Nasce nel Seicento il teatro pubblico dove, accanto alle rappresentazioni melodrammatiche, la danza acquisisce un ruolo non più complementare ma splendente di luce propria.

In Francia presso la corte del Re Sole, appellativo, forse, da attribuire ad un aneddoto legato alla danza: nel carosello organizzato nel 1662 per festeggiare la nascita del Delfino, il re sceglie come emblema il sole, l’immagine, secondo lui, più idonea a rappresentare un grande e ambizioso monarca.
La danza inizia così il suo prestigioso cammino attraverso il tempo.
In Francia, quindi, grazie all’azione di promozione ad opera della corte, l’arte coreutica conosce una grande espansione destinata a raggiungere il suo culmine con Luigi XIV.
La sua maestosa rappresentazione avviene in occasione del Ballet du jour et de la nuit nel 1653 su musica di Giovanni Battista Lulli.
Si afferma nel Seicento un’arte rigorosa in cui l’esteriorità conta più del contenuto interiore.
In questo periodo la danza “di corte” diventa il Minuetto, pas menu, piccolo passo che sembra rispecchiare, nella solennità e nella bellezza degli atteggiamenti, lo spirito dell’epoca.
Lanciato dal compositore italiano G.B. Lulli il Minuetto inizia con una sfarzosa sfilata, che evidenzia l’eleganza individuale e si conclude con una ripresa del motivo iniziale.

Il sovrano nel 1661 promuove la nascita dell’Acadèmie royale de la Danse al fine di preparare ballerini che si esibiscano per lui e la sua corte, dando così vita alla prima accademia di danza di formazione professionale: il suo compito è di vigilare anche sul patrimonio coreico evitando che nuovi spettacoli di danza possano essere presentati senza la preventiva approvazione del re. Primo direttore e artefice della codificazione della tecnica classica è Charles Louis Pierre de Beauchamps, danzatore coreografo, musicista e maestro di danza del re.
A lui si devono le 5 posizioni dei piedi e l’uso dell’En dehors (la gamba girata all’esterno), ancor oggi alla base della tecnica classica, e lo sviluppo in elevazione; la bellezza delle forme, il rispetto delle regole e il virtuosismo sono gli attributi fondamentali della sua tecnica al fine di idealizzare il corpo umano.
In Europa, seguendo l’esempio della corte francese, si sviluppano diverse compagnie di danza: Accademia imperiale del balletto di San Pietroburgo la cui scuola fondata nel 1738 diventerà nel secolo successivo la capitale mondiale del balletto classico grazie ai maestri come Enrico Cecchetti e Marius Pepita.
Il Settecento, chiamato “secolo dei lumi”, esce dai canoni precostituiti, codificati e artificiali, spinge verso la natura, abbandonando l’artificio alla ricerca degli aspetti più genuini, al ritorno dell’umanità nella sua essenza, non condizionata dalla civiltà.
Jean-Georges Noverre in Francia e Gasparo Angiolini in Italia, con l’introduzione, il primo, del ballet d’action e il secondo del balletto pantomimo, si adoperano per la riforma degli spettacoli coreuti, contemporaneamente al tedesco Christoph Willibald Gluck, che opera per la riforma del melodramma.
I passi, la facilità, il brillio del loro coordinamento, l’equilibrio, la stabilità, la rapidità, la precisione, ecco ciò che chiamo danza”.
Nouverre da Lettres sur la danse et les ballets

Nouverre, ispirandosi alla natura, esorta a liberare il corpo delle ballerine dalle vesti pesanti ed ingombranti, dalle maschere e dalle parrucche che nascondono le forme naturali.
In realtà nei movimenti delle danze il risultato è quello di un maggiore sviluppo della pantomima e non tanto la riunificazione delle tre arti, della musica, del teatro e della danza; l’espressione dei sentimenti è intesa come un’imitazione della natura, quindi si cerca il modo di riprodurre le emozioni naturali per farle sembrare vere ma alla fine si realizza un nuovo artificio.
La seconda metà del Settecento è contrassegnata dai grandi ballerini dell’Opera di Paris: l’italo francese Gaetan Vestris, chiamato il dio della danza, fisicamente non dotato, avendo una difettosa conformazione delle gambe, ma un’espressività sbalorditiva e una tecnica brillante.
A San Pietroburgo e a Vienna, Franz Anton Hilverding van Wewen e il suo allievo fiorentino Gasparo Angiolini sperimentano temi drammatici e l’uso del gesto nella danza e dimostrano come il balletto può essere un arte intellettuale e creano con il drammaturgo Sumarokov il primo balletto di “uomini e donne russe”, Il rifugio delle virtù che tratta temi patriottici.
Entro la fine del Settecento, però, si delinea una netta divisione tra balletto, teatro, e opera lirica.
Il canto e la parola sono ormai esclusi dal balletto, mentre l’opera lirica conserva la tradizione di alternare parti danzate alle scene cantate.