Alla corte di Gustav III

Gustav III fu un re di grande intelligenza e carattere, amante della cultura e un illuminato innovatore. Decretò la libertà di culto (almeno per coloro che non erano cittadini svedesi) e di stampa, abolì la tortura e la degradazione dei condannati, per infamante che fosse la loro colpa. Amava la raffinatezza, la cultura e soprattutto il teatro, tanto da scendere egli stesso in scena. Fu perciò soprannominato “il re teatrante”, e di certo alla sua Corte non ci si annoiava, anche se non poteva confrontarsi con quella di Versailles, quanto a fasto. 

Tuttavia egli era anche molto temuto, usava i sottoposti come sul teatro organizzava le scene, era un abile dissimulatore con quanti non gli ispiravano fiducia e un nemico pericoloso e tenace. Al contrario, sapeva essere affabile e quasi disarmante con coloro che riteneva di poter “utilizzare”, come allora si diceva di chi poteva rendersi utile allo stato in cui viveva. 

Aveva posto termine alla dominanza dei partiti con un golpe militare, terminato senza spargimento di sangue dopo che il potere monarchico era stato ristabilito. Al termine di una turbolenta seduta parlamentare, il Conte von Fersen, padre di Hans Axel e capo del partito dominante, era stato anche incarcerato, anche se con un buon trattamento e per poche settimane.

Una lega di nobili pose fine alla vita di Gustav III nel marzo 1792, quando si stava adoperando con passione per salvare monarchi e monarchia in Francia. L’assassino, Ankarström, gli sparò un colpo di pistola al fianco durante un ballo in maschera, nel salone dell’Opera di Stoccolma. Il re morì dopo un’agonia durata due settimane, in seguito alla cancrena causata da proiettile, localizzato vicino al rene e che non era stato possibile rimuovere. La monarchia francese perse il suo più appassionato ed irriducibile sostenitore, e forse il solo alleato sincero.

Nella lettera riportata in seguito si intravvede il suo carattere. 

Il Conte Hans Axel Fersen, da poco tornato in Europa dalla campagna militare in America, durante la rivoluzione americana, gli aveva chiesto aiuto per divenire colonnello proprietario del Royal Suédois, reggimento straniero accorpato all’esercito francese. L’ostacolo principale era il fatto che il severo padre di Axel Fersen, il conte Fredrik Axel von Fersen, si dichiarava impossibilitato a sostenere la spesa. Ecco l’intervento di re Gustav III.

Signor Conte von Fersen,
ho ricevuto ieri la vostra lettera del 17 luglio (1783) e le due, incluse nel plico, scritte dal giovane Conte Axel. Capisco perfettamente quale gioia vi procuri il ritorno a casa di un figlio tanto promettente, che corrisponde perfettamente a tutte le aspettative che voi avete il diritto di riporre in lui. Vi assicuro di condividerle e di offrire la mia amicizia ad entrambi. Capisco altrettanto bene quanto sia inquieto il vostro cuore paterno alla prospettiva di essere separato per un tempo ancora lungo da un figlio a voi così caro sotto ogni aspetto. Tuttavia, mio caro Conte, lasciatemi dire che mi sembra di poter esaudire il desiderio di entrambi in modo molto semplice. Inoltre, aiutando il vostro figliolo a realizzare i suoi piani, si otterrà di legarlo più stabilmente a noi che costringendolo a rinunciare.
È un’occasione straordinariamente favorevole, che potrebbe coinvolgere l’intera vostra casa, dato che vi assicuro di poter sistemare anche il vostro secondo figliolo. Il posto che il vostro figlio maggiore ricopre nei primi due corpi d’armata della mia guardia reale rende possibile e necessario che egli presti servizio presso di me e in patria per sei mesi, mentre nei sei mesi successivi egli risiederebbe in Francia, al comando del suo reggimento, nei modi che il suo rango e i suoi rapporti con la Corte di Versailles richiederanno. Sia voi, sia io avremmo dunque la gioia di averlo presso di noi per la metà dell’anno. Quando poi l’età, il matrimonio e i figli lo riporteranno in patria, potrà lasciare il suo reggimento, che si è così ben meritato con la sua campagna militare in America, a suo figlio, o magari a suo fratello.
Mi sembrerebbe di consigliarvi male, se vi distogliessi da un affare così sicuro e prestigioso. Da parte mia considero questa una possibilità estremamente vantaggiosa. Ne ho anche scritto a Monsieur de Staël [ambasciatore svedese in Francia e coniuge di Germaine Necker, la famosa M.me de Staël]. Tutto ciò che pretendo è la permanenza in Svezia del giovane Conte Fersen per sei mesi l’anno, e questa è cosa fatta, dato che la decisione dipende dagli accordi fra i due sovrani responsabili degli incarichi. Mi sento più sicuro nell’avere vostro figlio a mezzo servizio, piuttosto che saperlo affidato completamente ai vostri o ai propri voleri.
Per il resto, mio caro Conte, spero che voi possiate vedere in tutto ciò che vi ho scritto l’amicizia e l’interesse che provo per entrambi, ed è con questi sentimenti che chiedo a Dio che possa mantenervi sotto la sua altissima e santa protezione, e che io possa divenire
                                                           Il vostro affezionato amico
                                                                                   Gustav.

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