Premessa
Questo articolo mi fa tremare i polsi: ho la pretesa di riassumere in un breve articolo almeno un anno di matematica del liceo, ed il pensiero del grande Newton! Vediamo cosa riesco a fare.
Vi ho parlato di spazio, velocità, accelerazione: però, ho parlato solo di velocità ed accelerazione media. La vostra obiezione è: mentre accelero l’auto, il tachimetro mi indica ad ogni momento la velocità a cui sto andando. Alla fine dell’accelerazione, la velocità raggiunta non è la velocità media: cosa misura il tachimetro?

Per rispondervi, riprendiamo il diagramma dello spazio percorso. Sono evidenti tre tratti: da 0 a P1 l’auto accelera; da P1 a P2 procede a velocità costante; da P2 a F decelera. In 0 ed in F l’auto è ferma. Attenzione; le coordinate sono tempo (in secondi) e spazio (in metri).
Consideriamo ora solo il tratto tra 0e P1. Abbiamo detto che la velocità media è lo spazio percorso (nel diagramma, 900 m) diviso il tempo impiegato a percorrerlo (60 s).

Considerate la linea rossa che ho sovrapposto al diagramma: se fosse il diagramma del vostro spostamento, quale sarebbe la sua velocità media? Ovviamente, la stessa: qualunque sia il movimento tra 0 e P1, la velocità media non cambia! Questo perché nella media intervengono solo due valori, 0 e P1; quello che succede in mezzo non cambia la media.
Bene: ora, considerate i due tratti verdi: rappresentano il caso in cui siete andati a 225/30 = 7,5 m/s per 30 s, e poi a 675/30 = 22,5 m/s per gli altri 30 s. In ciascuno di questi tratti si parla sempre di velocità media, che dipende solo dagli estremi. Cosa succede se consideriamo tratti sempre più piccoli, cioè se consideriamo intervalli di tempo sempre più vicini?
Per chiarezza, ho disegnato in arancione un tratto di 5 s e ne ho calcolato la velocità media. Possiamo ripetere l’operazione con intervalli di tempo sempre più piccoli. Succedono due cose:la linea spezzata corrisponde sempre di più alla linea blu continuae la velocità media calcolata in questi intervalli si avvicina sempre di più alla velocità istantanea indicata dal tachimetro!
Ecco il capolavoro di Newton: inventare una definizione esatta per la velocità istante per istante di un oggetto in movimento, che è la seguente:
La velocità istantanea di un corpo, in un punto P del suo movimento, è il limite del rapporto tra lo spazio percorso a partire da P ed il tempo impiegato a precorrerlo, quando il tempo diventa sempre più piccolo (in matematica, si dice che tende a zero): questo limite si chiama derivata della curva nel punto P. Matematicamente, seguendo la notazione di Leibnitz, si dice che:

dove dtindica un intervallo di tempo prossimo a zero, e dsè il corrispondente spazio percorso, a partire dal punto P in cui misuriamo la velocità. La formula si legge: la velocità vè il limite del rapporto dsdiviso dt, quando dttende a zero.
Siete riusciti a seguirmi? Bravissimi! Siete più bravi voi di me, che vi spiego!

Facciamo un altro passo.
Se applichiamo la definizione al tratto rosso rettilineo, cosa troveremo? Troveremo che la velocità è costante su tutto il tratto! Infatti, nel disegno, i rapporti b/a e d/c, che esprimono la velocità, sono uguali perché appartengono a triangoli simili.
Inoltre, poiché b/a = d/c è la pendenza della retta, possiamo dire che la velocità in P è la pendenza della retta.

E per il tratto curvilineo? Nel disegno a fianco è evidente che, nella curva, il rapporto a/b è diverso dal rapporto c/d: quindi, per conoscere la velocità nel punto P, occorre considerare il limite di questo rapporto.
Man mano che il segmento PP1 diventa più corto, avvicinando P1 a P, la retta diventa la tangente alla curva nel punto P. Quindi, si può concludere che la velocità istantanea in P è la pendenza della tangente alla curva, nel punto P scelto.

Ebbene, se tracciamo il diagramma della velocità dell’auto, cioè delle pendenze della curva spazio – tempo, scopriamo che la velocità istantanea, nel nostro caso, è aumentata in proporzione al tempo; ha raggiunto il suo valore massimo, e poi è diminuita, sempre in proporzione del tempo, sino a zero. Ripeto: questo diagramma è giusto solo perché la nostra automobile ha accelerato e decelerato costantemente: con accelerazioni diverse, i diagrammi della velocità (e dello spazio) rispetto al tempo sarebbero diversi.
Ora dobbiamo chiederci: e quale sarà il diagramma dell’accelerazione nel tempo?

Poiché sappiamo che l’accelerazione media è la variazione della velocità nel tempo considerato, possiamo concludere che l’accelerazione, istante per istante, è la derivata della velocità:

Poiché la derivata di una retta è un valore costante, il diagramma dell’accelerazione è quello della figura. Il tratto 0-P1ha accelerazione costante (0,5 m/s2); il tratto P1-P2ha accelerazione nulla (non cambia la velocità); Il tratto P2-F ha anch’esso accelerazione costante (-1 m/s2).
Ma poiché abbiamo visto che

ne consegue che l’accelerazione, rispetto allo spazio, è la derivata della derivata dello spazio rispetto al tempo! Matematicamente, la formula diventa:

E si legge: “l’accelerazione a è la derivata seconda dello spazio rispetto al tempo”.
Chiaro? Bello? Speravo di dirvi tutto in questo articolo, ma è proprio impossibile. Voi direte: cosa c’è d’altro? C’è che devo rispondere all’altra domanda: abbiamo visto come si passa dal diagramma spaziale a quello della velocità ed a quello dell’accelerazione; come si passa, viceversa, dall’accelerazione alla velocità ed allo spazio percorso? È ciò che vi spiegherò nel prossimo articolo. Forza e coraggio!