Teatro e Testo: che bel problema!

Il Teatro sta cambiando. Per tutta la sua Storia ha avuto un rapporto molto complicato e conflittuale con il testo; ora, dopo gli anni dei distanziamenti e delle attività online, il ritorno alla fisicità ha creato un nuovo scombussolamento anche a Teatro.


Negli ultimi anni il Teatro ci sta proponendo una virata; alcuni lo stanno considerando un cambiamento ma non è propriamente corretto chiamarlo in questo modo, dal momento che è una caratteristica saliente dello sviluppo dell’arte teatrale.

Per meglio capire questa relazione tra il teatro recitato e il testo scritto, è necessario sorvolare le diverse fasi storiche di quest’arte, in modo da avere una visione d’insieme di quanto è successo nel corso dei secoli sui palcoscenici.

Le origini del Teatro risalgono all’Antica Grecia, tra il V e il IV secolo a.C. In quest’epoca al pubblico che andava a teatro venivano presentati i drammi scritti da autori come Eschilo, Sofocle ed Euripide.

Teatro greco di Siracusa

Le tematiche trattate in questo periodo hanno un carattere molto sociale; le commedie e le tragedie sfiorano la religione e la mitologia, il destino, la giustizia, i rapporti familiari. Uno spazio importante è occupato dai conflitti, che si consumano tra gli umani e le divinità. Gli autori davano molto spazio anche alla critica sociale, vista come strumento per raggiungere la Katharsis, intesa come purificazione emotiva ed intellettuale. Ovviamente nel Teatro greco il testo aveva un ruolo centrale ed era considerato a tutti gli effetti un elemento poetico e letterario, che viveva di vita propria anche già dal palcoscenico. Il dialogo, in quest’epoca, è stata la forma tipica dei libri di Filosofia, in cui si trovavano personaggi che discutevano tra loro in conversazioni verosimili. A causa di questa grande importanza data al testo scritto, agli attori non veniva data alcuna libertà sul palco e dovevano rispettare “alla lettera” il testo così come era fornito dall’autore.

Il Medioevo è come sempre un’epoca molto controversa a causa delle sue numerose sfaccettature. Storicamente, in questo periodo, la Chiesa è così impegnata nell’imporre il più ampio consenso possibile a suo favore, da arrivare ad usare qualsiasi mezzo senza molti scrupoli (ciò includeva la tortura, l’omicidio e il terrore). La sua missione principale era quella di educare e imporre una moralità, che spesso veniva disattesa dalle sue stesse azioni. Una parte della società sfugge a questo controllo e si ribella, offrendo una critica spietata al potere temporale e spirituale.

Immagine tratta da “Chansonnier de Segherie van Male”, edito nel 1542

I testi teatrali, da una parte, subiscono una forte influenza di elementi liturgici e religiosi. Le opere teatrali, ospitate prevalentemente nelle piazze, si rivestirono di un ruolo didattico e si prefiggevano di indottrinare maggiormente il popolo.

La figura dell’autore viene offuscata a tal punto da sparire. I testi presentati, per la maggior parte, seguono la tradizione orale e di conseguenza sono soggetti a variazioni e modifiche da parte degli attori, che possono cambiare di molto il testo anche solo tra una rappresentazione e l’altra. Ciò vale anche per i giullari e per le commedie giocose che presentano una critica tagliente nei confronti del potere politico e di quello religioso, oltre che della stessa società.

In epoca medioevale, il testo entra in crisi e viene usato come una semplice traccia per costruire liberamente una Storia dando agli attori una grande libertà interpretativa.

Il Teatro Elisabettiano (ci troviamo nel XVI secolo) è di transizione. In esso troviamo alcuni aspetti del mondo classico e medioevale (che saranno tanto apprezzati in epoca neoclassica) e le prime spinte che porteranno alle rivoluzioni dell’epoca moderno-contemporanea.

Titolo del “First Folio”, edito nel 1623

Uno degli autori più conosciuti di quest’epoca è, senza dubbio, William Shakespeare. La sua scrittura teatrale, in perfetta sintonia con lo stile dell’epoca, si accompagna con la poesia, il dramma e elementi più prettamente da spettacolo.

Nonostante una maggiore complessità, rispetto all’epoca medioevale, sia per quanto riguarda lo stile sia rispetto ai contenuti, l’epoca elisabettiana consente una notevole libertà ad attori e direttori teatrali, che potevano variare notevolmente i testi tra una replica e l’altra; arrivando a volte a stravolgere il testo di partenza. Per quanto riguarda le tematiche, invece, non si hanno grandi rivoluzioni. Gli autori continuano ad esplorare i campi dell’amore, della politica e del potere, i conflitti tipici dell’essere umano che si trova in costante bilico tra la morale e l’etica. Una delle poche novità, a dire il vero è una riscoperta: in teatro ricompare il soprannaturale e la magia, che aveva fatto capolino nella letteratura medioevale.

Il Neoclassicismo, che si sviluppa tra i secoli XVII e XVIII), è stata una delle epoche meno rivoluzionari e intense. Troppo occupata a rispolverare regole rigorose e convenzioni classiche, spunte a forza in un’epoca a cui non potevano appartenere a lungo.

Nel XIX secolo, il Romanticismo introduce una visione nuova e intensa.

Paul-Albert Besnard
Lo scontro durante “Hernani” (1903)

Individuo, emozioni, passione, amore, ribellione contro le convenzioni sociali, conflitto tra antico e moderno, misticismo, fantasia, Natura e sublime. Questi sono solo alcuni dei temi preferirti dai Romantici. Rispetto alle epoche precedenti autori come Victor Hugo e Henrik Ibsen si impegnano a scrivere temi complessi e tentano di sondare nel profondo la psicologia umana.

Il testo teatrale, però, non viene visto come un’entità intoccabile, in epoca romantica viene garantita una certa libertà per quanto riguarda l’interpretazione personale e al testo viene assegnato un ruolo secondario.

L’epoca moderna e contemporanea sente il peso della Storia sulle spalle. Le visioni del passato si sono concentrate nella nostra epoca e esigono un loro spazio. Negli ultimi anni, il Teatro presenta i due filoni contrapposti, lasciando il pubblico senza una direzione ben definita.

Carmelo Bene

Alcuni, come Carmelo Bene o Dario Fo, rifiutano il testo, proponendo un teatro fatto di movimenti e suoni (o parole senza senso) perché ciò che veramente conta è il movimento e i suoni emessi dall’attore. Altri, come Luca Ronconi, sentono un attaccamento tale al testo da non voler neanche mettere riscrivere in forma teatrale un romanzo o un saggio, proponendo una nuova versione dello stesso testo letterario limitandosi a mettere in scena un testo pensato per gli scaffali di una biblioteca e non per il palco.

La nostra epoca è destinata a non avere punti di riferimento, nonostante il pensiero unico tenta di imporsi, viviamo in tempi che offrono la pluralità delle visioni, per chi vuole vedere. Ciò è indubbiamente molto interessante ma è decisamente più complicato rispetto a quelle epoche in cui esisteva una visione imperante, anche se magari non pienamente condivisibile.