Altri vi parleranno della sua musica, della sua grandezza, della sua arte, io vorrei parlarvi della sua epoca.
Quando Ludwig van Beethoven nacque a Bonn, in un giorno di dicembre del 1770, l’Europa si stava faticosamente riprendendo dalle ferite dell’ennesima guerra: quella dei sette anni, che l’aveva sconvolta e che aveva cambiato tutti i vecchi equilibri socio-politici.

I maggiori stati continentali erano all’epoca la Francia, la Prussia, l’Impero Asburgico e l’Impero zarista, poi c’era una galassia tedesca di principi sovrani che regnavano su stati di varia grandezza che concorrevano alla elezione del Sacro Romano Imperatore. Bonn, in particolare, era la capitale del Principato vescovile di Colonia. In quella guerra, che durò dal 1756 al 1763, si fronteggiarono tutti talché Winston Churchill nel suo “Storia dei popoli di lingua inglese” definì il conflitto la prima vera guerra mondiale. Si combatté ovunque, le nazioni belligeranti avevano grandi possedimenti coloniali, quindi la guerra arrivò sino nelle Americhe, in Asia e in Africa. Si combatterono persino due nazioni indiane (intendendo nativi nord americani)la nazione Irochese e la Urone.
L’Europa che uscì dal conflitto vide l’affermarsi di una nuova potenza, la Prussia di Federico II il Grande, destinata a guidare, un secolo dopo, l’unificazione della Germania. In via di scomparire il Regno di Polonia e Lituania che verrà spartito, tra il 1772 e il 1795 fra Russia, Prussia e Austria.
L’Europa non era cambiata molto quando il sedicenne Beethoven si iscrisse all’Università di Bonn, ma era alquanto diversa quando nel 1792 arrivò a Vienna. Un avvenimento epocale aveva sconvolto il continente: la Rivoluzione francese. Tre anni prima nel 1789, in una Francia turbolenta, gli Stati Generali avevano formato una Assemblea Nazionale, composta dai rappresentanti di Clero, Nobiltà e Terzo Stato. Il popolo era diventato di colpo protagonista della storia, e quando Ludwig arrivò a Vienna i rivoluzionari avevano già distrutto la Bastiglia, assaltato le Tuileries e imprigionato il Re Luigi XVI che sarà giustiziato sulla ghigliottina qualche mese dopo, nel gennaio 1793.
E l’Europa fu di nuovo in guerra: nel 1792 l’Austria la dichiarò guerra alla Francia rivoluzionaria e presto la crisi divenne internazionale. Nel 1796 le truppe francese comandate da un generale ventisettenne Napoleone Bonaparte irruppero in Italia e disfecero gli austriaci. Beethoven in quegli anni era entusiasmato dal vento di libertà che spirava dalla Francia e Buonaparte (all’epoca usava la grafia italiana del nome) lo affascinava, ne seguiva le vicende ed in lui vedeva l’illuminato figlio della rivoluzione che avrebbe cambiato l’Europa e il mondo nell’alto nome della giustizia sociale. Quando compose la sinfonia “Eroica” (1802-1804) scrisse, quale dedica, sulla prima pagina “Buonaparte” e in basso il suo nome latinizzato: Luigi van Beethoven. Nella sinfonia ci sono motivi ispirati dall’inno rivoluzionario “Le chant du départ” di Marie Joseph Chénier che gli era particolarmente piaciuto. I suoi sentimenti erano, però, anche contrastanti perché “Buonaparte” e la Francia gli avevano suscitato anche forti passioni patriottiche austro-germaniche.
Vienna, quando Beethoven vi arrivò, non era solo la capitale dell’impero Asburgico, era anche la capitale della musica europea, passaggio obbligato per chi, nel mondo musicale, cercasse fama e gloria. Anche se la noiosa vita di corte lo infastidiva capì ben presto che era il prezzo che avrebbe dovuto pagare per il successo. Durante il suo soggiorno la città venne occupata per ben due volte dalle truppe francesi: nel 1805 e nel 1809. L’occupazione straniera non ferì poi tanto i suoi sentimenti nazionali, i francesi lo ammiravano, gli proposero persino di trasferirsi a Parigi, promettendogli che nella loro capitale, avrebbe trovato un degno riconoscimento dei suoi meriti artistici.
Quando in Spagna cominciò il declino di Napoleone, Ludwig non se ne dispiacque, accolse con soddisfazione la vittoria di Wellington a Vitoria (giugno 1813) e vi si ispirò per la sonata “opus 91” nella quale ricercò suoni atti a riprodurre i rumori tipici di una battaglia: fucilate, cannonate e fanfare militari, il tutto lontanissimo dalle idee sinfoniche dell’epoca. Quattro mesi dopo prussiani, russi e svedesi sconfissero i francesi a Lipsia nella battaglia che sarà detta poi “delle nazioni”.
Finite le guerre Napoleoniche, nell’autunno del 1814, Vienna accolse i rappresentanti delle nazioni vincitrici (oltre all’Austria, Inghilterra, Russia e Prussia) e della Francia vinta. Il Congresso modificò ancora una volta il volto dell’Europa a favore dei vincitori e restituì il trono ai sovrani che lo avevano perduto. Per Beethoven fu l’ultima occasione per suonare davanti a una platea regale. Non era vecchio, aveva quarantaquattro anni ma era afflitto dalla sordità: la peggior malattia che possa colpire un musicista, che aveva fatto la sua comparsa sin dal 1796 quando di anni ne aveva ventisei.
Idealmente non fu la sua ultima apparizione, Beethoven lo abbiamo davanti ogni volta che risuonano le sue note. Durante la seconda guerra mondiale la BBC (Radio Londra per tutti gli spiriti liberi d’Europa) apriva i suoi notiziari con la battuta iniziale della sua “Quinta” (Sinfonia n. 5 in Do Minore Op. 57) composta tra il 1807 e il 1808 e l’Unione Europea ha scelto come suo inno l’Ode alla gioia composta dal poeta e drammaturgo tedesco Friedrich Schiller che Beethoven adotto come testo della parte corale dell’ultimo movimento della sua “Nona” (Sinfonia n. 9 in Re Minore Op. 125). L’ultima da lui composta.