Visitare il Sacro Monte di Varallo. Istruzioni letterarie.

Non fulge dì, non fulge ora del giorno
Che sul monte preganti alme non meni.

Silvio Pellico

 

Il lembo di Italia che comprende i laghi lombardo-piemontesi con la porzione di Alpi che lo delimitano a nord, colmo di miriadi di attrattive, è meta di viaggiatori alla ricerca di un gaudio che può spaziare dal benessere fisico all’aria pura alla soddisfazione degli aneliti dello spirito. La Natura ha richiamato in questo luogo le Arti, ha permesso alla Storia di percorrerlo, con il risultato di sedimentare sul territorio, a corredo delle sue vedute, edifici civili ed epifanici, borghi e soprattutto l’elemento catalizzatore di tutto: il Sacro Monte di Varallo, Gran Teatro Montano come lo definirà Giovanni Testori. La tradizionale oralità dell’essere umano e la scrittura – antiche e sempre valide promotrici dell’ingegno – hanno attirato genti sconosciute e personalità note in cerca del loro personale gaudio di viaggiatori, consapevoli o meno dell’offerta della meta finale.

basacromonte.pngAnche noi siamo stati attirati da questo lembo d’Italia e lo abbiamo scelto per l’evento a chiusura dell’anno accademico: la gita sociale. Nella mente dei nostri organizzatori è apparsa una suggestione: non lasciare deambulare i partecipanti tra cappelle e sentieri, a caso e assetati di informazioni senza riscontro. Si è concretizzato, per ovviare, un programma di visita con tre punti informativi umani e noti – Davide, Paolo, Sergio – per le singole predisposizioni passionali (in termini di cultura,) con l’intento di servire ai deambulanti, a tal fine organizzati, la necessaria base conoscitiva su arti figurative e plastiche, su avvenimenti storici e su memorie di letteratura di viaggio. Il luogo si presta; ha secoli di studi, di saggi, di testimonianze a cui attingere, in virtù dei sedimenti sopra citati, che ne disvelano ancor oggi aspetti vintage, ma degni di recupero, e approcci curiosamente godibili. E così è stato: tutti sui pullman e via. A Varallo!

Chiudo il pedante, ma canonico pistolotto introduttivo e passo a soddisfare il lettore interessato a ripercorrere, seppur succintamente, il tratto letterario per sua memoria o perché allora distratto dalla vastità di stimoli che il luogo concede.

In termini temporali noi abbiamo costituito gli ultimi viaggiatori che dal millecinquecento (circa) al 21 maggio 2018 hanno calcato le scene del Teatro di Varallo. Per ottemperare al compito assegnatomi, tra gli innumerevoli visitatori del passato che hanno impresso a stampa suggestioni e opinioni sul vagare tra cappelle e montagne, ne ho scelti quattro, due italiani e due inglesi. È un viaggio tra le pagine di scrittori privi dei supporti della velocità, dei motori e delle carte di credito, ma dotati della lentezza dello sguardo e dell’attenzione degli altri sensi, strumenti che usano per cogliere dettagli del quotidiano vitale di luoghi e persone e il sensibile dell’invisibile delle arti.

Il canonico Francesco Torrotti nel 1686 pubblica “Storia della Nuova Gerusalemme”;non solo conferma che visitare il Sacro Monte per il pellegrino è come andare in Terrasanta, ma giustifica l’asserzione utilizzando similitudini geografiche: “Il Mastallone corrisponde al torrente Kedron e il Sesia al Giordano; il lago d’Orta a quello di Cesarea; al posto dei Leviti ci sono i frati di San Bernardo in Valle d’Aosta, dove le vestigia dell’antica Roma possono essere considerate simbolo delle vanità umane”.Indubbiamente un azzeccato spot promozionale che può lasciare i visitatori di allora attoniti per locali riferimenti alla Terrasanta allora a distanze abissali e ostacolati nel cammino da montagne ardue da valicare. Ma le testimonianze scritte del canonico Torrotti ci dicono che ai visitatori basta sapere di essere in una Nuova Gerusalemme, si fidano e sono paghi del percorso all’interno del Sacro Monte, tutti pervasi da allegrezza e gioiosità nel compierlo. Principi e principesse, umili pellegrini, prelati, militari, cavalieri e dame riempiono i sentieri tra le cappelle di canti, concerti e musica “con modeste e devota allegria di contegno”.  Una atmosfera che a prima vista potrebbe non essere adatta alla rappresentazione della passione di Cristo che il luogo trasmette, ma comprensibile perché è un modo, come scrive il canonico, “per celebrare le meraviglie create dal Signore”.Da notare che tra i gaudenti cita, per un suo comportamento da turista, Carlo Alberto di Savoia in visita con tutta la corte verso la fine del millecinquecento. All’uscita dal sacro luogo coglie un rametto di pino e se lo colloca sul cappello; subito imitato da tutti i componenti del suo corteggio, il gesto instaura una sorta di atto tradizionale che verrà ripetuto da allora dai visitatori nel lasciare la Nuova Gerusalemme. Si presume che venne un tempo in cui si pensò di proibirlo o impedirlo, per salvaguardare il bosco. Non ne abbiamo trovato varallo_print.pngconferma, ma il bosco ancor oggi è rigoglioso.

Di diversa sensibilità è il secondo visitatore italiano che ho scelto, Silvio Pellico. Vi sale accompagnando la marchesa Barolo-Tancredi, che lo ha assunto a suo servizio; impressioni, suggestioni ed emozioni profonde del nostro scrittore patriota troveranno slancio poetico nel carme che pubblicherà nel 1837 dal titolo “Il Sacro Monte di Varallo”.Ecco un estratto. “E il passegger che faticando vi monta/Pago sopra le balze indi si posa/Dovunque ei volge la pupilla/Del Creator la maestà gli brilla/No, qui nulla è volgar/Tutto è sapienza/Istoriate scene del Vangelo/Han qui una voce che rammenta il cielo/O Santuari, abbiatevi il mio canto/Io nei delubri di Varallo ho pianto”.

Di sicuro la compostezza britannica evita di soffermarsi sull’emotività, seppur innescata da un’atmosfera di contrizione pia. In effetti i due viaggiatori inglesi prescelti da me sono più propensi alla notazione dotta, concretamente esauriente e suscitatrice di curiosità nel lettore nel descrivere con una prosa a metà tra memoriale e guida turistica meraviglie ed orrori imputabili alla Natura, all’artigianato e alle arti, alle situazioni che le strade impervie, non illuminate, riservano dopo una curva e soprattutto di notte. Per non parlare della capricciosità del clima. Emerge però un tratto comune a questi due viaggiatori ottocenteschi: sono affascinati dal territorio, naturale e creato dal lavoro e dalla ingegnosità artistica e architettonica dell’uomo.  Fascino che si svela anche nella simpatica relazione con gli abitanti, noi italiani del passato, la cui disponibilità e accoglienza è rimarcata e lodata, virtù rara per i viaggiatori del Gran Tour che vedevano in ogni luogo osti disonesti, cavallanti truffatori, ladri, briganti e donne di malaffare.

Samuel Butler (1835 – 1902) personalità culturale di spicco in patria, autore di romanzi e saggi, per molti anni trascorre un mese e più a visitare l’Italia, anche in tempi di sue ristrettezze economiche. Nell’opera “Alpi e Santuari di Piemonte e Canton Ticino”dedica pagine a Varallo e al suo Santuario. Ne evidenzia le caratteristiche escursionistiche e gli spunti per chi ama dipingere; annota con particolare attenzione l’accoglienza delle persone: “Sono fin troppo ospitali, personalmente sono loro debitore del massimo onore che mai mi sia stato conferito”.In questo lembo di Italia si sente felice e appagato al punto che si inalbera quando si imbatte nel breve commento lasciato da un connazionale su un quaderno d’ospiti di un albergo di Orta: “Disgustato!”

Commento che Butler ritrova all’albergo Italia a Varallo e si inalbera di più, ma poi si accorge che un altro inglese ha pensato di rimediare alla scorrettezza scrivendo: “Il sentimento è contagioso e mi ha fatto venire davvero il disgusto per questo inglese che viaggia invano”.

Chi non viaggia invano è certamente il reverendo anglicano Samuel William King (1821 – 1868); visitare il nostro Paese è parte importante della sua vita, prediligendo l’esplorazione delle valli alpine, al punto che muore in Engadina dove è sepolto. Nei suoi appunti – che trasformerà in una corposa opera di letteratura di viaggio – dimostra di saper cogliere sia il dettaglio di vita quotidiana sia il valore delle opere d’arte e degli artisti che hanno creato il Sacro Monte, in particolare di Gaudenzio Ferrari; di lui descrive vita e attività con pagine che ricordano lo stile del Vasari contaminato dalla concretezza illuministica.  Gustosi e curiosi sono i bozzetti di vita spicciola e di situazioni improvvisate che arricchiscono le descrizioni dei luoghi e gli spostamenti del reverendo King. “A Varallo non c’era nemmeno un mulo da poter utilizzare; tuttavia, previo un accordo, mi era stato promesso un pony. Quando comparve davanti alla porta dell’albergo trasalimmo: un rachitico e scheletrico piccolo quadrupede la cui smilza carcassa era avvolta dai lembi della sella come un grande sandwich.”Inutile aggiungere che il viaggio proseguì a piedi.

Varallo_Sesia_Sacro_Monte_di_Varallo_016.JPGDi tutt’altro tenore lo stupore della scoperta della bellezza delle donne popolane della valle durante la fiera annuale di Varallo. “Quando le vedemmo per la prima volta raggruppate in numerosi capannelli, rimanemmo esterrefatti poiché nei profili dei loro tratti c’era un certo richiamo a quelli greci così come nei loro abiti pittoreschi al punto che provavamo la sensazione di essere entrati in un paese fantastico. Anche le donne anziane avevano un aspetto estremamente fine e conservavano le tracce della loro giovanile bellezza alla quale si aggiungeva la dignità degli anni nel portamento e nel tratto; fummo indotti a pensare che fossero signore di buona famiglia che, per qualche stramberia, fossero andate al mercato con i loro prodotti”.

Sono solo poche righe delle numerose pagine dedicate a quanto i due scrittori inglesi osservano e annotano durante i loro viaggi materiali e mentali in Valsesia; due approcci diversi: scanzonato e librante nella cultura personale il Butler; esauriente anche nelle inconsuete curiosità, ma sorretto da competente sensibilità artistica, il King. Entrambi manifestano una peculiarità: il vissuto del viaggiare nei suoi risvolti del contatto con la natura, impervia o spettacolare, e con le genti, umili, ma dignitose e disponibili; entrambi sono consapevoli di attraversare una comunità genuina, con un senso di appartenenza ad una cultura diversa e forse più arretrata della loro, ma pur sempre espressione di valori umani.

I valligiani saranno riconoscenti e lo dimostreranno dedicando a Samuel Butler una artistica targa lungo il percorso tra le cappelle e al reverendo Samuel William King traducendo nel 2008 per la prima volta in italiano, a cura della associazione culturale Zeisciu di Alagna, “Le Valli Italiane delle Alpi Pennine”edita a Londra nel 1858.

E i viaggiatori della nostra associazione che hanno quel giorno visitato Varallo possono ricordarsi della modalità con cui sono stati stimolati tra sentieri e opere d’arte su al Sacro Monte e giù alla chiesa di Santa Maria Assunta. È nostro desiderio che sperimentino e amplifichino questa modalità nei loro viaggi personali, preparandoli utilizzando carte topografiche e stradali, guide gastronomiche, ma anche letture di viaggiatori, passati o moderni, che trasmettono ai posteri impalpabili atmosfere utili a meglio assaporare luoghi e genti.

 

Bibliografia e fonti

Samuel Butler – Alpi e Santuari – Edizioni Piemme
Samuel William King – Le Valli Italiane delle Alpi Pennine – Edizioni Zeisciu
Silvio Pellico – Il Sacro Monte di Varallo – Corradini editore
Luigi Boniforti – Il lago Maggiore e Dintorni – Piero Gribaudi Editore
Eugenio Manni da Massino – I Campanili della Valsesia – Fascicolo I° – 1973

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