Un ballo in maschera

Venerdì 16, un quarto d’ora prima di mezzanotte, quando il re fece il suo ingresso al Ballo in Maschera presso l’Opera, fu colpito a tradimento nella schiena da due proiettili da pistola senza che nessuno si rendesse conto da che parte provenivano. Egli poi salì nelle sue stanze al piano superiore, e in seguito fu riportato a casa, nel palazzo reale, non senza dimostrazione di grande coraggio.

Il 17 è stato arrestato il regicida, cioè il capitano dimissionario Jacob Johann Ankarström. Ha confessato di aver per lungo tempo nutrito un odio personale nei confronti del re, e di aver deciso di vendicare il rancore cresciuto in seguito a una grande quantità di offese. Si era liberato delle pistole gettandole a terra, cosa che si riseppe dopo l’interrogatorio. In seguito furono arrestati molti che avevano preso parte a quel crimine efferato. Per esempio i conti Fredrik Ribbing, Claes Horn, Ehrensvärd, consigliere di Engenström, il generale Peclin e molti altri. Un certo barone Thure Bjelke si uccise quando vide il cadavere del regicida trasportato su un carro e condotto alla sepoltura a Galgbacken [il luogo delle esecuzioni e delle pene corporali, vi venivano sepolti i condannati a morte], con lui si estinse l’antico casato dei Bjelke. Un altro, di nome Örner, si impiccò mentre era agli arresti. Un altro complice era il barone Lilijehron, che pure era stato uno dei principali favoriti del Re.

All’inizio si pensò che si potesse sperare che il re potesse salvarsi. Al Castello Ogni giorno a mezzodì il vescovo Vallqvist, che ora è predicatore, faceva recitare preghiere pubbliche al Castello. Il Re Gustav III morì un giovedì, alle 10.55 del mattino, per le conseguenze della ferita riportata dallo sparo. Aveva 46 anni e due mesi. Durante tutto il periodo della sua agonia conservò il buon umore e si sottopose con grande pazienza a molti e difficili interventi chirurgici e revisioni della ferita, finché non morì in silenzio e del tutto tranquillo. All’ultimo minuto nominò il suo favorito, il barone Armfeldt, come reggente, ma questa sua ultima disposizione fu poi disattesa e Armfeldt dovette recarsi a Napoli con l’incarico di Ambasciatore. Durante il periodo di malattia aveva anche raccomandato al duca Carlo di trattare con tutta l’umanità possibile coloro che avevano congiurato per la sua morte.

Alle 12 si recitarono preghiere funebri in tutte le chiese, annunciate dal suono delle campane.

Nel pomeriggio fu proclamato re il Principe Ereditario Gustav Adolf, di 13 anni e 5 mesi. Il principe Carlo diventerà il suo tutore e sarà reggente durante la minore età del re.

Pasqua cade in aprile. Il questo giorno il corpo del re è stato imbalsamato, ma non completamente, e non com’era uso con i suoi predecessori, perché egli stesso aveva proibito questa pratica. Seguirono alcuni giorni di lutto nazionale, che si celebrarono con rito comune, alle 9 di sera nella chiesa di Riddarholmen. Ormai faceva chiaro, ma il tempo freddo e molto ventoso durò per diversi giorni. Ora di notte i borghesi organizzano pattuglie nelle strade.

Ankarström fu esposto al palo un’ora ogni giorno, in diverse piazze cittadine e ogni volta ricevette 5 paia di frustate.

Eravamo a -6°C e nevicava.

Ankarström fu decapitato, smembrato ed esposto sulla ruota a Galgbacken. Era un bell’uomo di 28 anni, ma aveva sempre avuto la nomea di essere oltremodo sgarbato e di temperamento indomito. Ha lasciato una vedova e quattro figli ai quali, come a suo fratello, fu cambiato il nome il Lövenström [nome formato in parte dal nome materno, in parte da quello paterno, che essendo nobile era stato deregistrato].

Dopo qualche tempo, il corpo di Ankarström fu calato giù dalla ruota e occultato, ma fu ritrovato non molto lontano, nella chiesa di Bränna. Era avvolto in un sacco abbandonato sotto un ponte, venne di nuovo esposto. …omissis… La vedova di Ankarström si sposò con un tale Runneberg che era stato il suo amante quando il marito era ancora vivo, dopo di che si trasferì nel Gotland. Prima di sposarsi era stata la nobildonna Löven, e si crede che il suo comportamento scandaloso abbia influito molto sull’esito disperato del marito. I due figli di Ankarström se ne andarono via da regno, e raggiunsero un’età avanzata. Uno di loro ritornò poi in Svezia, dove visse come proprietario terriero. Delle due figlie, una si sposò con un grossista di Visby, tale Fårheus, l’altra con un prete del Gotland.

Lunedì 14 maggio il re fu sepolto nella chiesa di Riddarholmen. La cerimonia iniziò alle 5 del pomeriggio e si protrasse fino alle 9. L’arcivescovo von Troll tenne la predica funebre. Il tempo era bello, ma freddo. La preghiera funebre si tenne anche in tutte le altre chiese. Noi assistemmo alla processione per la sepoltura dalla casa del dottor Flodin, sul Kyrckobrinken. Negli otto giorni seguenti, ogni pomeriggio, si suonavano i canti del dolore mariano. Fino alla fine di maggio il tempo fu secco e ventoso.

Fonte: Christina Juliana Wargentin. Dagbok 1771-1825. Stockholm Stadsmuseums Arkiv. Full text: (trascrizione del testo originale). https://stockholmskallan.stockholm .se/post/10064

Così scrive la signorina Christina Juliana Wargentin, donna di estrazione borghese, nella sua cronaca di Stoccolma, circa la notte del 16 marzo 1792, quando si celebrò il ballo in maschera più famoso della storia svedese e non solo. Le conseguenze dello sparo che rimbombò nella sala dell’Opera sono riportate con puntualità dalla signorina. Un ballo in maschera, una delle tante feste che avevano caratterizzato il regno di Gustav III, forse il più brillante dei regnanti svedesi, causò la tragica morte del re appena 46enne, e mise fine al suo tempo. Si sarebbero dovuti attendere circa trent’anni, nel 1820, prima che all’Opera di Stoccolma fosse di nuovo organizzato un ballo mascherato, evento che la signorina Wargentin annota come una grande novità.

Già prima del Settecento balli in maschera erano, presso le corti europee, una delle tante feste di Corte, ed avevano essi stessi varianti numerose: feste contadine, scene pastorali e mitologiche, tornei cavallereschi. Il regno di Gustav III diede una ventata d’aria fresca a questa tradizione. Il re amava fin da bambino i travestimenti e il gioco di ruoli del teatro. Il suo primo maestro, Carl Gustav Tessin, diceva che il bambino si lasciava trasportare dalla fantasia al punto che gli occorrevano a volte alcuni giorni per poter rientrare nella normalità quotidiana. E da adolescente spesso lo si vedeva gesticolare e parlare da solo: recitava ruoli di opere teatrali che scriveva da sé, e questo gli permetteva di estraniarsi da una realtà in verità troppo stressante per un giovane intelligente e precoce. Nel 1788 aveva ottenuto un pretesto per muovere guerra alla Russia facendo indossare false divise da cosacchi a soldati svedesi, che avevano poi attaccato un posto svedese di dogana. I Russi avevano dunque attaccato la Svezia! Il pretesto per una guerra “giusta” c’era. Solo a cose fatte si ritrovarono le divise dei “cosacchi”: portavano il marchio della sartoria che forniva di costumi l’Opera di Stoccolma. Come si dice: “Chi di spada ferisce…”

Ma torniamo a ballo in maschera. Al tempo di Gustav III ciascun partecipante si faceva confezionare il costume che preferiva. Il tipo più comune era il cosiddetto “domino”, un mantello nero con il cappuccio e una maschera bianca, ancora oggi frequente al Carnevale di Venezia: era poco costoso e sotto si poteva indossare ciò che si voleva. L’alternativa al costume era l’uniforme da cerimonia, azzurra con finiture bianche per gli uomini, nero o blu scuro con profili bianchi per le signore. Spesso il re o i suoi famigliari non andavano mascherati ai balli, o comunque si rendevano riconoscibili, a meno che non ci fosse da parte loro l’esplicita volontà di partecipare in incognito. Questo permetteva loro di discorrere con chicchessia, senza dover osservare la rigida etichetta che impediva agli appartenenti ai ranghi inferiori di intrattenersi con chi era ad essi superiori, e allo stesso tempo di udire ciò che si diceva di loro, e che mai si sarebbe detto in loro presenza. Quella sera, il 16 marzo 1791, il re indossava una calzamaglia grigio-azzurro chiaro e una giacca di uguale colore, coperte da un lungo mantello blu scuro; in capo un cappello a falda larga dello stesso colore. Il viso era celato da una maschera bianca che lo copriva interamente, ma l’identità del re era chiaramente rivelata dal distintivo dell’Ordine dei Serafini che portava sulla sinistra del petto. Lo sparo lo colpì al fianco sinistro, mancando il cuore per un improvviso movimento del sovrano. La pallottola colpì vicino al rene e all’intestino, molto profondamente, non fu possibile asportarla e Gustav III morì lentamente di sepsi, un’agonia durata quattordici giorni durante i quali fu sempre lucido.Perché fu ucciso? Questo credo che non sia semplice da dire, non lo è mai nei crimini che coinvolgono personaggi pubblici. Gustav III, cha aveva voluto e saputo essere un monarca assoluto, si era trovato contrari proprio i nobili, fra i quali aveva cercato i suoi compagni di vita. Pochi anni prima dello sparo all’Opera una lega di nobili finlandesi si era aggregata ad Anjala, cercando di evitare la guerra contro la Russia dal re combinata. A ciò si aggiungevano malumori per le leggi sul monopolio di stato della produzione di grappa, le leggi suntuarie con le quali aveva cercato di sanare il bilancio di stato, le invidie dei cortigiani o i rancori di chi si era visto negare un privilegio. Soprattutto, però, re Gustav III, come Luigi XVI di Francia e, in un altro secolo, lo zar di Russia e l’imperatore d’Austria, non sopravvisse al suo tempo e alla società che egli stesso aveva costruito con visionario illuminismo.

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