Primo Levi scrisse:
quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo
e
se comprendere è impossibile, conoscere è necessario!
Queste citazioni hanno riscontrato un consenso così forte da diventare quasi un proverbio popolare, ma nonostante tutto siamo riusciti a chiuderlo dentro ad un cassetto così come molti libri di storia e testimoni.
È certo che noi siamo ciò che ricordiamo di essere stati e che senza memoria non vi è futuro. Tutto ciò che noi siamo ha le sue radici nel passato, questo era noto anche a quelli della SS che proprio per tale motivo andavano ripetendo ai prigionieri: “nessuno sopravviverà!”. E se per puro caso qualcuno sfuggirà e racconterà dell’accaduto, non verrà creduto. Senza memoria storica, una comunità rischia di perdere e smarrire la propria identità culturale e civile. Per questo motivo il luogo storico riveste notevole importanza.
Per luogo storico intendiamo il luogo stesso in cui è realmente accaduto ciò che forgia il ricordo e ne determina la memoria. Il campo di Dachau di cui parleremo a tal proposito svolge una funzione importantissima. Dachau è il luogo in cui si trova una delle prime strutture create per soffocare il dissenso e spezzare la resistenza al nazionalsocialismo. Esso è, difatti, ricco di fonti di informazione facilmente accessibili attraverso le esposizioni. È altresì ricco di resti autentici della originaria struttura detentiva.
I memoriali situati nei luoghi storici autentici con il loro muto e pressante invito alla riflessione ci portano al confronto con il tragico passato, dandoci modo visitandoli di comprendere razionalmente ed emotivamente la dura realtà del potere nazionalsocialista, il consenso e la resistenza. Questi memoriali offrono, per certo, spunti di riflessione che andrebbero successivamente ripresi e approfonditi in altre sedi. Ricordo le mia esperienza a Dachau, Nazweiler Srtrutof, Buchenwald e Mauthausen. Concludo questa mia introduzione sottolineando che la memoria storica può essere considerata il futuro di un popolo e che così come ciascun individuo fa tesoro dei propri errori al fine di migliorarsi, un popolo deve fare chiarezza sugli errori sfociati spesso in orrori commessi in passato dai suoi predecessori al fine di evitarne il ripetersi.
Verso il memoriale
Per i sopravvissuti la lotta contro la rimozione e l’oblio divenne una questione di capitale importanza. In occasione delle varie commemorazioni molti di loro tornarono a Dachau. Dopo un primo incontro internazionale, avvenuto nell’aprile del 1955, i sopravvissuti si riunirono nel Comité International de Dachau e cominciarono a lottare per ottenere la creazione di un degno memoriale. Qualche tempo prima del 30 aprile 1950 ci fu l’inaugurazione del monumento al detenuto anonimo davanti al crematorio. La scelta dell’artista però fece alquanto discutere poiché lo scultore Fritz Koelle fu inizialmente perseguitato dai nazisti ma è anche certo che, in secondo tempo, sia sceso a compromessi
con il regime.
Obbiettivi del Comitato:
- mantenere vivo il ricordo,
- riportare il campo nello stato in cui si trovava nel 1945 e aprirvi un centro di documentazione e un museo,
- la costruzione di un monumento commemorativo.
Il memoriale è stato aperto nel 1965 e nel 1968 è stato inaugurato sul piazzale dell’appello il monumento internazionale. Il governo bavarese e il comitato internazionale di Dachau hanno così ufficialmente assunto la comune responsabilità del memoriale.
Personalità che hanno contribuito alla nascita e formazione del memoriale
Degno di nota è sicuramente colui che ha rivestito x anni la carica di Presidente del Comitato Internazionale di Dachau: il generale belga Albert Guerisse morto nel 1989 fu imprigionato in vari campi, tra cui Dachau nel 1945, con ordine di esecuzione, che evitò a causa dell’annuncio dell’imminente arrivo degli alleati. Era membro del SOE un’organizzazione Britannica contro il nazionalsocialismo. Faceva altresì parte della resistenza.
Notevole anche l’apporto di un gruppo di ex perseguitati Bavaresi, che nel 1959 avevano dato vita ad un comitato di sostegno. Tra questi ricordiamo:
- Alois Hundhammer (1900-1974)
Nel 1932 era un deputato del partito popolare nel parlamento bavarese e nel 1933 venne internato per un mese a Dachau. Fu ministro dell’agricoltura, era un democratico. - Otto Kohlhofer (1915-1988)
Venne arrestato nel 1935 per aver distribuito stampati e volantini contro il regime nazionalsocialista. Dopo 2 anni e mezzo di carcere venne internato a Dachau dove vi rimase fino alla fine della guerra. Era comunista. - Johannes Neuhausler (1888-1973)
Teologo. Venne arrestato e deportato nel 1941 prima nel campo di Sachsenhausen e poi nel campo di Dachau. Rimase nel bunker lontano da tutti gli altri detenuti, fino alla liberazione. Ricevette favori dalla guardia che gli permise di ricevere visite e di uscire di tanto in tanto dalla cella finche non se la inimicò. - Ruth Jakusch (1914-1991)
Originaria di Francoforte e di religione ebraica, tornò in Germania al seguito delle truppe americane come interprete. Si adoperò per compiere numerose e importantissime ricerche per il memoriale. - Leonhard Roth (1904-1960)
Sacerdote e monaco domenicano, fu internato nel campo di Dachau nel 1943, dove si guadagnò il rispetto dei suoi compagni di prigionia prestando volontariamente assistenza ai malati di tifo. Dopo la liberazione restò nel campo come assistente spirituale degli ex guardiani SS, a loro volta internati. Da sacerdote fu anche un supporto ai profughi che furono sistemati nelle ex baracche del campo.