La Divina Commedia illumina Firenze Domenico di Michelino (affresco - 1465)

Dantedì: un omaggio al Divino Poeta

Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi trovai per una selva oscura
ché la dritta via era smarrita

Inferno – Canto I

L’Inferno dantesco è la cantica, senza dubbio, più conosciuta tra le tre cantiche che compongono la Divina Commedia, e la più affascinante per i temi che affronta, attuali ed eterni, quali l’amore, la passione, l’invidia, i contrasti politici, il desiderio di conoscenza che va oltre lo scibile umano e che sfida Dio.

All’inizio del viaggio Dante incontra tre fiere, la lonza che rappresenta la lussuria, la lupa la cupidigia e l’avarizia e il leone la superbia.

Da lì inizia il suo viaggio attraverso l’inferno, tra peccatori e pene comminate secondo la legge del “contrappasso”, per Dante è la pena cui sono sottoposti i peccatori che riproduce i caratteri essenziali della colpa o alcuni di essi per analogia o per contrasto.

Pier delle Vigne, consigliere fidato di Federico II, suicida per essere stato condannato, pur innocente:

L’animo mio, per disdegnoso gusto,
credendo col morir fuggir disdegno,
ingiusto fece me contra me giusto.

Canto XIII

Ciacco, un fiorentino noto per la sua ingordigia:

Voi cittadini mi chiamaste Ciacco:
per la dannosa colpa de la gola,
come tu vedi, a la pioggia mi fiacco…”

Canto VI

I custodi e i giudici dell’Inferno:

Cerbero, fiera crudele e diversa con tre gola caninamente latra

Caron dimonio dagli occhi di bragia…

Stavvi Minòs, orribilmente ringhia: essamina le colpe ne
l’intrata; giudica e manda secondo ch’avvinghia

Il Conte Ugolino, tradito e proditoriamente rinchiuso in una torre assieme ai suoi figli, li vede morire ad uno ad uno finchè

più del dolor potè il digiuno

Unknown
Paolo e Francesca


Paolo
e Francesca, i due amanti trascinati da una bufera infernale, allo stesso modo della passione che li ha travolti in vita, trafitti da una stessa lama. Dante, pur condannando il peccato da loro commesso, esalta l’amor cortese

Amor che a nullo amato amor perdona

significando che l’amore deve essere corrisposto, ma nell’ascolto della narrazione:

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese di costui piacer sì forte
che, come vedi, ancor non m’abbandona

Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancilotto come amor lo strise;
soli eravamo e sanza alcun sospetto

Quando leggemmo il disiato riso
esser baciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bicca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu ‘libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo
avante

Canto V

Il mitico Ulisse, eroe greco della Guerra di Troia, per soddisfare la sete di conoscenza:

l’ardore, ch’i ebbi a divenir del mondo esperto e delli vizi umani e del valore

osa sfidare gli dei oltrepassando le colonne d’Ercole, limite oltre al quale l’uomo, secondounnamed la tradizione, non può andare, con pochi compagni intraprende il viaggio convincendoli con

questa  orazion picciola

Fatti non foste a viver come bruti , ma per seguir virtute e canoscenza

Un vortice simile a un gorgo come “altrui piacque” li inghiotte

infin che’l mar fu sovra noi richiuso

Canto XXVI

Ulisse-Atena-e-il-naso-di-Pinocchio

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