Sono già passati 700 anni da quel triste 13 settembre 1321, quando la malaria ci ha privati del nostro più importante poeta. Ne è passato di tempo ma non siamo ancora riusciti a superare questo incredibile lutto; ogni giorno alla chiusura del tempietto che custodisce i resti mortali di Dante una campana donata nel 1921 dai comuni d’Italia lancia 13 rintocchi per ricordare il giorno funesto della sua triste dipartita.

(Camillo Morigia, 1780-1781)
È comprensibile. Il legame che abbiamo con lui è incredibilmente profondo. A volte lo dimentichiamo ma il suo vero nome è Durante e noi, ancora oggi, lo abbreviamo molto familiarmente in Dante, nonostante sia una delle personalità in assoluto più importanti per la nostra cultura essendo considerato il padre della lingua italiana.
Mi unisco al coro di coloro che riconoscono a Dante uno dei maggiori contributi alla creazione della nostra Nazione; in più parti della sua Commedia parla della nostra cara Italia in un’epoca molto lontana dalla proclamazione ufficiale della sua nascita. Mi spingerei anche oltre, ricordando che Dante rappresenta una delle basi della cultura europea dal momento che le sue opere sono state tradotte in molte lingue e hanno avuto risonanzanon trascurabile negli Stati membri dell’Unione. Ovviamente -permettetemi questa puntualizzazione- con Europa dobbiamo intendere l’Istituzione vera, che affonda le sue radici in una cultura comune e millenaria, non la brutta copia realizzata considerando prevalentemente aspettieconomici e politici.

In questi giorni, ricorrendo l’anniversario dantesco, siamo letteralmente invasi da nuove pubblicazioni delle sue opere e da saggi sulla sua vita e sulla sua Letteratura; dopo aver letto una bellissima versione manga della Commedia realizzata dal maestro Gō Nagai (il padre di Mazinga e Ufo Robot) ed ispirata alle famose tavole di Gustave Doré,ho sentito il bisogno -e forse anche ildovere morale- di rileggere l’opera nella sua versione originale. Suggestione o meno, accentuata anche dalle considerazionidi Aldo Cazzullo nel suo A riveder le stelle– ho notato quanto siano attuali ancora oggi le parole di Dante nel descrivere la nostra Patria. 700 anni e sembra non essere cambiato molto nel modo di pensare e di agire nei nostri confini.
Con Dante condivido l’amore per l’Italia, che per me non è solo una Nazione ma è un vero e proprio stato della mente, condivido anche l’insofferenza nei confronti di chi rovina le nostre potenzialità per il puro interesse personale e per la mancanza di visione. In Italia si vive ancora troppo alla giornata sperando di superare il problema contingente e sembra essersi diffusa una incapacità di progettualità che possa riguardare il futuro.
Parole dure? Se a volte mi sentivo un millennial (noi nati tra gli anni ’80 e il 2000) in contrasto con i boomer (chi è nato tra il 1946 e il 1964) o la generazione X (ne fanno parte i nati tra il 1964 e il 1980), dopo aver letto Dante mi sono semplicemente sentito un Italiano che ha a cuore il suo Paese.
L’idea che sta alla base di questa rubrica è molto semplice: ripercorriamo insieme a Dante il suo viaggio attraverso l’Inferno e lasciamoci raccontare da lui la sua Italia.
Sarà incredibile, credetemi, vedere come alcuni modi di fare e mentalità sono sopravvissute alle varie epoche e al progresso.Non mi resta che augurarvi un buon viaggio e se per puro caso dovessimo essere attanagliati dallo sconforto ricordiamoci che non ci è dato di tollerare la mediocrità perché, citando Ulisse:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.
