Seconda PARTE
Salve Casimiro, come vedi ho mantenuto la promessa di incontrarti per continuare a parlare di Dante.
Non avevo dubbi, cara Genoveffa. Da dove riprendiamo il discorso?
Quando hai parlato di guide e della necessità di capire fino a dove seguirle, mi hai un poco confusa. Come sai sto seguendo un Guru indiano e mi soddisfa. Non vedo perché dovrei affidarmi ad altri.
Verrà il momento che sentirai invece…, ma Dante può aiutare a capire il ruolo del Maestro.
Ah, ricordo che le sue guide erano Virgilio e Beatrice nella Divina Commedia.

Certo, Genoveffa, ed altre due. Dante e Virgilio incontrano Stazio, poeta latino che li guiderà per l’ultimo tratto del Purgatorio. E qui c’è il dualismo guida-discepolo-guida. E c’è la potenza della poesia come strumento di comunicazione, linguaggio che unisce autore e lettore: è stata la forza comunicativa di alcuni versi di Virgilio a colpire la sensibilità di Stazio, stimolando in lui l’apertura di una dimensione interiore che si manifesterà, a sua volta, con opere poetiche. E questo ne influenzerà anche la vita: infatti Stazio abbandona una modalità esistenziale dissennata adottandone una etica ed equilibrata. Non è forse questo che tu cerchi dal tuo santone, migliorare la tua esistenza?
Certamente, Casimiro, e sono sulla strada giusta, almeno credo.
Il tuo santone direbbe che sei sulla via della illuminazione?
È proprio così che dice!
Cara, sai che parola Dante mette in bocca a Stazio quando costui si rivolge a Virgilio, suo Maestro di poesia e di vita?
No, non ricordo.

“M’illuminasti”! Dante ci offre una straordinaria definizione della persona che vuole o deve guidare altri, quando mette in bocca a Stazio che si rivolge a Virgilio: “Facesti come quei che va di notte che porta il lume dietro e sé non guida, ma dopo sé fa le persone dotte”. Se provi a pronunciarli a voce declamatoria ti accorgi che sono versi scorrevoli, come indicassero un percorso reso agile e sicuro. Anche qui ci sono “u”come nell’episodio di Ulisse, ma non inducono a pensare al rancore e all’egoismo: il doppio “sé” spiega l’altruismo della persona che assume la responsabilità di illuminare altre persone, che sono “dietro” di lui, verso l’evoluzione personale rendendole “dotte”, consapevoli, sicure del cammino che stanno intraprendendo, grate al “lume” offerto dalla guida.
Ti seguo Casimiro e sono affascinata dalla maestria poetica di Dante, ma nella pratica, nella vita come si pone il suo pensiero sulla guida, sul Guru, al di là degli intenti letterari.
Vedi cara Genoveffa, in questo episodio il Sommo Poeta definisce i vari aspetti della guida esteriore e ci dice anche che vi sono momenti in cui l’essere umano incontra la sua guida interiore.
Ecco, questo mi interessa perché il mio santone indiano dice che posso entrare in contatto con le mie guide interiori, ma non va oltre nel dire come.
Bene! Andiamo con ordine. Dante nell’opera Il convivio afferma che la scrittura – quindi la poesia – può avere quattro significati. Applichiamo questa indicazione alla frase di Stazio citata:“Facesti come quei che va.…” perché può definire i diversi contesti di chi guida altri. In senso letterale è chi conosce la strada da percorrere e la indica: se vuoi imparare a sciare o a scalare montagne ti affidi ad un istruttore o capocordata. E chi porta dietro di sé il “lume”, affinché coloro che lo seguono vedano, potrebbe essere in senso figurato colui al quale ci affidiamo per la necessità di districarci da difficoltà momentanee (raffigurate dalla “notte”) riconoscendo in lui le capacità e le conoscenze per farlo: non ti è mai capitato di aver bisogno o semplicemente di pensare di rivolgerti ad uno psicologo o medico specialistico?
Sì, penso che a chiunque capiti nella vita.
Bene. Un terzo significato delinea la guida che Dante definisce morale: se aderisco ad un credo, ad una ideologia, ad una filosofia di vita ho necessità di essere istruito, edotto come adepto per seguire comportamenti consoni alla adesione: cara Genoveffa, hai scelto una disciplina orientale e ne stai acquisendo le caratteristiche e i valori ascoltando e seguendo il Guru tua guida personale; le parole che ti dice le comprendi, mentre a chi è fuori dal tuo contesto non dicono nulla. Infine dalla frase possiamo estrapolare un significato universale: l’essere umano per definirsi tale ha necessità in tutte le epoche di essere cresciuto materialmente nei primi anni, come ha bisogno di essere formato, per affrontare la vita, da un percorso di evoluzione culturale, sociale, civile. Ed ha anche necessità di avere guide astratte come gli ideali o il carisma delle grandi personalità della storia dell’umanità per elevarlo spiritualmente. Avrai, cara, anche tu degli ideali.
Credo di capire a cosa ti riferisci, Casimiro. Ho dei riferimenti, ma penso che siano più terreni che spirituali. Però devo ammettere che mi piace leggere poesie, specialmente di autori che scrivono di sentimenti tra un uomo e una donna.
Ecco come si manifestano i tuoi ideali, le tue aspirazioni: immergendoti nei versi dei poeti a te cari – le tue guide spirituali – ti rendi consapevole che il tuo modo di vivere i sentimenti verso un’altra persona è sì personale, ma si identifica con il modo di sentire dei poeti che lo trascendono nell’universale e ti fanno comprendere che tu appartieni alla totalità degli esseri umani.
Adesso capisco quel senso di star bene dentro di me che mi prende quando leggo poesie. A proposito, ma tu avevi detto che Dante ci indica anche l’esistenza di guide interiori, dentro di noi. Mi piace come argomento, caro Casimiro, parlamene.
Cara, mi dicesti che non capivi come si possa avere due o più Guru. Tu in questo momento della tua vita segui un Maestro in una disciplina orientale e contemporaneamente hai trovato un faro, una luce, un“lume” dantesco nelle poesie in cui ti immergi.
E sono loro le mie guide interiori?

Ne parliamo al prossimo incontro. Per ora medita sul coesistere di più guide o maestri, che agiscono dall’esterno. A presto, cara Genoveffa, io sono qui su questa panchina ad aspettarti, se vuoi continuare la conversazione.
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