Dopo aver parlato della Fantasia nei termini presentati negli articoli finora pubblicati, il pensiero corre spontaneamente ad una delle opere d’arte più uniche della nostra storia; mi riferisco al Giardino delle Delizie dell’olandese Hieronymus Bosch.
Qui sembra che la Fantasia dell’artista abbia dato il meglio di sé. Ogni angolo di questo trittico offre sorprese incredibili e allucinanti. Dal momento della sua realizzazione, tra il 1480 e il 1490, in molti si sono lanciati nell’impresa mastodontica di interpretare l’opera tentando spiegazioni logiche su alcune figure e scene presenti. Credo fermamente che qualsiasi informazione possa riportare in questo articolo non abbia la forza né la profondità di competere con chi stia studiando approfonditamente da anni questo argomento. Mi limiterò a offrire uno spunto di lettura molto personale alla luce della

La biografia dell’autore è in parte responsabile dell’aurea di mistero di cui è intrisa quest’opera; lo sappiamo tutti molto bene, quando mancano i dati certi la tendenza è quella di inventarsi risposte verosimili e il rischio che si corre è quello di cadere nella “fantascienza”.

Attribuito a Jacques Le Boucq
Di Bosh non sappiamo quasi nulla. Non sappiamo quando sia nato, non conosciamo i suoi committenti e aspetto ancora più importante, non sappiamo molto della sua formazione.
Essere a tu per tu con il suo Giardino delle Delizie nella sala del Prado, a Madrid, è un’esperienza unica. Vieni catapultato in un modo di sogni, incubi e deliri che ti colpiscano talmente da tanto da essere difficilmente dimenticati.
Prendiamo in mano quest’opera come se fosse un libro da leggere:

Ogni pennellata può essere considerata un capitolo da leggere e sul quale riflettere. Gli argomenti da poter trattare sono molteplici e spaziano dalla religione alla scienza, dalla storia dell’Umanità al mito. Riflettiamo insieme sullo sforzo creativo del pittore. Centinaia di strane figure e architetture futuristiche inserite in un paesaggio più o meno reale. Perché?

Non nascondiamoci che molta dell’Arte che ci circonda nasce a causa di un malessere comune a molti essere umani, causato da quella instancabile signora che con la sua falce miete tutto ciò che vive, prima o poi.
L’incognita della Vita e la mancanza di senso della Morte devono essere esorcizzate, ognuno di noi decide di darsi la risposta che più lo rassicura e gli permette di vivere un’esistenza quanto più tranquilla e rassicurata possibile.
La Signora con la Falce è sempre stata vista come l’ultimo grande esame finale della nostra vita. Nell’Antico Egitto il tuo cuore veniva pesato per vedere se era puro e dovevi rispondere ad una serie di domande che ti venivano poste dalla commissione d’esame, così il Giudizio Universale cristiano prevede l’esame del CV della nostra vita affinché ci venga indicata la nostra destinazione con tanto di sconto della pena per chi si è comportato male o non così bene e un premio per chi è stato bravo.
Questa prova finale, è inutile nasconderlo, spaventa. Davanti a questa paura, abbiamo grosso modo una possibilità di reazione che può essere realizzata in due modi: esorcizzare la paura.
In che modo? Avere un comportamento rispettoso delle regole che ci vengono date per non incorrere nel castigo che potrebbe venirci inflitto oppure liberare il potere che è in noi della Fantasia e farla

Bosch ha optato per la seconda possibilità.
Ecco che i diavoli che ci attendono per torturarci un po’ assumono forme e caratteristiche che rasentano il comico e il grottesco, al punto da strapparci un sorriso di derisione più che paura distillata.
Armiamoci di una lente d’ingrandimento e dichiariamo aperta la caccia ai particolari strani di quest’opera.

La nostra attenzione non può venir catturato da quest scena che metterà a dura prova il nostro autocontrollo.
La nostra attenzione viene attratta dalla grande figura seduta su quella che a prima vista sembra essere una sedia; osservando più attentamente ci rendiamo conto che altro non è che una comoda, però.
Questa sorta di alto prelato in forma di uccello con uno strano calderone a forma di copricapo e dei vasi come calzature è un demone affamato di persone (o forse anime), che ingurgita intere e defeca da una sorta di ampolla/prolasso lasciandole cadere in un buco nel terreno. Nulla di divertente a dire il vero, se non fosse per dei particolari molto curiosi. L’essere umano che è già stato messo nel becco e sta per essere ingurgitato soffre di una strana forma di aerofagia: produce uno stormo di uccelli neri al posto dei più comuni peti.
Qualcun altro è intento a dare il suo contributo personale al buco sotto il seggiolone. Una figura di spalle è accucciata nella classica posizione della turca, intento a defecare monete d’oro (e qui risuona l’espressione “sterco del demonio” con la quale ci si riferiva al denaro), sulla destra del buco troviamo un uomo intento a vomitare mentre un amico gli tiene la fronte (scene viste o vissute quando qualcuno non digerisce bene i troppi liquidi alcolici bevuti).
Questa scena ha un particolare ancora più divertente o irriverente.

Sulla sinistra dell’uccello demoniaco troviamo uno strano gruppo musicale, che sembra ricordare il gruppo degli ignavi danteschi costretti a correre dietro ad una bandiera.
Qui troviamo ben tre figure curiose.
La prima è un poverino chiuso dentro il tamburo suonato da un demone. Viene proprio da chiedersi cosa abbia fatto in vita per meritarsi questa punizione. Un grande strumento a fiato viene usato come un cannone dal quale sta per essere sparato un povero malcapitato infilato dentro la tromba dello strumento.
La medaglia di figura più simpatica e irriverente la vince, però, la figura che sostiene sulla schiena lo strumento-cannone. Un uomo nudo dalle scarse doti musicali dal momento che sta suonando uno zufolo con il… sedere. Che lo stia suonando male è assodato, basta guardare con quanto dolore la figura sotto al suonatore si sta tappando le orecchie.
L’opera è condita anche da scene di caccia che fanno pensare ai migliori film sui cannibali nelle foreste pluviali.

Altre figure sembrano essere un attacco molto forte alla società. Tra i vari siparietti realizzati troviamo quello di una scrofa-suora in preda della passione amoroso per un uomo di culturale dall’espressione poco convinta e compiaciuta.

Queste sono solo alcune delle molte scene, selezionate con grande sensibilità per il grottesco, che si possono trovare in quest’opera. L’invito che posso rivolgere ad ognuno di noi è quello di armarci di grande pazienza e compiere una nostra ricerca personale per scoprire tutte le altre strane amenità realizzate dal pittore.
Prima di concludere, vorrei rivolgere il nostro sguardo anche alla bellezza.

Queste costruzioni che Bosch ha inserito nella zona meno macabra del suo trittico farebbero invidio ai migliori James Cameron (il creatore di Avatar) e George Lucas (regista di Guerre Stellari).
Dopo questo rapido invito ad osservare con maggior attenzione quest’opera eccezionale, credo che sia doveroso terminare con una conclusione rivolta al potere della Fantasia.
Poco importa se stiamo trattando temi di vitale importanza o che possano creare un certo malessere in noi. La Fantasia può permettersi di essere irriverente, anche sboccata se è il caso, e grazie alla sua azione rende il tutto più sopportabile; senza sminuire l’importanza del messaggio che si sta ricevendo. Se queste immagini ci hanno fatto ridere o hanno colpito violentemente la nostra sensibilità, non ci stanno impedendo di riflettere su temi importanti come la bontà d’animo, la moralità e l’aldilà.
Quello che attua la Fantasia è un ridimensionamento della paura, rendendo il tutto più a nostra misura e gestibile, inibendo la paura (o addirittura il terrore).
Una considerazione: molto probabilmente stiamo già usando il metodo Bosch in molti aspetti della nostra vita e ne godiamo i frutti. Se non lo si è ancora applicato, non è mai troppo tardi per iniziare.