Ho sempre amato Virgilio.
Prima di tutto, per il nitore, l’eleganza, la classicità dello stile. E poi per l’humanitas che trasuda dalle sue pagine.
A suo favore (o sfavore?) gioca anche il fatto che Virgilio è uno degli autori classici più letti, dai Licei (la prima delle Bucoliche è il testo in assoluto più gettonato nelle classi terze dei classici e scientifici di tutt’Italia) all’Università (tutto Virgilio per gli esami di latino ricordo di aver dovuto preparare!).
La guida, il faro, il termine di paragone di tutto quello che è venuto dopo, il cigno di Mantova, il poeta dei campi e dei pastori, della natura e del suo consolante abbraccio, il cantore delle origini di Roma, di quell’Enea dal volto così umano che risulta più a misura nostra rispetto ai sanguinari e sfolgoranti eroi dell’Iliade e persino dell’intelligente Ulisse dell’Odissea.
Che il Medioevo amasse Virgilio non sorprende ed è naturale: ma, come racconto spesso ai miei studenti, il Medioevo (Dante compreso, anzi in testa) travisò, forzò e non colse il vero spirito e il vero messaggio delle parole di Virgilio. Egli, così misurato, calmo, pacato, cantore di buoni sentimenti, venne scambiato per un cristiano ante-litteram, il poeta degli umili, degli ultimi, di un mondo dolente, semplice e legato alla natura; addirittura, lo si interpretò come profeta della nuova età dell’oro, dell’avvento di Cristo, come la guida che dalle tenebre porta alla luce, l’uomo che possiede ragione, buon senso, mente illuminata; il maestro di bello stile, ma anche di contenuti edificanti.
Dante lo assume come suo duce o guida proprio per questo motivo: nessuno più di Virgilio può fare da cerniera tra mondo classico e mondo di Dante né far passare da un mondo all’altro senza soluzione di continuità, poiché Virgilio viene visto rivolto in avanti, (erroneamente) sbilanciato in senso cristiano, appunto.
Trovo illuminanti, per capire come si ponessero Dante e il Medioevo nei riguardi del Maestro, i riferimenti contenuti nei canti XX, XXI e XXII del Purgatorio.
Qui Dante e Virgilio si trovano nella cornice degli avari e dei prodighi; un terremoto ha sottolineato il fatto che sta succedendo qualcosa di straordinario: un’anima passa proprio in quel momento dal Purgatorio in Paradiso (XX); i due pellegrini incontrano un poeta latino più tardo di Virgilio (fine I secolo d.C), che si chiama Stazio.

Stazio non sa di avere davanti a sé Virgilio e paradossalmente, presentandosi, dice di essere poeta epico come Virgilio, che considera suo maestro, e di essere disposto a dare chissà cosa per incontrarlo. Dante sorride, di fronte a questo equivoco, e Stazio gliene chiede ragione. Virgilio lascia che Dante spieghi e la sorpresa di Stazio, quando sente chi è il signore che accompagna Dante, è enorme. Egli si getta ai piedi del Maestro per abbracciarlo, dimenticando persino di non poterlo fare in quanto ombra (XXI).
Ma continuiamo a vedere cosa succede dopo: Stazio sostiene che la lettura delle opere di Virgilio fu per lui fonte di ispirazione. A poetare lui stesso, a scrivere di epica, naturalmente, ma anche a cambiare vita, a smettere di commettere il peccato di prodigalità cui Stazio era incline.
E, soprattutto, a diventare cristiano: Virgilio era pagano, ma l’opera del poeta mantovano trasuda sentimenti di humanitas, di condivisione, di accoglienza, di speranza, che indussero Stazio a cercare questi valori e trovarli tra i Cristiani, che in quell’epoca cominciavano a diffondere la loro predicazione clandestinamente.
Ecco dal canto XXII del Purgatorio:
Ed elli a lui: “Tu prima m’invïasti
verso Parnaso a ber ne le sue grotte,
[parla Stazio: dice a Virgilio che lo ha ispirato ad essere poeta]
e prima appresso Dio m’alluminasti.
[ma anche mi facesti diventare cristiano]
Facesti come quei che va di notte,
che porta il lume dietro e sé non giova,
ma dopo sé fa le persone dotte,
[tu eri pagano, camminavi nel buio, ma hai illuminato la strada di quelli che ti seguivano, con le tue parole]
[…]
Per te poeta fui, per te cristiano
Un debito grandissimo, insomma, lega Stazio a Virgilio. Senza l’esempio indiretto del Maestro, Stazio non sarebbe dov’è.