua fame insaziabile, un po’ per odio, puro e semplice.
Solo un Ermellino riuscì ad avvicinarglisi cautamente, eludendo la violenza desiderata e necessaria per il mostro. Osò persino, con coraggio insospettabile, lamentarsi del proprio destino, ed elevare i suoi pensieri fino a fissarsi sull’idea nobilissima di riuscire a liberare per sempre il Giardino Reale da quell’assassino.
L’animaletto dal corpo snello aveva trovato una lettera che una delle Dame di Corte aveva strappato, aveva rimesso insieme i frammenti e, con grande fatica e applicazione, aveva persino imparato a leggerla. Per il colmo della fortuna, l’ermellino aveva anche trovato, su una panchina davanti alla serra delle arance, il testo del Professor Linneo sulle specie delle piante Svedesi, e cominciò a leggerselo di notte. Nel giro di un mese lo sapeva a memoria. Così apprese che la ruta era un’erba per il quale i draghi provano un’invincibile avversità.
Aspettò dunque con impazienza che scendesse la notte, e non appena fu buio, e udì il Drago russare e dimenarsi nel sonno, si affrettò a raggiungere la porta della Signora Linds e la grattò con cautela. “Son venuto a disturbarla perché mi facciate dono di una corona di ruta”. La Signora Linds uscì subito, tagliò dei tralci dell’erba richiesta, intrecciò una corona, e la legò ai fianchi dell’ermellino.
Non appena cominciò ad albeggiare, l’ermellino si recò al corso d’acqua dove abitava il Drago, nel giardino del Castello. Il Drago si svegliò immediatamente, uscì dalla sua tana con gli occhi di fuoco e i denti aguzzi; ma cosa accadde? Sentendo vicinissimo l’odore e la presenza dell’erba che non poteva tollerare, fu costretto a fuggire e a rifugiarsi sul ponte che porta a Lindö. L’ermellino lo seguì con sveltezza, e incalzò quel nemico di tutti i viventi, che di nuovo si volse in fuga, si gettò in acqua, e nuotando arrivò a Ekeby-Hov.
Quando il nostro piccolo vincitore arrivò alla spiaggia, stette lì un momento, poi si chiese: adesso che ho liberato Lofön, devo forse lasciare Ekeby-Hov come vittima? Là abita il Maresciallo Barone Horn, che ha servito Sua Altezza Reale a lungo, bene e fedelmente. Per un uomo nobile come quello sarà di certo un punto d’onore salvare sé stesso e il suo vicino di casa; tutto ciò che è opera degna di un uomo nobile è anche affar suo, se solo ha fra le mani il mezzo adatto.
Non ci pensò due volte, tanto più che aveva il vento a favore. Si installò su un pezzo di corteccia e, tenendo ben ritta la coda, diresse i movimenti del suo corpo flessibile fra le onde. La cattiveria e la violenza dovette un’altra volta fuggire davanti all’eroismo e all’intelligenza. L’ermellino vinse di nuovo.
Disse a sé stesso: “Tutti i figli di Svea [Svezia] sono sudditi del mio Altissimo Monarca, io voglio uccidere chiunque li minacci.“
Per farla corta: il Drago si affrettò ad allontanarsi, e l’ermellino lo seguì senza dargli tregua, fino alle fredde terre di Lapponia. Là giunto il Drago, non abituato al gelo e alle privazioni, si pugnalò al cuore con i suoi stessi artigli velenosi, e morì fra alte grida di dolore.
Alcuni Lapponi arrivarono sugli sci a caccia di volpi; giunti sul posto trovarono quello strano animale, steso nel suo stesso sangue, e si meravigliarono molto. Trovato anche l’ermellino, si domandarono come mai avesse una corona di foglie legata attorno alla vita, però lo lasciarono andare, perché avevano altro di cui occuparsi. Alcuni portarono delle slitte, altri corde robuste, altri ancora si informarono sul percorso, perché avevano in mente che un simile inconsueto animale dovesse essere portato davanti agli occhi del Re. Non appena arrivarono alle porte di Stoccolma, una folla di sfaccendati si assemblò attorno a loro e li seguì fino al Castello. Quando i Lapponi raccontarono di aver visto un Ermellino con una corona ai fianchi, tutti capirono, e il vero vincitore fu onorato come tale e gli fu conferito un titolo di nobiltà.
Il nostro Re, che non permette mai che un alto servigio sia lasciato senza premio, fece scolpire nel marmo un ermellino bianco, con una corona verde attorno ai fianchi.
Segue una raccomandazione al piccolo Principe, che si guadagni un monumento paragonabile a quello dell’ermellino con altrettanto coraggio, in difesa di quel popolo che sarebbe stato il suo.
Fonte: Haga-Brunnsviken Vänner Nytt 2/2017. https://haga-brunnsviken.org/hermelinen-och-draken/