Tutti abbiamo visto la furia iconoclasta che si è abbattuta sull’occidente qualche settimana fa. Qualunque fossero le motivazioni, e qui erano legate ad una più che giusta protesta contro il razzismo, è il gesto in sé che preoccupa. Abbattere statue e monumenti o rimuovere toponomastiche implica un concetto: cancellare la memoria. Quei monumenti, quelle statue non sono più simboli: sono patrimonio della memoria storica che non può esserne orbata perché significherebbe perderne la funzione di guida alla comprensione del presente. Cancelliamo la Storia e il presente diverrebbe tirannica prevalenza dell’oggi. Qui sta il guasto insito nel gesto.
Qualcuno ha detto
le statue son fisse, la storia è in movimento,
quindi quell’accanimento distruttivo sarebbe null’altro che una applicazione pratica del revisionismo storico. Qualcuno ha difeso le statue ma con motivazioni che a ben vedere, giustificavano gli sfasciatori:
anche le statue muoiono, ogni generazione ha il diritto di abbattere i propri tabu
insomma un simbolico parricidio: uccidere i padri per diventare adulti. La psicanalisi applicata alla cronaca. Qualcuno ha ricordato che persino Cesare Pavese aveva scritto
una statua ci vuole anche per il gusto di buttarla giù
e che Karl Marx sosteneva che le idee dominanti sono le idee della classe dominante, quindi anche le statue riflettono e consacrano idee dominanti e una dominazione.

Opinioni di autorevoli opinionisti e autori che vanno rispettate ma non è detto che vadano condivise, perché ciò che filtra da quei gesti distruttivi è qualche cosa di malsano. Ciò che traspare è un messaggio pericoloso: la tradizione non serve e non vale più, la continuità è nociva, i simboli di una civiltà precedente debbono essere non studiati e magari anche condannati dagli storici, ma processati in piazza ed abbattuti.
Il risultato è che la nostra civiltà occidentale rischia sempre di più di perdere i propri punti fermi, la Storia non è più giudicatrice, come asseriva Benedetto Croce, ma giustiziera, anzi giustiziata. Questo è il frutto avvelenato di quell’imperante manicheismo che ritiene sé stesso progressista ma che opera in maniera oscurantista, pretendendo che il contemporaneo sia il solo punto d’osservazione da cui derivare giudizi storici, civili, morali, etici ed intellettuali sul passato.
C’era una volta l’impietoso tribunale della Storia che giudicava i fatti della vita; ora si pretende il contrario: che sia la vita ad ergersi giudice della Storia disponendone la condanna e la sua cancellazione. La Storia non è più magistra vitae ma è la vita che diventa magistra historiae. È l’opinione corrente che insegna al passato come avrebbe dovuto essere e lo punisce per aver violato il canone attuale.
Ma la Storia non la si può disfare a piacimento, la Storia per Nietzsche è una necessaria cristallizzazione che rende duratura la civiltà. La “storia monumentale” di per sé non è né buona né cattiva, ciò che la rende “positiva” o “negativa” è l’utilizzo che il “vivente” fa di essa. È la ricerca che può ripensare in maniera critica, ma con rigore scientifico, alla storia e ne giudica fatti e personaggi, collocandoli però, nel giusto tempo degli accadimenti.

Si fa invece strada, sempre più prepotentemente l’assoluta prevalenza del presente sul passato. Questa è la malattia del nostro tempo corrotto della civiltà del consumo che crede solo alla fruizione immediata e crea un preoccupante egocentrismo di massa. È il dominio della merce take away sul bene duraturo: tutto scade, compresa la storia, tutto diviene religione laica del politically correct che corregge ogni epoca, ogni valore, ogni civiltà col metro ideologico dell’attuale.
E si fa strada una ulteriore aberrazione: il progressismo degli sfasciatori vale nei confronti del passato ma si interrompe davanti al futuro. Guai a mettere in discussione i valori del presente che dovranno valere per sempre. Riuscite ad immaginare un futuro che sia la prosecuzione indefinita dell’oggi?
E siccome questi valori del presente si reputano corretti, debbono essere per forza giusti ed indiscutibili: “noi abbiamo ragione gli altri hanno torto”. Se solo non si fosse rinnegata la Storia si saprebbero cogliere i pericoli insiti in tale pensiero. Ma tant’è.
Buongiorno il razzismo e ignoranza , abbattere le statue ,tagliare la gola e: abbattere l’arte e il sapere .Non si cancella niente si deve ricominciare .E un istinto primordiale Da un ‘ignorante Christiane Begonnet Mail: cbegonnet@outlook.it Mobile: +393387679795
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Concordo in larga misura. Ma mi domando: è stato giusto abbattere le statue, per esempio, di Saddam Hussein, Mussolini, Stalin ? Forse possiamo ammettere che qualche volta è necessario. Importante è avere chiaro che un domani qualcuno potrebbe abbattere la tua di statua.
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