Dopo il momento di smarrimento nella Selva Oscura, il Sommo Poeta si riprende alla grande e decide di fare sul serio. La Storia ci ha raccontato che Dante non è stato solo ed esclusivamente un uomo di lettere ma è stato anche politico e valente soldato (non dimentichiamo la battaglia di Campaldino contro gli aretini). Nel secondo canto della Commedia, Dante sembra volerci ammonire: in questo suo viaggio egli è poeta, non più saggista né animatore politico.
Prima di buttarsi nell’impresa, si fa coraggio per intraprendere quello che sarà un altro grande viaggio per l’umanità invocando l’aiuto delle Muse, affinché le sue doti da letterato possano assolvere a pieno un compito che sarà tra i più ardui: raccontarci quello che vedrà e vivrà nel mondo delle anime. Un espediente decisamente classico per l’uomo medioevale che trovava queste invocazioni quasi quotidianamente nella letteratura greca, che era tornata in auge.

Gustave Moreau
Museo d’Orsay
Questa invocazione iniziale fa riflettere. Se Dante avesse voluto offrirci un suo saggio come il De Monarchia, perché scomodare le Muse, che erano impegnate nella loro piacevole danza in compagnia di Apollo? Semplicemente perché il Sommo Poeta sta creando un’opera d’Arte. Dante non poteva saperlo ma le Muse lo ispireranno oltre ogni aspettativa, aiutandolo a creare una delle opere fondanti della cultura italiana. Non un saggio politico o teologico ma un’opera d’Arte, che come tale offre la possibilità di molteplici chiavi di lettura, senza escludere la possibilità di leggere l’opera anche con un’interpretazione morale o politica.
Il secondo canto dell’Inferno introduce anche le due grandi fonti di ispirazione di Dante, due persone che ha amato in modo diverso ma con eguale forza. L’angelica Beatrice e il marmoreo Virgilio.

Dante prova una vera e propria venerazione per il poeta mantovano e lo sceglie come sua guida personale per la maggior parte del suo viaggio ultraterreno. La scelta non è stata né casuale né dettata da un semplice trasporto momentaneo. Virgilio ha sempre goduto di alta considerazione nel mondo culturale e lo stesso Dante è rimasto più volte folgorato durante lo studio dei suoi testi.
L’aura quasi mistica di Virgilio ha radici già nel mondo classico, dal momento che il poeta godeva della considerazione di sapiente onnisciente oltre a quella di massimo autore latino; in poche parole l’uomo giusto per Dante che studiandone le opere ha potuto toccare con mano la sconfinata conoscenza del poeta mantovano, lasciandosi più volte ispirare da lui.
Principalmente sono tre i motivi che portarono Dante a scegliere Virgilio come guida nel suo viaggio iniziatico. La prima motivazione la troviamo nel Convivio, dove Dante lo definisce il modello poetico di “bello stile” ed eloquenza. Il secondo motivo è dato dal fatto che anche Virgilio ha scritto un’opera dedicata ad un viaggio, nella sua celeberrima Eneide Virgilio ci fa viaggiare insieme al fuggitivo Enea da Troia che terminerà il suo viaggio in Italia. Ultimo motivo e forse il più importante: Virgilio è stato il cantore dell’impero romano. Nel De Monarchia Dante spiega non solo il motivo per cui l’imperatore sia l’unico che possa garantire la miglior forma di governo ma spiega anche perché l’egemonia dell’Impero romano sul mondo conosciuto debba essere vista come una manifestazione del volere divino.
Dante ha eletto Virgilio a suo maestro nell’Arte; l’Arte è un viaggio iniziatico; Virgilio è l’unica persona che Dante ha voluto al fianco per iniziare questo viaggio iniziatico.
Vi è anche un altro aspetto molto interessante legato a Virgilio. Il poeta di Mantova si presenta nel primo canto dicendo di sé:
… Non omo, omo già fui,
e li parenti miei furon lombardi,
mantoani per patrïa ambedui.
In Italia si iniziò a parlare della regione Lombardia nel 1948 e fu istituita solo nel 1970, Virgilio però si presenta come lombardo. Ovviamente nella Storia d’Italia si parla di Longobardia (o Langobardia, in latino) facendo riferimento al territorio settentrionale sotto il dominio dei germanici Longobardi.
Le parole di Virgilio riportate nella Commedia acquistano un significato tutto particolare. Possiamo qui toccare con mano come l’Italia e le sue regioni non siano solamente delle entità geografiche o giuridiche ma siano una forma di pensiero; esse infatti sono vive nelle menti degli italiani ben prima della loro creazione ufficiale. Una testimonianza ce la offre il poeta Cecco Angiolieri, che scrive questo sonetto scherzoso a Dante:
Dante Alighier, s’i’ so bon begolardo, tu mi tien’ bene la lancia a le reni, s’eo desno con altrui, e tu vi ceni; s’eo mordo ’l grasso, tu ne sugi ’l lardo; s’eo cimo ’l panno, e tu vi freghi ’l cardo: s’eo so discorso, e tu poco raffreni; s’eo gentileggio, e tu misser t’avveni; s’eo so fatto romano, e tu lombardo. Sì che, laudato Deo, rimproverare poco pò l’uno l’altro di noi due: sventura o poco senno cel fa fare. E se di questo vòi dicere piùe, Dante Alighier, i’ t’averò a stancare; ch’eo so lo pungiglion, e tu se’ ’l bue. ___ Parafrasi: Dante Alighieri, se io sono un bel buffone, tu viene subito dopo di me; se io mi procuro il desinare a spese d'altri, tu a spese d'altri ti procuri la cena; se io mordo il grasso, tu ne succhi il lardo; se io ho trasceso, tu certo non ti moderi molto; se io m'atteggio a nobile, anche tu ti atteggi a messere; e se io ho soggiornato a Roma, tu fai il parassita in Lombardia. Sicché, sia lode al cielo, ciascuno di noi due ben poco può rimproverare all'altro: poca fortuna o poco giudizio ci inducono a questo. E se vuoi continuare a discutere di ciò, Dante Alighieri, io ti stancherò, poiché io sono il tafano e tu sei il bue.
Quando Cecco scrive questo sonetto Dante è in esilio, quindi è stato scritto dopo il 1303 e qui vediamo già come la Lombardia sia una presenza ben concreta nella mentalità dell’epoca.
L’Italia non è ancora stata creata ma esiste già.
Interessante che Dante faccia dire a Virgilio di essere “lombardo” e non Mantovano, secondo il latino “Mantua me fecit…”. Quanto a Dante “fatto lombardo” da Cecco Angiolieri, è ancora più da interpretare, perchè Dante nella Lombardia di oggi, per quanto ne so, non venne mai a vivere durante il suo esilio. Si recò invece nelle terre a nord dominate dai Longobardi, Forlì, Ferrara, Verona, e finalmente Ravenna, che, non so dire perchè, mi sembra che il poeta avrebbe dovuto trovarsi a suo agio, finalmente in patria.
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Ciao Anna Giulia,
il termine Lombardia ovviamente in quest’epoca non si riferisce all’attuale regione ma già nell’epoca di Dante si stava “ridimensionando” rispetto al passato (i Longobardi avevano esteso il loro regno praticamente in tutto lo Stivale) e si stava spostando sempre più a nord, riferendosi a Bartolomeo della Scala (importante famiglia di Verona) Dante lo chiamerà “il gran lombardo”. Sull’itinerario percorso da Dante si sa veramente poco, purtroppo non ci sono documenti su cui studiare, si presuppone però che si spostò da Verona a Brescia.
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